Il 4 giugno del 2000, nella penultima giornata del campionato di Serie B, il Napoli di Walter Novellino supera la Pistoiese per 1-0 e torna in paradiso. Torna in Serie A. Il match winner – nemmeno a dirlo – è Stefan Schwoch che delizia il pubblico partenopeo con una sterzata su Bellini e poi imbucando di punta l’estremo difensore Dei.
Lo definisce uno dei gol più belli della sua carriera. Non è facile per lui e per tutti gli appassionati ricordare tutte le marcature, visto che in Serie B ne ha messe a referto altre 134. Un bottino da record e che lo rendono il giocatore che nella cadetteria ne ha realizzati di più. Sì, ha fatto meglio di illustri e più recenti calciatori come Daniele Cacia (134) e Andrea Caracciolo (133). Un biglietto da visita niente male.
Cognome tedesco e polacco ma Schwoch nasce a Bolzano il 19 ottobre del 1969. Le sue origini toccano l’Europa ma anche l’Italia intera perché suo padre è nato in Abruzzo, mentre sua madre in Sicilia, a Palermo. Schwoch ha buttato giù anche il becero stereotipo dell’uomo del Nord freddo, poco propenso a far emozionare. Lo ha fatto costruendo un legame solido con la città di Napoli e i tifosi partenopei, azzerando così ogni forma di pregiudizio.
La carriera di Stefan Schwoch
Di strada ne ha fatta Stefan Schwoch. L’altoatesino si è tolto tante soddisfazioni anche se gli resta il rimorso di quel sogno che aveva sin da piccolo: giocare in Serie A da protagonista. Ha avuto la possibilità di disputare qualche partita ma non di trovare quella continuità che meritava.
Il suo percorso calcistico inizia nei campionati interregionali. Prima l’esperienza con il Passirio Merano dove in 25 presenze mette a segno 4 reti. Poi con il Benacense dove sfiora la doppia cifra (9) in 31 apparizioni.
La stagione 1989/90 è quella della prima volta in club professionistico. Firma con la SPAL che in quegli anni disputava il campionato di Serie C2. Non un anno brillante, visto che segna solo una rete in 24 partite.
Un’esperienza che lo porta nuovamente a vestire la maglia di un club dilettantistico l’anno successivo. Resta però in Emilia-Romagna e vestirà la casacca del Crevalcore. Saranno due stagioni chiave della sua carriera perché mette a segno 30 reti e il suo nome torna nuovamente sui taccuini dei club professionistici.
È il Pavia il secondo club pro ad assicurarsi le sue prestazioni sportive. Schwoch, questa volta, non delude le aspettative e, in 50 presenze, segna ben 19 reti. È il preludio ad un’ascesa meravigliosa. Diventa fondamentale la segnalazione di Paolo Chierico al presidente del Livorno, Achilli. Quest’ultimo lo porta in Toscana a disputare il campionato di C2 e con la maglia amaranto assapora la C1. Con 19 reti trascina la squadra ai play-off ma alla fine sarà il Castel Di Sangro a spuntarla.
Nel 1995 il Ravenna gli permette di giocare quella C1 che gli era sfuggita qualche mese prima. Un colpo da novanta per il romagnoli perché – nemmeno a dirlo – Schwoch realizza 21 gol in 33 presenze: uno score che consentirà al Ravenna di vincere il campionato e di ottenere la promozione in Serie B. Decide di restare in Emilia-Romagna a disputare il campionato cadetto, un’esperienza che gli permette di avvicinarsi alla doppia cifra in B (8 gol a fine campionato) e di conquistare l’ottavo posto in classifica.
La stagione 1997/98 è quella del trasferimento al Venezia di Maurizio Zamparini. Con i Lagunari guidati da Walter Novellino, in un anno e mezzo, riesce a vincere il campionato di Serie B, mettere a referto 17 reti ed avere la possibilità di collezionare 8 apparizioni in Serie A l’anno successivo. La società Arancioneroverde poi farà altre scelte e punterà tutto su Alvaro Recoba e a gennaio Schwoch viene ceduto al Napoli.
Conclude la seconda parte di stagione con 22 presenze e 6 gol, ma i partenopei non riescono ad andare oltre il 10° posto. Tutto questo, però, è solo il preludio ad un anno – quello successivo – indimenticabile per lui e per il Napoli. Gli Azzurri tornano in Serie A grazie alle prodezze di Schwoch. Sarà proprio il suo il gol contro la Pistoiese che vale la promozione e il ritorno nella massima serie. Una stagione magnifica che si conclude con 22 gol in 35 presenze. Sarà anche un’esperienza che lo legherà in maniera viscerale alla tifoseria napoletana e alla città.
Tutto questo, però, non basta al bomber di Bolzano per imporsi in Serie A perché la società campana lo cede al Torino in B. Schwoch – diventato ormai una sicurezza – trascina i granata dalla Serie B alla Serie A.
Il suo giro di club si ferma a Vicenza. Dal 2001 al 2008 indossa la maglia del Lane. Sette stagioni che porteranno Schwoch a diventare una bandiera del club, senza mai interrompere quel rapporto d’amore con il gol. Ben 81 in 235 presenze totali, tutte in Serie B. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, l’altoatesino entra a far parte dello staff tecnico del Vicenza. Per qualche anno ricopre il ruolo di Direttore Sportivo per poi allontanarsi da quel mondo che lo ha reso unico e per alcuni nostalgici e romantici anche un personaggio difficile da dimenticare.
Schwoch e Napoli: amore dal…primo gol
Stagione 1998/99. Stefan Schwoch, nel mercato di gennaio, approda al Napoli. L’altoatesino viene chiamato in causa per risollevare le sorti di una squadra figlia di una retrocessione in Serie B con dei risultati senza precedenti storici.
Arriva in Campania il 30 dicembre 1998, era un sabato. Il suo trasferimento non è stato certamente facile, soprattutto per la moglie dell’attaccante che – almeno inizialmente – non sembrava così propensa a trasferirsi al Sud:
“Quando seppi che mi avevano venduto al Napoli – racconta Schwoch – non volevo nemmeno dirlo a mia moglie. Devo dire che i giornali danno un’immagine della città che francamente non corrisponde al vero. Vi dico che mia moglie arrivò a minacciarmi: ‘Ci vai da solo laggiù, io non vengo’. Comunque ero io a decidere quindi dissi a me stesso che dovevo cogliere questa opportunità per la mia carriera”.
Ma si sa. L’amore per una persona o per una squadra a volte nasce proprio perché dentro si sente qualcosa che nessun altro può comprendere. In questo caso Schwoch sentiva vibrare il suo cuore, sapeva che tra lui e il Napoli c’era qualcosa di più di un semplice trasferimento in una nuova squadra.
Schwoch ha sempre ammesso che per lui indossare quella maglia azzurra nell’attuale Stadio Diego Armando Maradona lo faceva sentire il giocatore più forte al mondo. E poi, ci sono due coincidenze che lo legano al El Pibe de oro, simbolo di quella gente. Schwoch ha un figlio che è nato lo stesso giorno di Maradona e un altro, invece, lo stesso giorno della sua morte. Ma il ricordo di Schwoch su chi ha scritto pagine di storia del calcio mondiale non può che essere forte e soprattutto ammirevole: “Parliamo del Dio del calcio – racconta in un’intervista rilasciata ai canali ufficiali del club partenopeo. Quello che ha fatto lui al Napoli penso che non lo possa fare nessuno. È sempre stato dalla parte dei più deboli, non si è mai venduto al potere”.
Cosa disse, invece, il campo? La prima mezza stagione in maglia azzurra si conclude con 22 presenze, 6 gol ed un decimo posto finale che ha il sapore dell’ennesimo fallimento, di un incubo che non sembra avere una fine. Non per Schwoch che entra nei cuori dei tifosi del Napoli sin da subito, dalla primissima partita. Si presenta con uno stile decisamente hippy ma i suoi capelli fuori dall’ordinario di quei tempi sono solo il contorno per quello che accade il 6 gennaio 1999. È il giorno del suo esordio e davanti al suo nuovo pubblico non delude le aspettative: Schwoch serve un assist ed un gol che regalano alla squadra di Ulivieri il successo contro la Lucchese.
Al termine della prima mezza stagione – riprendendo il titolo di un noto film – Schwoch si è probabilmente detto e promesso: “Il meglio deve ancora venire”. Così fu. La stagione 1999/2000 è quella in cui il Napoli torna nella massima serie. L’altoatesino ritrova Walter Novellino, allenatore che aveva già avuto a Ravenna e a Venezia. In 35 presenze mette a referto 22 reti. Il resto è storia, anzi leggenda. Schwoch dopo 70 anni riesce ad eguagliare il record di gol in una stagione che prima era stato di Antonio Vojak.
Una storia d’amore che Napoli non dimentica così come è successo per lo stesso Schwoch che vive una stagione da protagonista assoluto. Il gol che vale la promozione lo segna proprio lui. E che dire di quel Napoli-Brescia, penultima gara casalinga di Serie B, del 28 maggio 2000? Allo stadio ci sono 70mila spettatori e tanti cartelli alzati al cielo con il numero 9, il suo numero di maglia. Un ricordo e un’istantanea da brividi che conserva con particolare affetto.
Schwoch racconta anche di cose mai viste prima nella sua vita da calciatore con i tifosi azzurri disposti a fare di tutto per festeggiare il ritorno in Serie A. A Napoli diranno probabilmente “cose di ordinaria follia”. A tutto questo si aggiunge che i supporters azzurri gli dedicheranno la canzone “Napoli mia Napoli” eseguita dallo stesso Schwoch insieme al figlio Iacopo, nel documentario intitolato “Treno ad alta velocità”.
La fortuna, anche questa volta, non è dalla parte di Schwoch. Non basta una super stagione per poter finalmente disputare da protagonista quella Serie A tanto desiderata e sognata da piccolo. Non mancano le polemiche perché in estate viene ceduto al Torino per disputare l’ennesimo campionato di Serie B.
Lo definisce “inaspettato” l’ultimo giorno a Napoli. Un giorno triste perché con i tifosi e la città aveva legato tantissimo. Una cosa era certa; il suo cuore non lo aveva deluso e anche la sua amata moglie si era ricreduta:
“Il resto è storia, io mi sono trovato benissimo a Napoli e anche quella che all’epoca era mia moglie si innamorò della città. Quando fui ceduto al Torino mi disse: “Io non torno lassù”. Mi viene in mente il film Benvenuti al Sud, posso dirvi che a me è successo davvero”. Una città che probabilmente amerà per tutta la vita.
Novellino e Iachini: i riferimenti di Schwoch
Prima al Ravenna, poi al Venezia ed infine al Napoli. Walter Novellino è stato un allenatore centrale nella carriera del giocatore altoatesino. La parentesi in Campania è sicuramente quella più significativa perché oltre ad aver vinto il campionato sono stati artefici della risalita in Serie A di una squadra che sembrava essersi persa dopo la vittoria del tricolore nella stagione 1989/90. Con Novellino, Schwoch si è esaltato in termini di gol (54 in 140 partite), entrambi hanno avuto modo di costruirsi le rispettive fortune sportive grazie alle capacità dell’altro.
Nel cuore di Schwoch non può che esserci anche Giancarlo Camolese, allenatore che ha avuto al Torino; insieme hanno riportato i granata in Serie A. Una menzione a parte, come spesso gli capita di raccontare nelle interviste, è indubbiamente Beppe Iachini. Compagni nel Ravenna e nel Venezia, mentre a Vicenza lo ha avuto come allenatore.
Posizione, numero di maglia e skills di Schwoch
Stefan Schwoch era un attaccante un po’ atipico rispetto a quelli che in quegli anni calcavano i campi di Serie A, B e C. Alla SPAL fu utilizzato come un’ala, motivo per cui non rese secondo le aspettative. Ci fu un’interpretazione errata di quello che era il vero ruolo di Schwoch. Era un centravanti con un modo e uno stile tutto suo. Un giocatore che oggi ad ogni allenatore piacerebbe avere nel proprio undici iniziale, uno capace di buttarla dentro in ogni modo possibile.
Giocatore massiccio, con le spalle larghe, oggi verrebbe definito un atleta brevilineo. Era in possesso di una tecnica molto sopraffina e di un certo spessore. Preferiva l’intelligenza alla potenza. Altri punti di forza erano la protezione della palla e una corsa che potrebbe definirsi un po’ particolare. Faceva presagire di vedere un giocatore poco concentrato ma era solo apparenza. Schwoch era un goleador puro: i compagni con lui sapevano di poter partire già sull’1-0.
Il suo numero di maglia è stato il numero 9 perché ammirava un certo Gabriel Omar Batistuta. E forse è riuscito nell’ardua impresa di imitarlo: capelli lunghi, folti e retti da una fascetta oltre che ad avere lo stesso feeling con il gol che aveva l’argentino.