Una sorpresa, l’ennesima, amara, come tutte quelle che arrivano quando si parla di doping. Ma a leggere la classifica degli atleti più dopati del 2016, pubblicata dalla Wada, l’Agenzia Mondiale Antidoping, si strabuzzano gli occhi: a trionfare in questa imbarazzante graduatoria sono i giocatori di bridge. Lo scorso anno, per la prima volta, sono stati sottoposti a controlli sistematici dalla Federazione, ed è stata una catastrofe. Si è scoperto che abusano di diuretici, molto probabilmente non a conoscenza che siano proibiti, anche perché la loro età media è elevata e non è così semplice rimanere seduti per ore in sfide sovente quasi interminabili. Il dato, naturalmente, è da analizzare con attenzione e senza mettere la croce addosso ai praticanti di questo gioco di carte: soltanto un centinaio di persone è stato sottoposto a verifica, quindi il campione non è particolarmente indicativo, soprattutto se rapportato alle migliaia e migliaia di praticanti di altri discipline che sono finiti sotto la lente di ingrandimento. Nel bridge, comunque, i positivi sono stati 22 tra i 100 testati contro, per esempio, i 19 del body building, i 2 della lotta libera e soltanto l’1% e poco più dei ciclisti.
In tutto sono stati oltre 300mila i campioni sottoposti a test. Addirittura 220 le sostanze differenti che sono scaturite. I soliti anabolizzanti (43%) l’hanno fatta da padroni davanti a ormoni (17%) e stimolanti (13%). Non sono dati incoraggianti, comunque li si guardi. Dieci anni fa i test individuavano un dopato ogni 100 esami svolti. Ora siamo a quota 1,6 negli sport olimpici e addirittura a 2,7 se si includono le discipline non inserite nel programma dei Giochi.
L’Italia (1,2 dopati su 100 atleti testati) occupa i piani alti della classifica. Nado Italia, a differenza di quello che succede in tutti gli altri Paesi, effettua controlli capillari anche tra i ragazzi e gli amatori.
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