Un malore improvviso, il vano soccorso del 118 che ha cercato di rianimarlo ed anche Vito Chimenti si va ad aggiungere alla tristissima lista di ex calciatori scomparsi prematuramente. Nuovo lutto nel mondo del calcio: l’ex bomber, 69 anni, è morto prima della partita del Pomarico, squadra di eccellenza lucana di cui era allenatore delle giovanili, contro la Real Senise.
- Chimenti divenne famoso per la bicicletta
- Chimenti, una vita sui campi di provincia
- Chimenti fu un idolo in tutte le sue squadre
- Chimenti e il giallo della finale di coppa Italia con la Juventus
Chimenti divenne famoso per la bicicletta
«U sa fari a Chimenti?» questa era la sfida classica tra ragazzini siciliani, quando il gesto tecnico inventato da Chimenti divenne popolare tra tutti. Ovvero la bicicletta. “Da quando sono nato ho visto solo Ardiles, campione del mondo con l’Argentina nel ’78,fare la bicicletta nel film Fuga per la vittoria con Pelè ma quello era un film. E aveva avuto tutto il tempo per copiarmi”, disse lui: ” «È difficile da spiegare a parole: diciamo che quando avevo un avversario davanti a me, lo superavo sollevando la palla con il tacco sinistro e la caviglia destra. Non dimenticherò l’ esordio alla Favorita in coppa contro il Napoli. Feci la bicicletta a Catellani e segnai da fondo campo. Mi disse: Ma vaffanculo»
Chimenti, una vita sui campi di provincia
Nato a Bari nel 1953, ha vestito le maglie di Matera, Lecco e Salernitana prima di esplodere nel Palermo in Serie B e giocare in Serie A con Catanzaro, Pistoiese ed Avellino (13 gol in tutto). Ha chiuso la carriera nel Taranto in Serie C nel 1985. Intrapresa poi la carriera da allenatore, ha fatto parte degli staff di Salernitana, Foggia, Messina, Matera, Lanciano, Rimini e Virtus Casarano. Era lo zio di Antonio Chimenti, ex portiere della Juve e della Salernitana.
Chimenti fu un idolo in tutte le sue squadre
Amatissimo in tutti i club dove giocò, Chimenti era l’antitesi del calciatore di oggi: baffoni sporgenti, mezzo calvo, tozzo per non dire sovrappeso, Vito si affermò soprattutto a Palermo dove segnò anche 29 gol in serie B, sfiorando la vittoria della coppa Italia in finale con la Juve.
Chimenti e il giallo della finale di coppa Italia con la Juventus
In quella gara il suo Palermo era avanti per 1-0 alla fine del primo tempo grazie proprio a un suo gol ma i bianconeri riuscirono a rimontare nella ripresa vincendo 2-1. Chimenti però non si era ripresentato in campo nella ripresa. A lungo si è favoleggiato di minacce per farlo rimanere negli spogliatoi, la verità la raccontò lui a La Repubblica.
“Non mi sarei tirato indietro per tutto l’oro del mondo, neppure se la Juve mi avesse proposto un contratto in campo. Chiesi il cambio perché Cabrini mi diede una botta pazzesca e il ginocchio mi faceva male, un problema di legamenti . Totino Matracia intervenne con una infiltrazione che non migliorò la situazione. Il ginocchio era gonfio e pieno di liquido, non potevo muoverlo. Meglio, come si dice, un asino sano che un cavallo zoppo. E’ vero, la domenica giocai col Taranto l’ultima partita della stagione. Ma in che condizioni? Mi curarono con tutti i mezzi possibili, dovevo per forza scendere in campo, giocare, per il saluto finale e per i tifosi delusi dalla Coppa. Quale segreto dovrei portare nella tomba?”
Poi l’addio, da Palermo, improvviso. Chimenti spiegò: “Partire? Fuggire da Palermo? Io e mia moglie Anna avevamo deciso di non muoverci, piangevamo al solo pensiero di partire. Ma era un periodo difficile per il Palermo, non cresceva un filo d’erba. Mi chiesero di accettare il trasferimento a Catanzaro, in serie A. La società non voleva, puntai i piedi per aiutare un amico. Al posto mio che avreste fatto?”.