Marco Frigo, 23 anni da Bassano del Grappa, è l’uomo nuovo del ciclismo italiano. Con la maglia della Israel Premier Tech, ha stupito tutti sulle strade del Giro d’Italia. Più volte protagonista, si sente pronto per ben figurare neri grandi giri a cui parteciperà. Si schermisce: “Rivelazione al Giro mi sembra troppo. Non sono mai stato un campione o un talento cristallino, ma ho sempre lavorato bene e sono felice di essere andato forte”. La corsa rosa gli ha dato la carica: “Essere andato così e avere avuto queste sensazioni mi ha dato una consapevolezza in più. So che posso fare belle cose, ma non so ancora dove posso arrivare. È un bel punto di partenza che mi dà una certa tranquillità e serenità”.
E’ stato il primo grande Giro per Frigo: “È stato il mese più bello della mia vita. Sin dall’inizio sono state emozioni forti. Essere al via della Corsa Rosa era il sogno sin da quando ero bambino. Devo ringraziare tanto la squadra che ha creato un ambiente molto sereno e ci ha permesso di essere tranquilli per tutte e tre le settimane. Eravamo una formazione giovane e abbiamo corso senza troppe aspettative e pressioni”. Sa di dove migliorare ancora: “Ci sono ancora tante cose da migliorare, in primis in discesa. Ho fatto buone cose, sono migliorato, ma c’è ancora da fare un piccolo step. E poi migliorare sia la potenza che la resistenza”.
In salita? “Faccio fatica a considerarmi uno scalatore puro, bisognerà lavorare in futuro e capire se servirà perdere qualche kg in più. Questo Giro è andato bene così, avevo buone sensazioni. Penso sia un processo che viene con il tempo e con i nuovi obiettivi che mi porrò insieme alla squadra”. Le corse a tappe più che le classiche saranno forse il suo futuro: “Sì. In cuor mio c’è questa speranza. Vorrei specializzarmi nelle corse a tappe, poi vedremo se per puntare alla generale o alla vittoria di tappa. Questo lo dirà il tempo, passo dopo passo. Io voglio correre i Grandi Giri, queste gare secondo me si addicono alle mie caratteristiche di atleta e recupero e poi è quello che mi piace fare: lo sforzo delle tre settimane, l’aspetto mentale e il recupero per un mese è quello che mi dà gusto a differenza di una gara di un giorno che mi piace molto meno sia come tipo di sforzo che come come approccio mentale”.
Prima di approdare tra i pro, Frigo ha disputato quattro anni tra i dilettanti: “Sono state stagioni importantissime. Mi hanno dato una maturità fisica che non avevo e che secondo me al giorno d’oggi viene sottovalutata. Se io fossi passato professionista nel 2020 avrei avuto la metà della maturità fisica che ho adesso. È stata un’esperienza di calendario, di gare fatte, di gestione fondamentale. Il passaggio al professionismo è stato una transizione molto naturale, una continuazione del processo di crescita. Chiaramente nel professionismo gli allenamenti sono più intensi e sto più giorni lontano da casa, ma per il resto non ho notato grandi differenze”.
I prossimi impegni: “La mia volontà è quella di portare avanti la condizione del Giro fino ai Campionati italiani e sono curioso di vedere come sarà. Poi staccherò un po’ per preparare la seconda parte di stagione che preparerò in altura (credo di andare sulle Dolomiti che è il mio posto del cuore) e poi vedremo. La squadra mi proporrà qualche breve corsa a tappe e mi piacerebbe fare delle belle prestazioni nelle gare italiane di fine settembre/inizio ottobre”.
Il sogno nel cassetto è … “Sogno di vincere la maglia rosa al Giro, però già vincere una tappa è un misto tra sogno e obiettivo. Quest’ultimo è un sogno più concreto”.