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Acerbi, Battistini a Virgilio Sport: noi del Treviso ci colorammo di nero, Napoli fai lo stesso

Il portiere Battistini fu tra i protagonisti del gesto di protesta dei trevigiani per difendere Omolade, vittima di episodi razzisti

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

“E chi dice che Masaniello Poi negro non sia più bello? E non sono menomato, sono pure diplomato. E la faccia nera l’ho dipinta per essere notato”. Così cantava Pino Daniele nel 1979 in una delle sue prime hit, Je so’ pazzo. Ma pazzi non erano i giocatori del Treviso che nel 2001 davvero si dipinsero la faccia di nero anche se sì, lo fecero davvero per essere notati. Il caso Juan Jesus-Acerbi riporta d’attualità il tema-razzismo e a Virgilio Sport parla Graziano Battistini, portiere di quel Treviso, che fu tra i promotori di quell’iniziativa fatta per solidarietà nei confronti del loro compagno Omolade che era stato vittima di insulti razzisti.

Era il 3 giugno del 2001, il Treviso ospita il Genoa, gara decisiva per la salvezza in B ma la squadra è ancora scossa da quanto accaduto la settimana prima. Nella partita in Umbria con la Ternana, Omolade giocatore di colore della Primavera del Treviso, viene fatto esordire in serie B al 67′. I sostenitori del Treviso presenti sugli spalti lo accolgono con fischi e ululati razzisti dopo aver già fatto lo stesso al momento dell’ingresso in campo del ternano Adeshina. Di più: per protesta lasciano lo stadio. Via le bandiere, via gli striscioni. Non sono che una trentina, un gruppetto sparuto, ma fanno rumore. “Il nero non lo vogliamo”, urlano.

C’era già stato un inquietante precedente con buuu razzisti degli ultras nei confronti di un altro calciatore di colore del Treviso, Pelado, di origine non africana ma brasiliana, praticamente costretto ad andarsene. Tanto che il capitano, Diego Bortoluzzi, arrivò a minacciare il ritiro dal campo della squadra. Dopo quanto accaduto sul pullman che riporta la squadra a Treviso Omolade si lascia andare a un pianto incontrollato. I compagni provano a consolarlo, ma si rendono conto che la questione non si può risolvere facilmente.

Poi la scintilla: il bomber trevigiano Roberto Murgita ha l’idea definitiva: ragazzi, dipingiamoci tutti la faccia di nero. Il resto del gruppo ci sta. E si mette all’opera, all’insaputa della dirigenza. Trova dei pennarelli, brucia dei tappi di sughero per trasformarli in una sorta di carboncino. Ed entra in campo così, tra lo stupore del pubblico del Tenni. Undici ragazzi di colore decisi a stare accanto a un ragazzo di colore. Omolade parte dalla panchina ed entra nella ripresa ma stavolta nessuno lascia lo stadio. Anzi, dalle tribune arrivano soltanto applausi. Che diventano scroscianti quando Omolade segna di testa. Finisce 2-2. Il povero Omnolade morirà giovane nel 2022, all’interno dell’autovettura di un amico che lo stava portando in ospedale a Palermo a causa di un malore, ma quell’episodio di Treviso rimane nella memoria di tutti.

Battistini ricorda cosa accadde?

“Certo. Ci fu solidarietà totale all’interno dello spogliatoi, tra di noi decidemmo di colorarci la faccia di nero. Ricordo la sorpresa e la felicità di Omolade, sentì la nostra vicinanza. Il pubblico quella volta applaudì ma anche nel caso precedente furono pochi quelli che fischiarono, io penso sempre che la maggioranza delle persone sia buona”

Che idea si è fatto del caso-Acerbi?

“La verità la sanno solo loro due. La squalifica sarebbe stata sacrosanta se dimostrabile ma capisco che se non ci sono prove reali non si può mettere in discussione un pilastro del diritto.

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Servono prove certe, chiaro che si tratta di un discorso delicato e ho l’impressione che tutta la vicenda legata ad Acerbi-Juan Jesus sia stata gestita male. Non dico assolutamente che Juan Jesus abbia torto, anzi, ma nessuno evidentemente può provarlo“.

Consiglierebbe ai giocatori del Napoli di ripetere il gesto provocatorio che faceste voi e di dipingersi la faccia di nero?

“Se, come credo, sono tutti solidali con Juan Jesus e convinti che abbia detto solo la verità sì, sarebbe un gesto che farebbe riflettere su un tema come il razzismo che è ancora vivo anche se quello nei confronti delle persone di colore è solo una delle tante forme di razzismo. Ogni discriminazione è sbagliata ma attenzione: bisogna avere anche equilibrio nel giudicare i fatti. A volte viene spacciato per razzismo quello che tale non è. Ciò detto ogni razzismo va condannato fermamente e gesti clamorosi come quello che facemmo noi possono servire. Posso dire però che i famosi buuu razzisti dagli spalti sono oggi meno frequenti rispetto ai tempi in cui giocavo io. Ai miei tempi, negli anni ’90, si sentivano davvero frasi becere dagli spalti ma non c’erano tutte le telecamere di oggi”.

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