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Chi è Suarez, il fuoriclasse che può inguaiare la Juve

Morsi agli avversari, insulti razzisti e la fama di tuffatore: ma anche tanti gol

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Ha segnato valanghe di gol, spesso meravigliosi, e vinto titoli in quattro paesi diversi, ma quando Luis Suarez chiuderà la sua carriera probabilmente di lui si ricorderà soprattutto la sua aura da “bad boy” del calcio internazionale, costruita negli anni grazie a scivoloni e comportamenti sgradevoli, assai lontani da quelli suggeriti dall’etica sportiva. Il caso dell’esame fittizio all’Università per Stranieri di Perugia è solo l’ultimo episodio negativo per un campione dal talento fuori dal comune, ma anche segnato da una sorta di maledizione che l’ha portato spesso a essere additato come un esempio negativo. 

La leggenda della testata all’arbitro

Accade sin dai tempi di Salto – città che ha dato i natali anche all’altra stella della Celeste del 2000, Edinson Cavani – dove muove i primi passi nella Deportivo Artigas, la squadra allenata dallo zio paterno. Suarez passa poi all’Urreta di Montevideo, la “squadra dei ricchi”, in cui la madre lo porta per per allontanarlo dalla gente dei quartieri malfamati in cui cresce: qui lo scovano i talent scout del Nacional, squadra nelle cui giovanili segna gol a valanga ma che scopre anche “l’altro Luis”, il gemello cattivo. Leggenda vuole che a 15 anni Suarez mandi all’ospedale un arbitro con una testata durante una partita col Danubio: è il primo dei suoi comportamenti aggressivi, altri ne seguiranno poi. Col Nacional debutta in prima divisione e vince il campionato uruguaiano segnando in entrambe le finali, poi vola in Olanda, al Groningen e l’Europa si accorge del suo talento. 

Il primo morso

A lui, però, importa soprattutto rivedere Sofia Balbi, la sua fidanzatina di Montevideo, trasferitasi a Barcellona con la famiglia. Appena approdato in Olanda, Suarez vola in Catalogna a riprendersela: la sposerà e ad Amsterdam avrà una figlia, Delfina. In Eredivisie esplode: 15 gol col Groningen, poi 111 in tre stagioni e mezzo con l’Ajax, con cui vince la Coppa d’Olanda e il titolo di capocannoniere. In Olanda, però, si becca anche una squalifica di 7 giornate per il morso rifilato a Bakkal, centrocampista del PSV, durante una partita di coppa. 

La Premier: i gol e la fama di cattivo 

A gennaio 2011 lo compra il Liverpool e ad Anfield Suarez diventa sempre più grande. Merito di un’evoluzione in campo, che lo porta a giocare più da seconda punta, permettendogli di sfruttare al meglio la sua tecnica: nella stagione 2013/14 segna 31 gol (conquistando titolo di capocannoniere e Scarpa d’Oro) e serve 17 assist in Premier League, trasformandosi in un vero top player. In Inghilterra, però, Suarez sconta anche 8 giornate di squalifica nel campionato 2011/12 per un epiteto razzista rivolto a Patrice Evra: nel loro successivo incontro, l’uruguaiano si rifiuterà di stringere la mano al terzino francese. Due episodi che indignano il pubblico britannico e accrescono la fama di “bad boy” di Suarez, che dal canto suo non fa nulla per smentirla. Per gli inglesi un razzista è peggio solo di un baro e Suarez è sia l’uno che l’altro: nella stagione 2012/13, prima di un derby con l’Everton, il tecnico dei Toffees Moyes lo accusa di essere un tuffatore. Di risposta, durante la partita Suarez finge un tuffo davanti alla panchina di Moyes per esultare dopo il gol dei Reds. E sempre nel 2013, durante Liverpool-Chelsea, morde ancora. Stavolta è il braccio del difensore dei Blues Ivanovic a portare i segni dei denti di Suarez, che viene sanzionato con 10 giornate di squalifica. 

Le delusioni con la Celeste

Nell’estate 2014 l’uruguaiano ci ricasca, stavolta su un palcoscenico ancora più importante: i Mondiali in Brasile. Con lui e Cavani l’Uruguay sogna un nuovo “Maracanazo”, la vittoria del titolo in casa dei rivali della Seleçao, proprio come avvenne nel 1950. Invece Suarez morde Chiellini nella partita contro l’Italia e il suo Mondiale finisce troppo presto: 9 gare di stop in nazionale e inibizione per 4 mesi col club. Quattro anni prima, invece, Suarez s’era fatto espellere nei quarti di finale contro il Ghana per un fallo di mano sulla linea di porta che aveva tentato di attribuire al compagno di squadra Fucile, senza riuscire a ingannare l’arbitro. Gesti che per i tifosi della Celeste non compensano la Copa America vinta nel 2011 in Argentina. 

L’exploit con il Barça

Dopo i Mondiali brasiliani, con la squalifica sulle spalle, l’attaccante lascia il Liverpool dopo una Coppa di Lega, 82 gol segnati in maglia Reds e un campionato perso in maniera drammatica in favore del Manchester City, e si trasferisce al Barcellona. Con i catalani vince tutto: 4 volte la Liga e la Copa del Rey, la Champions League 2015, la SuperCoppa Europea nello stesso anno, la Scarpa d’Oro (di nuovo) nel 2016, stagione che conclude con l’esorbitante score di 40 gol in campionato e 59 in ogni competizione. Insieme a Messi è devastante. Eppure il suo arrivo non era stato ben visto dai tifosi culè, proprio a causa della sua cattiva fama. Con i catalani segna 198 gol in 6 stagioni, poi arriva Koeman e indica il suo addio come fondamentale per costruire un nuovo Barça. Seguono la corte della Juventus, il giallo di Perugia e l’approdo all’Atletico Madrid, a 33 anni. Con i Colchoneros riprende a segnare, confermando che educazione e fair play non saranno i suoi punti forti, ma anche che Suarez in campo sa come fare la differenza.  

Chi è Suarez, il fuoriclasse che può inguaiare la Juve Fonte: Ansa

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