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Selvaggi, eroe per caso a Spagna ‘82: Ecco il segreto di questa Italia

L’ex bomber di Cagliari e Torino ripercorre la sua carriera e spiega la scelta di aver abbandonato l’idea di allenare

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Ha giocato con Zico e stava per diventare compagno di Maradona, ha avuto chances con Roma e Milan ma senza riuscire a sfondare, ha vinto un Mondiale da eroe per caso o quasi (senza giocare neanche un minuto). Identikit facile. Stiamo parlando di Franco Selvaggi, detto Spadino, materano doc, attaccante del calcio che fu, a cavallo di due decenni, il calcio degli anni Settanta e Ottanta.

Franco, per molto Ciccio, Selvaggi nasce a Pomarico, a poco meno di 30 km da Matera, il 15 maggio 1953, ma è la Città dei Sassi che lo vede dare i primi calcio al pallone. La squadra dell’epoca era la Gianni Rivera. Lì il provino per la Ternana che lo inserisce nel suo settore giovanile, tutta la trafila per arrivare al 30 dicembre 1972

“Fu il mio esordio – ci racconta – contro la Fiorentina. Era la tredicesima giornata. Avevo 19 anni. Alla fine collezionai 12 presenze in massima serie, segnando il mio primo gol tra i professionisti contro la Juventus, era il 29 aprile 1973, a Terni, perdemmo 3-2 contro la squadra che poi avrebbe vinto il campionato e che annoverava in rosa giocatori del calibro di Dino Zoff, Fabio Capello, Josè Altafini, Franco Causio, Luciano Spinosi, Roberto Bettega e altri campioni”.

Nell’estate il passaggio alla Roma. Solo due presenze. Come mai?
Manlio Scopigno mi volle fortemente nella sua Roma. Nel ritiro ero tra i calciatori più acclamati, ma ebbi la sfortuna di strapparmi immediatamente, a solo 20 anni. Inoltre il tecnico che mi volle, dopo sei giornate si dimise. I tempi di recupero furono lunghi e poi davanti avevo gente del calibro di Pierino Prati e tanti altri “volponi”. Nils Liedholm, che subentrò a Scopigno, mi impiego due volte. Questo non è stato un “anno flop”, anzi. Sono stato un po’ sfortunato, sia per l’infortunio che per il cambio di allenatore. Ma i commenti dei vari compagni, come Agostino Di Bartolomei, erano tutti di elogio nei miei confronti.

Una breve parentesi alla Ternana e poi il capitolo Taranto. Una parentesi importante della sua carriera, anche se in Serie B
Taranto fu una scelta legata anche alla famiglia. Avevo la possibilità di scegliere tra Como, Spal e Taranto e scelsi la squadra che era più vicina a Matera. E la scelta fu azzeccata. Diventai subito un idolo per i tifosi. Cinque stagioni importanti. Nel mezzo arrivò anche una chiamata dal Milan, ma mi spezzai la gamba e ho dovuto rinunciare ai rossoneri. Ma forse era destino così.

Un destino chiamato Gigi Riva. Fu lui, smesso i panni di trascinatore del Cagliari, passato dietro la scrivania, a volerla fortemente in Sardegna. Giusto?
Proprio così. Gigi Riva – continua nel suo racconto Franco Selvaggi – mi voleva al Cagliari, stravedeva per me. Firmai per i sardi e nella prima stagione realizzai 12 gol e all’epoca arrivare in doppia cifra in Serie A era qualcosa di importante oggi invece il numero delle reti è maggiore.

Selvaggi fu il quarto marcatore del campionato di Serie A del 1979-1980. Meglio di lui fecero solamente Roberto Bettega, Alessandro “Spillo” Altobelli e Paolo Rossi…
In quella estate mi voleva la Juventus, ma Gigi Riva si oppose con tutte le sue forze. Addirittura arrivò a minacciare le sue dimissioni dal Cagliari in caso di una mia cessione alla Juventus.

In quegli anni inizia anche l’avventura azzurra
Come fuori quota partecipai ad una gara con l’Under 21 perché Bearzot voleva vedermi. Contro il Lussemburgo segnai due gol. Il 19 aprile 1981 feci il mio esordio con la Nazionale maggiore ad Udine contro la Germania Est. Poi giocai a Bologna contro la Bulgaria e a Torino contro la Grecia, per una gara di qualificazione ai Mondiali. Avrei partecipato anche al Mundialito in Uruguay, ma un problema al ginocchio ne lo fece saltare. Però a Bearzot piacevo. Lui ne voleva due per ruolo e per questo mi volle per i Mondiali in Spagna. Fu un’esperienza fantastica, esaltante. La vittoria del gruppo. Gruppo che ancora oggi è unito.

Dopo il Mondiale, il passaggio al Torino. Un’altra bella esperienza?
Dopo Gigi Riva, un’altra persona che ha segnato la mia carriera è mister Bersellini. Aveva talmente fiducia in me che mi voleva in campo anche se ero infortunato. Furono due campionati importanti.

E qui un nuovo bivio, uno “sliding door” che l’ha portata ad un passo da essere compagno di squadra di Maradona
Mi cercavano il Napoli e l’Udinese. Io scelsi l’Udinese perché lì c’era Zico e a me piacevano i giocatori come lui. Era uno di quelli che preferivo. Anche Baggio recentemente lo ha indicato come uno dei suoi idoli. Dopo che chiusi l’accordo con l’Udinese, arrivò il trasferimento di Maradona al Napoli…

Un anno in bianconero e poi il passaggio all’Inter
Fu una scelta di cuore. Avevo 33 anni e avanti a me c’erano Altobelli e Rummenigge. Sapevo di essere la “terza punta”. Fu comunque una bella esperienza.

Poi il passaggio in Serie B alla Sambenedettese dove Selvaggi decise, poi, di smettere con l’attività agonistica. E poi?
Volevo fare l’allenatore. Ho avuto delle mie esperienze, ma nel frattempo avevo fatto degli investimenti nella mia zona d’origine. Per continuare a fare l’allenatore avrei dovuto lasciare tutto e girare per l’Italia. Ho fatto una scelta diversa, ho preferito la famiglia, ma al tempo stesso ho continuato a stare nel mondo del calcio svolgendo per undici anni il ruolo docente per i nuovi allenatori. Questo ruolo era compatibile con le mie esigenze e poi ho avuto la possibilità di formare tanti allenatori. Successivamente, ho svolto il ruolo di capo delegazione della Nazionale Under 16, per cinque anni circa, poi la pandemia ha interrotto anche la nostra attività. Anche qui ho visto passare e crescere talenti come Kean e altri ancora.

Restando sul tema azzurro, questa Nazionale di Mancini, agli Europei, come l’ha vista? Dove può arrivare?
Questa Italia è molto forte, mi piace molto e può fare grandi cose. E ha un grande allenatore, perché è capace di semplificare tutto e gestisce il gruppo in maniera eccellente. E’ una nazionale che gioca bene, anche perché il suo allenatore, già da calciatore, esprime concetti tecnici importanti. Credo che possa vincere, ma siamo consapevoli che non è facile. Nelle partite ad eliminazione diretta un episodio può cambiare tutto. Io credo che il calcio sia soprattutto talento e in questa Nazionale ci sono giocatori talentuosi.

Antonio Mutasci

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