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Boxe, Oleksandr Usyk batte ai punti Tyson Fury ed è il nuovo campione mondiale undisputed dei pesi massimi

La sfida dovrà riunificare tutte le 5 principali sigle dei pesi massimi. Al peso Fury s'è mostrato tirato a lucido, con Usyk mai così "pesante"

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Adesso non v’è più dubbio alcuno: Oleksandr Usyk è legittimamente il re dei pesi massimi, capace di riunificare tutte le principali sigle grazie alla vittoria ottenuta ai punti nella sfida contro l’imbattuto Tyson Fury. Che a Riyadh cede con l’onore delle armi dopo 12 round durissimi, nei quali Usyk è stato vicinissimo a piazzare un clamoroso ko. nella nona ripresa, ma dopo il britannico ha saputo resistere stoicamente e generosamente fino all’ultimo. L’ucraino vince per split decision davanti alla folla delle grandi occasioni, con personaggi come Anthony Joshua, Cristiano Ronaldo e Andriy Schevchenko presenti a bordo ring, mantenendo l’imbattibilità (22 vittorie su altrettanti match) e conquistando l’unico titolo mancante, cioè quello WBC.

Fury mai così mobile (oltre che guascone…)

Lo spettacolo non è mancato né prima, né durante un match che ha mantenuto sostanzialmente le attese. Usyk s’è presentato per primo sul ring, vestito con un vistoso colbacco (e dire che alla Kingdom Arena la temperatura non deve essere stata tanto freschina…) e abito tradizionale ucraino, Fury è entrato a ballando e scherzando col pubblico con un completo verde scuro decisamente più spartano, dove spiccavano dei calzoncini più simili a un kilt.

Si capisce subito che i tifosi britannici sono in maggioranza: durante God Save The King cantano nitidamente mentre il loro beniamino passeggia sul ring (altro che british control), dopo che Usyk aveva intonato impassibile il proprio inno. Finiti i convenevoli di rito, finalmente a mezzanotte e 47 minuti il match prende il via. Con Usyk che rimane fedele al suo stile di boxare, col corpo che si sposta rapidamente e la prima scarica di colpi al corpo dell’avversario.

Ma Fury stavolta s’è preparato a dovere: è veloce, schiva i colpi, si sposta con sorprendente facilità. Sfugge ad ogni tentativo del rivale di provare a metterlo alle corde, e si concede persino il lusso di schernirlo con linguacce e braccia abbassate per invitarlo a colpirlo. Il solito guascone, ma (almeno sulle prime) a ragion veduta.

Usyk parte contratto e a metà match è indietro

Usyk predica pazienza, ma Fury nelle prime riprese è decisamente arrembante. Va all’attacco sfruttando le sue lunghissime leve (118 centimetri di apertura) e i colpi riesce a mandarli a bersaglio con regolarità. L’ucraino invece si sbatte tanto, ma raramente arriva al corpo o al volto dell’avversario: Tyson si muove con disinvoltura e a metà delle 12 riprese è avanti nel tabellino dei giudici, seppur di poco.

Si ciba delle ovazioni del pubblico ogni volta che lo cerca con lo sguardo, quasi lasciando intendere che i colpi di Usyk non fanno male. Nella sesta ripresa prova anche ad accelerare e l’ucraino accusa un po’ la situazione, subendo un montante che lo fa vacillare per qualche secondo. Vederlo cercare di legare è una rarità a queste latitudini: Fury sembra avere il match in mano, ma l’inerzia sta per cambiare a stretto giro di posta.

La nona ripresa, quella della svolta: la furia dell’ucraino

Perché Usyk, si sa, è uno al quale piace andare in crescendo. Sa perfettamente di essere indietro e allora comincia ad alzare il ritmo, e di conseguenza anche il livello dei colpi. La settima ripresa lascia intravedere i primi segnali di stanchezza di Fury, certo non abituato a lottare così strenuamente su una distanza tanto lunga.

L’ottava (dove si procura una ferita al volto, col sangue ben visibile anche sul corpo) è l’anticamera di quello che potrebbe accadere a breve, perché nella nona soltanto le corde e il cronometro salvano il britannico dalla capitolazione: con un minuto ancora da boxare, Usyk entra nella guardia del Gipsy King e poi gli rifila un montante sinistro di potenza inaudita, che arriva forte e chiaro a destinazione.

Inizia una sequenza drammatica: l’ucraino accelera e non si sogna minimamente di mollare l’osso, mentre Fury ha lo sguardo perso nel vuoto e comincia a ondeggiare paurosamente. Si appoggia alle corde, ha le ginocchia piegate, ma stoicamente rimane in piedi, anche perché arriva il gong a salvarlo. Ci fossero stati altri 20 secondi, nessuno lo avrebbe salvato da un conteggio che avrebbe anche potuto portare alla fine anticipata del match.

Gli ultimi colpi e il verdetto non unanime

Invece il break al proprio angolo serve recuperare energie e rimettersi in piedi, tanto che nei due round successivi Usyk, pur mantenendo l’iniziativa, non riesce a ripetersi né tantomeno a completare l’opera. Chiaro però che Fury è al gancio: nella dodicesima ripresa prova a lanciarsi coraggiosamente in avanti e riesce persino a colpire due volte al volto il rivale, che sente di avere la vittoria in pugno, ma che a sua volta comincia a sentire il peso della fatica.

Entrambi chiudono stremati, con Fury che bacia affettuosamente Usyk sul capo non appena sente suonare il gong che sancisce la fine del match. È evidente a tutti quale sarà il verdetto dei giudici, ma alla fine non c’è giudizio unanime: 115-112 Usyk, 114-113 Fury, 114-113 Usyk. Che si prende il mondo, la gloria e inneggia subito alla resistenza del popolo ucraino, mentre Fury già chiede la rivincita, urlando ai quattro venti che a suo modo di vedere il vero vincitore di serata era lui. Giusto per mettere più benzina sul fuoco in vista di un rematch che non dovrebbe tardare a venire.

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