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NBA, LeBron James non si ritira e rilancia agli ESPN Awards. The Chosen One: "Quel giorno è lontano"

Per ora “The King” ha scelto la via più logica: il basket resta parte integrante della sua vita e continuerà ad esserlo ancora per qualche anno

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

A dicembre le candeline sulla torta saranno 39, ma se c’è una cosa che nella vita di LeBron James non va di pari passo con la carta d’identità, quella certamente è la sua straordinaria età “biologica”. Perché pensare che i 40 siano dietro l’angolo è pura eresia, guardando a quel che i numeri e le giocate raccontano sul campo.

Un campione che trascende l’aspetto agonistico, un esempio di come mantenersi ad altissimi livelli per un tempo così lungo e indefinito (l’esordio in NBA è datato ottobre 2003), la cui fine sostanzialmente ancora non si vede.

E chi aveva avanzato dubbi circa le sue intenzioni di dire basta dopo il disonorevole sweep subito ad opera dei Denver Nuggets nelle Conference Finals dello scorso maggio, forse lo aveva fatto solo perché desideroso di volerselo togliere dalle scatole.

Già, però LeBron non sta simpatico a tutti, e i detrattori son sempre lì pronti ad affilare le armi e a sputare sentenze. Per ora “The Chosen One” ha scelto la via più logica: il basket è ancora parte integrante della sua vita, e continuerà ad esserlo ancora per qualche anno (due almeno, probabilmente anche di più).

Quel giorno è ancora lontano

Ospite degli ESPN Awards, James ha sgomberato in fretta il campo da qualsiasi malinteso dopo che a fine maggio aveva detto di voler riflettere sul proprio futuro.

Parole che erano sembrate figlie più della delusione del momento che non da una reale convinzione di appendere le scarpe al chiodo, anche perché tra un anno in NBA sbarcherà presumibilmente il figlio Bronny, e l’idea di condividere il medesimo spogliatoio stuzzica la “James Gang” da parecchio tempo.

Il giorno in cui non potrò più offrire nulla, allora quello sarà il momento che segnerà la fine della mia carriera. Non mi chiedo quanti punti potrò ancora fare e cosa sarò capace di proporre, piuttosto se potrò ancora giocare senza dover fingere di essere in grado di farlo. E a tutti gli appassionati dico che possono sentirsi fortunati, perché quel giorno non è oggi.

Due anni di contratto con i Lakers

LeBron è legato per altri due anni con i Los Angeles Lakers, anche se al termine della stagione 2023-24 potrà esercitare la player option e uscire dal contratto, così da poter scegliere di giocare per l’eventuale squadra in cui approderà il figlio Bronny nel caso in cui venga selezionato al Draft (potrebbe però anche decidere di farlo nel 2025: a quel punto, James padre sarà libero da qualsiasi vincolo).

Motivazioni? Ne abbiamo, eccome

Rich Paul, da sempre agente e amico fidato di LeBron, ha spiegato che, per quanto possa contare la sua opinione, il suo assistito può realmente essere in grado di spostare le lancette all’indietro, e pertanto proseguire ad alti livelli almeno fino a 44-45 anni, come fatto da un’altra icona dello sport americano come Tom Brady.

Lebron è uno di quei giocatori per i quali il concetto di impossibile non è contemplato. Per cui dico si, ritengo che possa davvero andare avanti per altri 5-6 anni. Lo farà se troverà le motivazioni giuste per farlo, e se la sua testa risponderà a quella macchina perfetta che è rappresentata dal suo corpo. Il fatto di avere dei figli che condividono la sua stessa passione può essere uno stimolo ulteriore ad andare avanti.

Le ambizioni di Los Angeles e di James

LeBron in queste settimane sta dando una mano alla squadra di college dove militerà quest’anno il figlio maggiore Bronny (USC, University Southern California), e la cosa certamente gli è servita per smaltire più in fretta la delusione per il mancato ritorno alle Finals.

Ma i Lakers, messi un po’ spalle al muro dalle ambizioni di James e dalla naturale pressione che può essere esercitata dalla contemporanea presenza di tanti talenti nella stessa squadra (Anthony Davis e D’Angelo Russell su tutti, ma anche gli emergenti Austin Reaves, Rui Hachimura e adesso Gabe Vincent), hanno impostato la prima fase del mercato con il chiaro intento di voler puntare di nuovo al bersaglio grosso.

Una motivazione in più per “il prescelto”, che alle soglie dei 39 anni ha chiuso l’ultima stagione con 28.9 punti di media, 8.3 rimbalzi e 6.8 assist a partita. Roba da trentenni (o anche meno), ma in fondo per LeBron l’ufficio anagrafico è stata solo una rottura di scatole burocratica da espletare, e nulla più.

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