Dopo le ultime ottime prestazioni su strada, Ganna si è scatenato al Corriere della Sera: “Ah, allora non sono più solo un pistard? Mi fa piacere! Fino all’altro giorno sembrava che io fossi bravo solo al chiuso, che non dovessi partire per le classiche perché ero una chiavica. La verità è che è tutto un evolversi. Cambiano i percorsi, le biciclette, gli avversari. Non mi evolvo solo io: si evolve tutto il gruppo. Ogni anno si va più veloce, si fanno watt più alti e numeri più grandi”.
Sulle critiche, Ganna è categorico: “Se sono costruttive, quelle le accetto, non se sono mazzate gratuite. Io non ho nulla da nascondere: mi preparo per me stesso, la bandiera, l’orgoglio, il godimento del tifoso. Non scatto sul Poggio per andare dietro a Van der Poel e mi criticano? Okay, va bene: sono tutti direttori sportivi dal divano di casa. Una volta me la prendevo, oggi me ne frego. Il sangue amaro ho smesso di farmelo. Se qualcuno vuole criticare, lo faccia. Sprecherà parole al vento”.
Infine, Ganna conclude parlando della passione per la bici: “Non sono masochista, sennò avrei fatto il picchiasassi. È peggio lavorare in miniera: il ciclismo mi restituisce molto di ciò che gli do. Tra le varie forme di ciclismo che pratico, dalla pista alla strada, per me è molto più pericoloso e stressante un arrivo in volata dove rischio di cadere che una salita massacrante fatta a ritmo forte. Il dolore più insopportabile è quello negli ultimi 15’ del record dell’Ora, quando mi sono spinto oltre il limite. Non mi ero mai visto scendere dalla bici con le rughe in faccia! Alla Roubaix, sui sassi del Carrefour de l’Arbre, io spingevo ma i mostri andavano via… Sono sforzi diversi. Sul pavé ho contro il fatto di non venire dal ciclocross, quindi sullo sconnesso faccio più fatica di Van der Poel e Van Aert a fidarmi del mezzo”.