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Boxe, Usyk avverte Fury: "Il 17 febbraio non è in discussione se vinco, solo quanto impiegherò a farlo"

A cinquanta giorni dalla sfida che riunificherà tutte le sigle dei pesi massimi, Usyk avverte Fury: "Lui mi chiama "coniglio", ma non sa che così mi da ancora più forza".

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Tra cinquanta giorni gli occhi di tutto il mondo saranno rivolti a Riyadh, teatro della sfida che riunificherà tutte le sigle dei pesi massimi. Tyson Fury e Oleksandr Usyk sono già al lavoro da tempo per preparare l’incontro che tutti aspettano, e non perdono occasione per provare a punzecchiarsi a distanza, ben consapevoli anche del fatto che la posta in gioco non è mai stata così alta. Un match atteso da anni, che mette di fronte due pugili imbattuti (34 vittorie e un no contest Fury, 21 vittorie Usyk) e che promette di riportare il pugilato almeno per una notte al centro del villaggio, come accadeva nel secolo scorso.

La teoria del “coniglio bianco”

Entrambi i pugili sanno usare bene le parole, e Usyk non ha perso occasione per ribadirlo al mondo intero. Tanto che in un’intervista concessa a Sky Sports ha trovato un modo piuttosto originale per provocare a distanza il prossimo rivale. Risposte in parte da vero guascone, in parte indicative della grande autostima del “gatto di Sinferopoli”, deciso a combattere tanto per il suo popolo, quanto per se stesso. “Tutti mi chiedono come andrà il match. Io penso che la questione sia molto semplice: non si parla di “se”, ma piuttosto di “quando” vincerò l’incontro. Alla fine per me è un problema relativo.

Mi arrabbio però quando Fury mi apostrofa con la parola “coniglio”, pensando che così facendo mi offende. Non sa forse Fury che io ascolto Eminem, che sua madre chiamava il “coniglio bianco”. Ecco, io potrei essere qualcosa del genere. Una volta Tony Bellew (ex pugile britannico, oggi attore) mi disse che in questo mondo della boxe io ero “una bestia”, ma in realtà gli risposi di sentirmi solo un “coniglio bianco”.

Le certezze di Usyk: “Le brave persone arrivano in vetta”

Usyk, 37 anni da compiere il prossimo 17 gennaio, era a bordo ring lo scorso 28 ottobre quando sempre a Riyadh il suo prossimo rivale sconfisse a fatica, e con verdetto assai benevolo, il camerunese Francis Ngannou, pugile “prestato” dalle arti marziali. Quella sera le ferite riportate da Fury convinsero il suo staff a chiedere di posticipare il match già previsto contro Usyk, e programmato per il 23 dicembre. Richiesta accolta, ma che di fatto non ha spostato (se non in via temporale) gli obiettivi di Usyk, che sente di avere il vento dalla sua.

“Vincerò questo match, ne sono certo. Ho la netta sensazione che batterò Fury e già mi vedo con la mano alzata a festeggiare e celebrare l’ennesima vittoria della mia carriera. Da bambino mio padre mi diceva sempre che se da grande fossi diventato una brava persona, allora avrei potuto toccare la cima del mondo. Bene, io so di essere una brava persona, e pertanto arriverò a toccare la vetta”.

Joshua alla finestra. Ma prima c’è Dubois

La sfida nella quale per la prima volta nel nuovo millennio verranno riunite le sigle WBO, WBA e IBF (detenute da Usyk) e quella WBC, in possesso di Fury, promette di essere molto più di un semplice evento sportivo. E ad essa guarderà con attenzione molti dei candidati al ruolo di campioni del mondo dei massimi. Tra questi c’è Anthony Joshua, che lo scorso 23 dicembre ha battuto agevolmente in 5 riprese Otto Wallin e che non aspetta altro che una nuova chance per provare a rimediare ai due ko. nei quali è incappato contro Usyk. Prima però il britannico, olimpionico a Londra 2012, dovrà vedersela con ogni probabilità con Daniel Dubois, che sempre il 23 dicembre nella stessa riunione in cui combatteva Joshua ha sconfitto l’imbattuto Jarrell Miller per ko. tecnico alla 10esima ripresa.

Agit Kabayel, la mina vagante tedesca (di origini turche)

Chissà se poi, presto o tardi che sarà, non ci possa scappare una chance mondiale anche per Agit Kabayel, 31 anni, tedesco ma di origini turche, che ha letteralmente demolito l’imbattuto colosso russo Arslanbek Makhmudov, dominato in soli 4 round. Kabayel è il campione europeo dei massimi e negli ultimi tempi ha cominciato a far parlare di sé anche oltre oceano. Ha vinto tutti e 24 i match disputati in carriera, di cui 16 prima del limite, e non ha mai nascosto la volontà di provare a combattere con i migliori, pronto a giocarsi tutte le carte per dimostrare il proprio valore. Anche lui, insomma, il 17 febbraio guarderà a quel che accadrà a Riyadh, sognando un giorno di poter essere anche lui della partita.

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