Il caschetto sempre in ordine, il sorriso sbarazzino, il dribbling letale sulla fascia: Luciano Marangon è stato il classico esempio di calciatore genio e sregolatezza. E’ nato calcisticamente nella Juventus, è esploso nel Napoli, ha giocato con Inter, Verona e Roma ma ha vinto poco (lo scudetto con gli scaligeri) per quelle che erano le sue potenzialità. Rimpianti? Nessuno. Ha sempre amato la bella vita, le tante donne ed anche ora che non gioca più è felice. Dopo aver fatto il procuratore sportivo, ha scritto un libro (in cui si definisce «un nomade nudo che danza sul cuore del mondo nell’ambiente patinato del calcio, attorniato da una moltitudine di donne e divertimenti») e oggi vive a Ibiza dove gestisce un ristorante che ha, tra gli altri, cliente abituale Keke Rosberg, l’ex pilota di Formula 1, papà del campione del mondo Nico. Vanta anche un’amicizia con David Gilmour il leader dei Pink Floyd, suo ex vicino di casa in una vacanza a Lindos, sull’isola di Rodi. A Vanni Zagnoli ammise la sua grande passione, le donne. “Ne ho avute forse un migliaio, ma ne ho amate davvero un paio: una è milanese, l’altra è la mamma di mio figlio Diego. Come dice Vasco Rossi, ringraziamo Dio che ha inventato la femmina…Dopo aver giocato a calcio ho fatto la cosa che più mi piaceva quando ero bambino: viaggiare. Ad oggi ho visitato quasi 150 paesi nel mondo”.
CHE CARATTERE – Ma partiamo dall’inizio. A 18 anni fu cacciato dalla Juventus perché rispose sgarbatamente a Giampiero Boniperti che intendeva girarlo in prestito al Catanzaro, disse di no a Giusy Farina e al Milan perché voleva giocare in serie A, smise di giocare a soli 31 anni per un litigio con il presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini che non acconsentiva a liberarlo per il Tottenham. In mezzo di tutto e di più, come lo scudetto sfiorato col Napoli di Krol nell’81 o il periodo in giallorosso. In un’intervista a Libero raccontò un aneddoto che lo etichetta per quello che è sempre stato, dove ricordava la battuta di Niels Liedholm, suo allenatore alla Roma: “il Barone alla ripresa degli allenamenti, mi chiedeva: “Marangooon, messoooooo ghiacciooo?”. Rispondevo: “Sì, mister, e la caviglia va meglio dopo la botta presa domenica”. E lui, ridendo: “Nooo, Marangooon. In champaaaagne, messo ghiaccio in champaaaaaagne?” Sì, è vero, mi sono goduto la vita, senza però pregiudicare la carriera da calciatore. Nel periodo della Roma mi fotografavano spesso con qualche bella ragazza, ma non ho mai saltato un allenamento a Trigoria e le mie presenze in campo lo dimostrano”.
QUANTI NO – Dopo il Verona dei miracoli andò all’Inter e a Panorama ricordò: “Ho avuto il piacere di giocare con Spillo e Kalle, ma non li avrei scambiati con Galderisi e Elkjær, perfetti per il gioco di Bagnoli. Dico la verità, lasciai Verona solo per la proposta economica di Pellegrini, tre volte il mio stipendio fino ad allora. Il mio rendimento comunque fu condizionato da un infortunio e una successiva ricaduta per avermi fatto accorciare i tempi di recupero”. La stagione successiva arriva Trapattoni ma Marangon disputa solo 3 partite. “Recuperai sul finale di stagione per un altro brutto infortunio. Capii però che ero fuori dal progetto Inter, non venivo più considerato dalla società. Così mi misi a cercare una nuova squadra all’estero. Trovai il Tottenham con cui feci alcuni allenamenti a Londra. Loro mi volevano, ma Pellegrini chiedeva troppi soldi. Allora dissi al presidente che se non acconsentiva al mio trasferimento avrei smesso di giocare. Non ci credeva nessuno in soscietà. Ma alla fine mi ritirai davvero”.