Più che amore, un flirt. Una sbandata. Julio Velasco, il mago della pallavolo che ha portato l’Italia femminile a conquistare una storica medaglia d’oro ai Giochi parigini, ci ha provato anche col calcio. Lazio e Inter, nel suo passato. Prima di tornare al volley.
- Velasco, la Generazione di fenomeni e il richiamo del calcio
- L'avventura alla Lazio: che cosa non funzionò nella Capitale
- L'Inter dopo la Lazio: l'avventura flop di Velasco in nerazzurro
Velasco, la Generazione di fenomeni e il richiamo del calcio
Alla fine degli Anni 90 l’allenatore nato a La Plata era all’apice della carriera. Al timone della nazionale maschile – la cosiddetta Generazione di fenomeni – vinse due Mondiali e tre Europei, perdendo l’oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996 nella finale contro la scatenata Olanda. Dopo il biennio 1997/98 al timone dell’Italvolley femminile, ecco la chiamata del calcio. Velasco era talmente influente e popolare che Sergio Cragnotti, allora presidente di una Lazio piena zeppa di campioni, lo volle a tutti i costi in società nelle vesti di direttore generale del club.
L’avventura alla Lazio: che cosa non funzionò nella Capitale
Stagione 1998/1999: Velasco accetta la scommessa. Dal volley al calcio. Dalla panchina alla scrivania. Cragnotti lo blinda, perché vuole trasmettere alla squadra la sua mentalità vincente: quadriennale da un miliardo (di lire) a stagione. Ma il mondo del pallone è tutt’altra storia rispetto alla pallavolo. E ben presto insorgono i primi problemi. Gli altri dirigenti non vedono di buon occhio il suo innesto nell’organigramma societario e la stessa squadra inizialmente fatica a digerire le incursioni in tuta e scarpini del ‘dirigente di campo‘. Anche sul mercato non mancano screzi col patron, che acquista Vieri senza informare il suo dg. La sua esperienza alla Lazio, condita comunque da una Supercoppa Italiana e una Coppa delle Coppe, dura soltanto un anno. “Il ruolo di dirigente mi ha lasciato moltissimi insegnamenti, ma non lo farei di nuovo: preferisco la parte tecnica” ha confessato qualche anno fa ai microfoni di Sky.
L’Inter dopo la Lazio: l’avventura flop di Velasco in nerazzurro
Altra gira, altra corsa: nel 2000 Velasco ci riprova con l’Inter di Massimo Moratti. Questa volta, però, in una nuova veste: responsabile dell’area fisico-atletica. “Non sono un colpo di mercato – dirà durante la presentazione – perché nessun tifoso pagherebbe il biglietto per vedere me. Sono i giocatori che danno emozione e spettacolo, non i dirigenti. Alla Lazio, dove sono stato molto bene, avevo un compito più politico, di direzione generale. Qui sarò a fianco di Oriali e Lippi per quello che mi compete, parleremo, valuteremo. Insieme. Non ci devono essere iniziative personali. Se dovremo intervenire, anche nei rapporti con i giocatori, lo faremo”.
Con l’allenatore che trionferà a Berlino nel 2006 si conoscono da tempo. Il primo incontro avvenne a Tokyo, durante gli impegni della Juventus in Coppa Intercontinentale, Lippi portò i suoi uomini a vedere come giocava la nazionale di volley di Velasco. “Voleva che i suoi giocatori capissero la mentalità vincente dei miei. Adesso lavoreremo insieme, sarà un piacere”. Un piacere che però dura poco, anzi pochissimo. L’Inter non supera i preliminari di Champions League contro gli svedesi dell’Helsingborg, perde la finale di Supercoppa Italiana proprio contro la Lazio e finisce pure ko all’esordio in campionato con la Reggina. Lippi sbotta: è addio. E finisce pure l’avventura del guru della pallavolo all’Inter e nel mondo del calcio. Moratti chiama sulla panchina Marco Tardelli. Tra le prime richieste del nuovo allenatore ce n’è una in particolare: comandare da solo, senza nessuno intorno. Senza, quindi, Velasco. Decisamente più che amore, un flirt. Una sbandata. Velasco torna al volley e, dopo aver girato il mondo, compie – a 72 anni – l’impresa più straordinaria della sua fantastica carriera: l’oro olimpico con l’Italvolley femminile.