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Nino La Rocca, il Mohammad Alì che regalò un sogno all'Italia

L'eccezionale esistenza di un grande pugile degli anni Ottanta

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiositĂ  personale e necessitĂ : soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Nino La Rocca, il Mohammad Alì che regalò un sogno all'Italia Fonte: Screenshot tratto da Video Mediaset

Nino La Rocca è il sogno del pugilato italiano anni Ottanta, a cui è stato dedicato un racconto di grande profondità di quel momento e di un’epoca ormai distante di un’Italia di facili entusiasmi. L’Italia di Sandro Pertini e del Mondiale di Spagna, che si innamorò della boxe e di quel ragazzo. Figlio di un maliano paracadutista dell’esercito coloniale francese e di una siciliana, per ottenere la cittadinanza ha dovuto affrontare un percorso complicato, più che nella sua carriera di pugile.

Il suo obiettivo era diventare il Mohammed Alì italiano. Ambizione che cercò di concretizzare saltellando sul quadrato, girando attorno all’avversario, schernirlo: le sue gambe facevano tutto, ma c’era un ma. Comunque sia andata, Nino La Rocca a 60 anni guarda al passato con una certa malinconia per la chiusura della sua carriera sul ring e l’epilogo del suo matrimonio. In questa intervista, rilasciata a “Quelli della luna” condotto e curato da Giampiero Mughini, si è detto un uomo libero che sempre si è sottratto a certe logiche. A segnare il suo percorso nella boxe italiana, il ko rimediato dal texano Donald Curry, soprannominato il “Cobra”, a Montecarlo il 22 settembre 1984, nel match valido per la Corona Mondiale dei Pesi Welter W.B.A.-I.B.F.

Il suo talento pugilistico non era trascurabile, ma non ha mai convinto i puristi che gli rimproveravano l’assenza della potenza necessaria per conquistare la meta più alta. In quegli anni di folle innamoramento degli italiani, era solito rimbalzare da un salotto tv all’altro, ospite della Carrà o di Costanzo, per chiedere la cittadinanza: alla fine dovette muoversi il Presidente della Repubblica in persona, Sandro Pertini.

Con sua moglie, Manuela Falorni che approdò al cinema a luci rosse con il nome d’arte di Venere Bianca, visse una esistenza al massimo come racconta egli stesso. La fine di quell’era della sua esistenza lo gettò nello sconforto e lo avvicinò alla dipendenza dall’alcol.
Oggi è un uomo che ha superato le impervie e le seduzioni della notorietà per affrontare il quotidiano con il medesimo sorriso della sua giovinezza. Oggi insegna ai ragazzi poco lontano da Roma e conduce una vita di grande semplicità, senza rimpianti e con la voglia ancora di dire, anche ai microfoni di Mediaset: “La vita è stupenda”.

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