Il direttore del Giro d’Italia, Mauro Vegni, ha parlato a INBICI di diversi argomenti inerenti al ciclismo.
Sulla morte di Mader: “Scendere a quasi 100 all’ora, c’era una discesa che poteva permettere quella velocità. Purtroppo questo è un mestiere pericoloso, siamo in mezzo alla strada e diventa imprevisto anche quello che potrebbe sembrare normalità. Quindi purtroppo oggi siamo ancora affranti per un giovane ragazzo. E’ una cosa imprevedibile, una cosa che uno spesso fa, girarsi per vedere chi si è lasciato indietro. Però proprio perché fare ciclismo su strada è una situazione diversa da altre competizioni, è chiaro che ha un’alea di rischio importante“.
Fare il ciclismo nei circuiti? “Se qualcuno mi firma oggi che non si fa più male nessuno lo facciamo, perché questo non è ciclismo. A fare qualsiasi tipo di circuito ci può essere qualsiasi tipo di incognita sulla tappa che può creare l’imponderabile. Chiaramente oggi con le velocità sempre più elevate che si toccano, per i mezzi che hanno a disposizione i ciclisti e l’arredo urbano che diventa un pericolo costante, è chiaro che il ciclismo è uno degli sport più pericolosi. Ricordiamoci sempre che, 80 o 100, stiamo correndo su una gomma di 20 millimetri“.
Un pensiero sul Giro Next Gen: “Qualche volta è giusto mollare il freno, perché non è facendo una volata per vincere o per arrivare quinti, sesti, settimi, che cambiano le cose. Pensare sempre a quella che è la sicurezza. Quando si va su rotonde, soprattutto nei Grandi Giri, all’inizio, non c’è mai la voglia di frenare. Hanno tutti voglia di mettersi in mostra, ma i Giri sono lunghi, c’è tutto il tempo, senza rischiare alla prima tappa“.