Giulio Ciccone si carica l’Italia delle due ruote su sellino sulle spalle e prova a buttare sotto al tappeto la crisi di un sistema ciclistico che vive uno stato di apnea. La quinta tappa del Tour è quella che ha fatto saltare il tappo: la prima tappa di montagna non tradisce le attese, con Jonas Vingegaard che si prende la copertina sferrando un attacco deciso ai -3 dalla vetta del Col de Marie Blanque col quale mette alla berlina un Tadej Pogacar apparso impossibilitato a rispondere.
La complessa marcia d’avvicinamento al Tour ha presentato in fretta il conto all’asso sloveno, che paga all’arrivo oltre un minuto dal vincitore della scorsa edizione. Guai però a dimenticare chi la maglia gialla l’ha presa (e con merito) sul traguardo di Laruns: Jay Hindley, vincitore del Giro d’Italia 2022 e all’esordio assoluto sulle strade francesi, con un’azione partita da lontano ha messo tutti gli uomini di classifica nel sacco, riuscendo a sfruttare le sue doti di scalatore nelle due salite conclusive di giornata e conquistando il vessillo del primato in classifica generale a discapito di Adam Yates, arrivato con Pogacar a 1’38” di ritardo dal vincitore di giornata.
- Hindley nuova maglia gialla, Vingegaard a 18''
- Pogacar perde 53'' da Vingegaard
- Le pagelle della quinta tappa: i top
- Le pagelle della quinta tappa: i flop
Hindley nuova maglia gialla, Vingegaard a 18”
L’australiano ha ora un vantaggio di 47 secondi su Vingegaard (pesano i 18 secondi di abbuono conquistati tra GPM e traguardo di tappa) e 1’03” su Giulio Ciccone, grande protagonista di giornata, costretto ad arrendersi soltanto allo strapotere di Hindley e bravissimo nel cogliere un prezioso secondo posto all’arrivo.
Pogacar perde 53” da Vingegaard
Quanto a Pogacar, in classifica generale lo sloveno paga 1’40” da Hindley e 53 secondi su Vingegaard, che pure ha dimostrato di avere davvero una marcia in più quando la strada si fa impervia.
L’exploit di Hindley (australiano ma abruzzese d’adozione: è lì che ha mosso i primi passi nel ciclismo che conta, quando ancora era dilettante) offre al Tour un nuovo rivale credibile per arrivare a Parigi in giallo, anche se gli sforzi profusi nella lunga fuga di giornata potrebbero essere pagati a caro prezzo nella tappa di domani, che prevede altra montagna, con arrivo in salita a Cauterets-Cambasque.
Le pagelle della quinta tappa: i top
- JAY HINDLEY 10. Non l’aveva messa in conto, ma strada facendo l’australiano ha capito che i margini per piazzare un’impresa c’erano tutti. S’è infilato nella fuga giusta, ha lasciato sfogare i compagni di avventura e poi, quando ha capito che i mezzi per arrivare al traguardo in solitaria li aveva, ha colto l’attimo e ha salutato la compagnia. La maglia gialla è un premio alla sua costanza e dedizione. Vingegaard rimane più forte (e anche la Jumbo Visma rispetto alla Bora Hansgrohe ha molte più cartucce da sparare), ma sognare non costa nulla. E in tanti, anche in Italia, tiferanno per lui.
- JONAS VINGEGAARD 9. Implacabile il danese volante, che intuisce il momento di difficoltà di Pogacar (e di Adam Yates) e ne mette a nudo tutto il ritardo di condizione. Le gambe vanno, la squadra stavolta l’aiuta (Kuss, pedina chiave) e il primo assolo del campione in carica è un monito per tutti i rivali. Fa tutto alla perfezione, ma se proprio si vuol trovare una pecca, allora quel buco preso quasi sulla linea del traguardo (e i relativi 6 o 4 secondi di abbuono non incamerati) è l’unico difetto. Ma è veniale, e non dovrebbe togliergli il sonno.
- GIULIO CICCONE 9. Prestazione incoraggiante, di quelle che lasciano ben sperare. Il podio parziale è una bella soddisfazione, anche se sarà complicato difenderlo fino a Parigi. Piuttosto viene da chiedersi perché la Lidl Trek gli neghi la possibilità di collaborare con Vingegaard e Gall nei chilometri finali. Lui non la prende benissimo, anche perché quando deve sprintare non si fa pregare e dimostra di star benone. La maglia a pois è l’obiettivo, ma intanto è con merito nel novero dei big.
Le pagelle della quinta tappa: i flop
- TADEJ POGACAR 5,5. Bisogna ammettere che non si è abituati a vederlo perdere le ruote di un rivale in salita. Il Col de Marie Blanque è un’ascesa beffarda, apparentemente non dura, ma nella sostanza micidiale. Dopo quattro frazioni incoraggianti, dove l’esplosività che lo contraddistingue gli ha permesso di guadagnare secondi preziosi, al primo banco di prova le magagne vengono fuori tutte: un mese e mezzo lontano dalla strada si fa sentire, e alla fine è giusto pensare che abbia limitato i danni.
- JULIAN ALAPHILIPPE 5. Non si dica che non c’abbia provato, ma ancora una volta il moschettiere di Francia (che due anni fa fece sognare i suoi connazionali) ha sbagliato a fare i conti. Entra nel plotone giusto, quello dal quale uscirà il nome vincente di giornata, ma quando la strada sale perdere le ruote dei migliori e si lascia docilmente trasportare dagli eventi. Lefevere non deve essere troppo contento…
- MIKEL LANDA 4,5. Dopo cinque tappe non si può dire chi vincerà il Tour, ma di certo si può affermare con una certa sicurezza chi non lo vincerà. E il basco entra in questa categoria: paga quasi 3’ all’arrivo, non riuscendo mai a stare al passo degli uomini di classifica. Suona già come un segnale di resa: dovesse trattarsi di qualcosa in più di una giornata storta, beh, anche la top ten diventerebbe una chimera.