Rispetto a Lionel Messi ha solo un anno in più e rispetto a Cristiano Ronaldo addirittiura uno in meno. Eppure, mentre i due giocatori più forti del mondo si inseguono a suon di gol in Champions, Palloni d’Oro e premi vari, Pablo Daniel Osvaldo è già un ex da un paio d’anni. Certo, il talento dell’ex attaccante di Roma, Juventus e Inter, oltre che della Nazionale italiana, non è paragonabile a quello di “quei due”, ma è opinione comune tra gli addetti ai lavori che la carriera dell’italo-argentino sarebbe potuta essere migliore con un’altra… testa, leggi più professionalità negli allenamenti e un carattere più “morbido”.
Del resto, il soggetto ha più volte detto di non rimpiangere il mondo del calcio, dal quale si è congedato a 30 anni per dedicarsi alla seconda passione della propria vita, la musica, diventata ormai la prima. Dando vita alla rock band ‘Barrio Viejo’, Osvaldo ha coronato un altro sogno cullato da sempre, che oggi gli permette di dichiararsi un uomo felice e realizzato, perché è uscito dalla “prigione chiamata calcio”, termini che l’ex attaccante usa letteralmente in un’intervista rilasciata a ‘Marca’: “Quando ho iniziato a giocare a calcio, non immaginavo la carriera che avrei avuto, ma giocare mi ha permesso di viaggiare e di conoscere il mondo, mi ha dato la possibilità di aiutare la mia famiglia e di realizzare il sogno di non lavorare più. Però mi ha anche tolto la libertà. E la mia libertà non ha prezzo e non è negoziabile”.
Concetti chiari, che escludono la possibilità del ritorno in un ambiente che sembra non appartenere più a chi, come svelato da Osvaldo, pensava musica anche mentre tirava calci ad un pallone: “Mentre giocavo a calcio ho scritto tanto, e questo è quello che mi è piaciuto di più. Poi ho iniziato a suonare la chitarra in modo da poter fare musica. Il calcio comunque continuo a guardarlo, tifo per il Boca, semplicemente non ho voglia di giocare, l’adrenalina me la dà ogni tocco del mio chitarrista. Chiudo gli occhi e sento…”.
Naturale quindi che se a Pablo parlate appunto di Messi e Ronaldo, l’ammirazione per i calciatori vada di pari passo con la… “compassione” per la vita da “prigionieri…”: “ A Cristiano piace tornare a casa e fare 150 flessioni, a me piace accendere un fuoco per un arrosto, non vorrei mai essere come lui e neppure come Messi. Mi piacerebbe giocare come Leo, quello si, ma non vivere come lui: poverino, non ha una vita, sta in una prigione d’oro. A quei livelli non sei nemmeno a casa. Compri una Ferrari per andare ad allenarti al campo che dista 15 minuti? Per essere il migliore del mondo devi dedicarci 24 ore al giorno, 365 giorni. Non fa per me”.
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