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Anselmo ‘Spadino’ Robbiati: il mancino della provvidenza

Anselmo Robbiati: con la maglia della Fiorentina ribattezza la zona Cesarini e diventa Sant’Anselmo, poi passa come una meteora al Napoli e all’Inter.

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Armando Torro

Armando Torro

Giornalista

Giornalista professionista appassionato di sport, numeri e politica, destro di mano e mancino di piede. Dalla provincia di Taranto a Roma e Torino, passando per Madrid e Milano. Qui per raccontare storie e curiosità sugli sportivi del passato e del presente.

Anselmo ‘Spadino’ Robbiati: il mancino della provvidenza Fonte: Getty Images

Alcuni calciatori non sono fatti per brillare dall’inizio ma per ridare luce alla squadra nei momenti bui e disperati della fine di una partita, quando servono un gol o un assist per vincere o pareggiare. Alcuni di loro vengono apprezzati proprio perché, pur non essendo i protagonisti principali, riescono a esprimersi al meglio e ad esaltarsi partendo dalla panchina per regalare punti preziosi e gioie ai tifosi. In questa categoria rientra a pieno merito Anselmo ‘Spadino’ Robbiati, una specie di santo per i fedeli della Fiorentina che ancora oggi lo salutano con affetto.

Chi è Anselmo Robbiati

Figlio di Luigi, terzino dell’Inter degli anni ’50, Anselmo Robbiati nasce a Lecco il 1° gennaio 1970 ed è un tifoso nerazzurro che sogna di emulare il padre, anche se il suo ruolo è diverso. Fin da piccolo incanta con il suo sinistro forte e preciso ed entra nelle giovanili del Monza a 12 anni, fa tutta la trafila e si mette in mostra sui campi lombardi giocando sia come attaccante che come trequartista o ala, fino alla chiamata in prima squadra, quando non è ancora maggiorenne.

Gli esordi al Monza e la nascita di Spadino

A 17 anni, infatti, Robbiati debutta in Serie C1 dando il suo contributo alla promozione diretta in B e alla vittoria della Coppa Italia di categoria: colleziona solo 10 presenze stagionali da subentrato, anche perché il titolare dei biancorossi in attacco è Casiraghi, miglior cannoniere della squadra in entrambe le competizioni.

Al primo anno in cadetteria lo spazio è praticamente lo stesso, mentre al secondo cambia, anche per la cessione di Casiraghi: solo che un gol in 34 partite non serve al Monza per evitare la retrocessione. Sono però gli anni in cui Anselmo, uno dei più giovani del gruppo, diventa ‘Spadino’ per colpa del compagno di squadra Stroppa e del telefilm Happy Days: “Avevo un giubbotto di pelle, lo Schott, e i capelli gellati. Un giorno Stroppa mentre mettevo il gel sui capelli mi disse che assomigliavo a Spadino, il cugino di Fonzie. Pensavo che col tempo l’avrei perso, invece hanno continuato a chiamarmi così perché la cosa è arrivata ai giornali“.

È un soprannome che non gli piace, anche perché non pensa di somigliare molto all’attore Danny Butch, eppure gli porta bene perché al Monza diventa uno dei giocatori più rappresentativi dopo la retrocessione e col 10 o l’11 sulle spalle inizia a segnare, aiutando i brianzoli a vincere ancora la Coppa Italia di Serie C al primo anno e a conquistare la seconda promozione in B al secondo tentativo nel 1992. La consacrazione è nell’ultima stagione, quella in cui andando per la prima volta in doppia cifra di gol riesce a salvare la squadra dalla retrocessione e si guadagna la chiamata della Fiorentina che vuole subito risalire in A.

Robbiati alla Fiorentina: da Spadino a Sant’Anselmo sotto Ranieri

Cecchi Gori è ancora furioso per il quindicesimo posto e la discesa in cadetteria dell’anno precedente, nonostante una rosa di tutto rispetto in cui figurano Laudrup, Effenberg e Pioli e l’attacco Batistuta-Baiano col giovane fiorentino Flachi riserva. Così il presidente viola trattiene tutti i talenti per una pronta risalita nella massima serie e affida la panchina all’emergente Ranieri che vede in Robbiati un elemento su cui fare affidamento. Viene ripagato già dalla doppietta alla prima giornata, in una cavalcata che la Fiorentina conclude col primo posto in scioltezza.

Il primo anno di Serie A per Robbiati non è altrettanto soddisfacente, perché gli spazi si riducono anche a causa dell’arrivo a Firenze di Rui Costa, ma mister Ranieri inizia a provare l’ex Monza come dodicesimo uomo, pronto a subentrare a Baiano e creare scompiglio nell’ultimo quarto d’ora di gioco. Così la stagione 1995/1996 diventa quella della svolta: Robbiati entra sempre più spesso a partita in corso e dal suo sinistro arrivano gol e assist decisivi per raddrizzare l’andamento del match come contro la Sampdoria; Anselmo si toglie anche la soddisfazione di segnare al Milan e di vincere la Coppa Italia e la Supercoppa italiana contro i rossoneri. Al Franchi iniziano a chiamarlo ‘Sant’Anselmo’ e l’anno dopo il suo bottino raddoppia da 6 a 11 reti, tra cui una a testa a Milan e Juventus, nonostante la concorrenza di Oliveira e Baiano come partner di Batistuta.

È l’uomo della Provvidenza perché ogni volta in cui dalla panchina si alza, la Curva Fiesole sa che qualcosa sta per succedere: il numero 23 segna spesso nell’ultimo quarto d’ora recupero compreso, ribattezzando la famosa zona Cesarini in ‘zona Robbiati’, e per poco non impone la sua legge anche al Camp Nou contro il Barcellona di Ronaldo in semifinale di Coppa delle Coppe, venendo fermato in contropiede solo dal fischio dell’arbitro.

Mister Ranieri ormai lo impiega con quel ruolo, sapendo di poter trarre il massimo da lui negli ultimi minuti più che dall’inizio, e negli assalti disperati lo inserisce anche da centrocampista per via della sua duttilità. “Prima delle partite mi diceva ‘Oggi mi servi lì’. Mi usava sulla fascia o trequartista o seconda punta. Svariavo. Magari partendo dalla panchina. Non mi pesava, quando un allenatore ti mostra questa considerazione tu ti senti galvanizzato. Di Ranieri ricordo l’equilibrio, la sicurezza che portava a un gruppo pieno di campioni. Urla dalla panchina ne faceva come un matto anche allora ma nello spogliatoio sempre parole misurate nei momenti più difficili. Tra un tempo e l’altro, per esempio, era un maestro di lucidità e saggezza”, racconterà a fiorentina.it riguardo al rapporto col tecnico romano.

Anselmo Robbiati durante Brescia-Fiorentina Fonte: Getty Images

Gli ultimi anni di Anselmo Robbiati a Firenze, poi meteora con Napoli e Inter

Nell’estate del 1997 sulla panchina della Fiorentina arriva Malesani che al lecchese concede meno spazio, comunque sufficiente a entrare definitivamente nel cuore dei tifosi viola: è indimenticabile il 3-0 definitivo al Franchi contro la Juve, anche se i gol in stagione sono solo quattro.

Ci sarebbe bisogno di una svolta, ma con Trapattoni subentrato a Malesani nell’ultimo anno la musica non cambia granché, non c’è lo stesso feeling avuto con Ranieri, e Robbiati incide decisamente di meno: il 1998/1999 è il rimpianto più grande per i gigliati che sono primi alla fine del girone di andata, ma l’infortunio di Batistuta nella partita contro il Milan e la fuga di Edmundo a Rio de Janeiro per il Carnevale rovinano i piani. Spadino si ritrova comunque in panchina, il Trap gli preferisce la coppia Oliveira-Esposito che non si rivela molto prolifica e la Fiorentina perde il treno scudetto.

Decide di lasciare Firenze e cambiare aria accettando l’offerta del Napoli e del presidente Ferlaino che vuole riportare gli azzurri in Serie A, ma sotto il Vesuvio non brilla: mister Novellino preferisce Bellucci per fare da spalla a Schwoch e Robbiati è impiegato perlopiù come centrocampista. Contro la Ternana segna gli unici due gol in 20 presenze e la stagione personale non è esaltante, anche se festeggia la quarta promozione della carriera e, a sorpresa, passa all’Inter nell’operazione che porta Moriero in Campania. Il sogno di vestire la maglia nerazzurra come papà Luigi si avvera, ma in attacco non ci sono molte speranze di emergere: chiuso da Vieri, Hakan Sukur e Recoba, ma anche dagli esuberi Zamorano e Robbie Keane, Robbiati gioca solo 14’ in sei mesi, nella partita di Coppa Italia contro il Lecce, e viene ceduto in prestito al Perugia.

Guidato da Cosmi, gioca qualche gara dall’inizio ma è soprattutto una risorsa negli ultimi minuti, così riesce a realizzare 3 gol in 12 partite fino a giugno, tra cui una doppietta in una clamorosa rimonta al Bari in trasferta da 3-0 a 3-4. Tornato all’Inter, la situazione è ancora peggiore della prima volta: 0 presenze in 6 mesi, neanche un minuto in campo, che rendono Robbiati un’autentica meteora nerazzurra, anche se l’avventura per lui che è tifoso interista è comunque positiva. “Nonostante tutto penso sia stata un’esperienza favolosa, ho vissuto il top in ogni settore, mi sono allenato con gente del calibro di Zanetti, Jugovic e Blanc ma purtroppo non con Ronaldo: si fece male al ginocchio quando ero lì“, racconterà.

A gennaio 2002 prova un ritorno romantico alla Fiorentina, ma non è la stessa cosa di qualche anno prima, anche perché la situazione economica della società è pessima: con i viola gioca 5 partite in una squadra che giunge a un’inevitabile retrocessione e al fallimento e così Spadino si trasferisce a titolo definitivo all’Ancona in B.

Robbiati specialista delle promozioni e la seconda giovinezza al Figline

La squadra del presidente Pieroni è ambiziosa, in panchina c’è Simoni e la rosa è di tutto rispetto, impreziosita dal nuovo numero 10. Robbiati gioca a intermittenza e segna solo in Coppa Italia, fornendo qualche assist in campionato, quanto basta per conquistare ancora la Serie A col quarto posto finale.

A 33 anni, però, l’ex Fiorentina decide di tornare nelle categorie inferiori e porta prima il Grosseto e poi il suo Monza a fare il salto dalla C2 alla C1: con i biancorossi torna la voglia di giocare anche perché la chiamata arriva da Trainini, lo stesso allenatore dei primi anni da professionista di Spadino. Robbiati saluta ancora il pubblico del Brianteo e va nella vicina Como, dove non riesce a fare il tris di promozioni consecutive, poi sceglie il Figline per un vero e proprio caso della vita, raccontato in esclusiva a Virgilio Sport.

Mi sposai a Firenze e andai a vivere in campagna vicino a Figline Valdarno. Io volevo smettere di giocare e mi allenavo con una squadra dilettanti. In quel periodo mi si ruppe la parabola con un fulmine. Venne l’antennista a casa, che nello stesso periodo stava effettuando dei lavori di manutenzione al presidente del Figline. Questo antennista mi chiese ‘Ma cosa fai ora?’ Gli dissi che mi allenavo e non sapevo se volevo smettere. Lui mi disse che se volevo lui poteva parlare con il presidente del Figline a cui avrebbe detto che io era alla ricerca di una squadra. Poi, parlò con il presidente a cui disse che Anselmo Robbiati era libero. Il presidente del Figline era tifoso della Fiorentina e il giorno dopo mi chiamò e andai a parlare con lui e da lì ci fu questo matrimonio”.

In terra toscana, ormai casa per chi viene ancora chiamato Sant’Anselmo, tornano i giorni felici e arrivano le ultime due straordinarie promozioni (in totale sono 9 in carriera) nel 2008 e nel 2009: un doppio salto dalla Serie D alla Lega Pro Prima Divisione condite da una Supercoppa di Lega, in cui danno il loro contributo altri due ex Fiorentina come Chiesa in campo e Torricelli in panchina.

Il palmarès di Robbiati e la nuova vita da dirigente

A 39 anni compiuti, il 21 gennaio 2009, Spadino Robbiati conclude ufficialmente la sua carriera da calciatore e passa direttamente a fare il secondo di Torricelli al Figline, legandosi poi per oltre un decennio ai gialloblù attraverso i vari cambi di denominazione.

Lo fa prima in panchina allenando dai Giovanissimi alla prima squadra, poi dietro a una scrivania come direttore sportivo e fino al 2022 come direttore della scuola calcio che diventa una delle più importanti di tutta la Toscana, prima di conseguire a Coverciano il patentino da responsabile del Settore Giovanile.

Ma è giusto ricordare i successi in campo di un ragazzo capace di distinguersi con la sua tecnica e velocità in ogni categoria, dalla Serie D alla Serie A durante una carriera ultraventennale:

  • 1 Campionato di Serie B (Fiorentina 1993/1994)
  • 1 Coppa Italia (Fiorentina 1996/1997)
  • 1 Supercoppa Italiana (Fiorentina 1997)
  • 2 Coppe Italia Serie C (Monza 1987/1988 e 1990/1991)
  • 2 Campionati di Serie C2/Lega Pro Seconda Divisione (Grosseto 2003/2004 e Figline 2008/2009)
  • 1 Supercoppa di Lega Seconda Divisione (Figline 2009)
  • 1 Campionato di Serie D (Figline 2007/2008)

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