Usain Bolt ha demolito record e vinto a volontà, ma non solo: ha reso l'atletica spettacolo, divenendone una icona come ha fatto Roger Federer col tennis.
Il giamaicano si racconta tra pubblico e privato alla Gazzetta dello Sport, a cominciare dal suo quotidiano: "Avevamo pianificato Olympia, non i gemelli Thunder e Leo! Ci impegnano di più, ma abbiamo chi ci aiuta.. Io sono il solito, tranquillo e rilassato: a parte correre, faccio tutto lentamente, sono giamaicano. Mi dedico alla famiglia e, quando non mi impegnano gli sponsor o la fondazione benefica, gioco a domino con gli amici".
Quello con la Giamaica è legame viscerale per l'uomo più veloce del mondo: "Ricordo una delle mie prime trasferte, a Debrecen nel 2001. Quando entrai allo stadio il pubblico cantava in inglese una canzone di Bob Marley e io mi sono sentito felice di essere giamaicano. Adesso sono orgoglioso di essere affiancato a una leggenda come lui".
Uno dei suoi eredi in pista, colui che al momento ha al collo l'oro olimpico dei 100 metri, è Marcell Jacobs: "Non ci siamo conosciuti di persona, ma abbiamo scambiato qualche messaggio. L'ho avvertito che quando sei il numero 1, tutti vogliono batterti: è una bella persona e un velocista ben costruito, ma nessuno è al momento pronto a migliorare il mio record di 9" e 58 centesimi. Chiaro, bisogna credere in se stessi: il mio motto era 'Non pensare che esista l'impossibile". Il velocista numero 1 della stagione è Fred Kerley, per la costanza di rendimento tra Olimpiade e Mondiale.. E naturalmente Shelly-Ann Freser, una fuoriclasse assoluta che continua a sorprendere".
Se sia stato difficile rinunciare all'agonismo, lo rivelano i tentativi di giocare a pallone e la velata ammissione: "Ho sbagliato quando sono andato in Australia per stare lontano dalla pressione, dovevo rimanere a giocare in Europa al calcio. Al Mondiale tiferò Argentina. L'atletica? Nel 2017 si avvicinava Tokyo e ho domandato a Glenn Mills cosa ne pensasse: ha tagliato corto, del resto quando meditavo il ritiro mi disse – Pensaci bene, perché poi non ti allenerò più, né permetterò ad altri di farlo".