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Inchiesta Juventus, l'anomalia dell'art.4 del Codice di giustizia sportiva: l'opinione dell'avvocato

Attorno all'art.4 si è costruito un importante capitolo nell'inchiesta sulla Juventus: facciamo chiarezza e cerchiamo di illustrare in termini semplici la sostanza delle questioni giuridiche

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Ettore Traini

Ettore Traini

Avvocato

Avvocato penalista ed esperto di diritto dello Sport. Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Milano; è stato anche sostituto procuratore federale Figc

Con la comunicazione di conclusione delle indagini inviata dalla Procura Federale della Figc si chiude un filone di indagini riguardante la Juventus. Questo ramo di indagine riguarda la c.d “manovra stipendi” e si aggiunge a quello delle “plusvalenze”, che ha condotto alla penalizzazione di 15 punti e la cui udienza di discussione dinanzi al Collegio di Garanzia del Coni, svoltasi in data 19 aprile, si è conclusa con l’annullamento parziale della decisione impugnata ed il rinvio per la rideterminazione della sanzione ad altra Corte.

L’anomalia di questa parte di indagine riguarda la contestazione dell’art. 4 del Codice di giustizia sportiva in quanto norma solitamente contestata insieme ad addebiti specifici, in questi casi l’art. 31 del Codice.

La decisione della Procura Federale

Non è dato sapere per quale ragione la Procura abbia inteso agire in questo modo, probabilmente perché non in grado di poter configurare una violazione in concreto, è certo tuttavia che le critiche che da sempre sono state mosse rispetto a questo articolo, sotto il profilo della indeterminatezza della fattispecie e quindi del rispetto del diritto di difesa dei soggetti coinvolti, appaiono ancora una volta condivisibili.

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Facciamo chiarezza e cerchiamo di illustrare in termini semplici la sostanza delle questioni giuridiche sottese.

Che cosa dice l’art.4 sulla slealtà sportiva

L’art. 4 sanziona la cosiddetta “slealtà sportiva”, termine vago ma adattabile a tutte le situazioni in cui, non potendo contestare una violazione determinata, si ritiene, in modo del tutto discrezionale, di perseguire comunque una determinata condotta assumendo appunto la violazione della “lealtà sportiva”.

E’ definita una clausola di chiusura e trova il suo fondamento nell’essenza stessa dello sport inteso come veicolo di trasmissione di valori positivi. E’ altrettanto vero, tuttavia, che la sua applicazione, se non attentamente ponderata, può sfociare in un arbitrio, ossia in una valutazione del tutto discrezionale delle condotte sotto esame, ciò in spregio delle garanzie e dei diritti dei soggetti coinvolti.

I problemi che ne derivano

Si pone quindi il problema della compatibilità di tali possibili conseguenze con il dato normativo e con la stessa giurisprudenza del Collegio di garanzia dello sport.

E’ infatti un principio consolidato e frutto del riconoscimento dei principi del giusto processo, anche in ambito sportivo, che la tipizzazione della condotta contestata (ossia conoscere con certezza, perché normata, qual è la condotta, supposta violata, nel caso specifico) sia un paradigma imprescindibile anche per la Giustizia sportiva.

L’art.2 del Codice di Giustizia Coni: il giusto processo

L’art. 2 comma 2 del Codice di Giustizia del Coni, da non confondere con il Codice di Giustizia della FIGC, prevede espressamente l’obbligo del rispetto dei principi del giusto processo, mutuati dall’art. 111 della Costituzione, laddove impone agli organi di Giustizia sportiva di agire sempre nel rispetto dell’effettività della tutela dei diritti, fra i quali il diritto di difesa, il diritto ad avere un Giudice imparziale e il diritto al contraddittorio rispetto all’accusa.

Anche le ultime pronunce del Collegio di Garanzia sono state emesse proprio considerando questo imprescindibile principio (ad esempio decisione 19/2018 e decisione 15/2018) dove è stato ribadito

“ nell’approcciare le condotte violative delle regole, non bisogna discostarsi in maniera superficiale dalle specifiche previsioni normative nella corretta applicazione del principio generale penalistico del nullum crimen, nulla poena sine lege”.

Slealtà sportiva e giusto processo

In conclusione, sul punto, la semplice contestazione della “slealtà sportiva”, svincolata da ogni riferimento ad una specifica condotta prevista da una norma, appare censurabile sotto il profilo del rispetto dei principi del giusto processo riconosciuti anche in ambito disciplinare sportivo.

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