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Daniel Fonseca: dall’Uruguay con furore

Daniel Fonseca è stato un attaccante di culto della Serie A degli anni Novanta, e uno dei fautori della nuova ondata uruguayana nel calcio italiano.

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Claudio Cafarelli

Claudio Cafarelli

Giornalista

Classe 1985: SEO, copywriter e content manager. Laurea in Economia, giornalista pubblicista.

Daniel Fonseca: dall’Uruguay con furore Fonte: Imago Images

L’Uruguay è una repubblica fondata sul calcio. Parliamo di un paese di appena 176.000 chilometri quadrati e 3,5 milioni di abitanti, che nella sua storia ha vinto due Mondiali, altrettanti ori olimpici nel calcio, e quindici titoli continentali. E che è sempre stato legato alla Serie A, un torneo che ha spesso sottratto al paese sudamericano alcuni dei suoi migliori talenti, fin dagli anni Venti.

Daniel Fonseca è solo uno di questi ragazzi d’oro del futbol uruguagio – quello del mito della garra charrua tanto caro a Daniele Adani – che è stato anche qualcosa di più di un “semplice” prolifico bomber. Infatti, sia per quanto fatto in campo sia per quanto fatto dopo, in qualità di procuratore, Fonseca ha contribuito a rilanciare la presenza uruguayana in Serie A.

Daniel Fonseca calciatore: il ritorno dell’Uruguay in Italia

La chiusura delle frontiere della Serie A, tra il 1966 e il 1980, aveva chiaramente tenuto lontano dal campionato italiano tanti campioni stranieri che altrimenti avrebbero potuto calcare i campi del Bel Paese. Nel frattempo, l’Uruguay viveva un periodo di crisi nera: dopo il quarto posto ai Mondiali del 1970, nel ‘74 era uscito al primo turno, e aveva mancato la qualificazione alle due edizioni successive. Così, alla riapertura delle frontiere in Italia, gli uruguayani non furono tra i primi a rientrare nel nostro campionato.

Le cose cambiarono proprio nel corso di quel decennio, con la Celeste che tornò a vincere la Copa America nel 1983 e nel 1987, e a raggiungere gli ottavi di finale dei Mondiali nel 1986. Una nuova generazione d’oro, su cui a scommettere prima di tutti furono la Lazio e il Genoa. Nel 1988, i biancocelesti presero dal Real Zaragoza la punta Ruben Sosa, mentre un anno dopo i liguri si assicurarono un terzetto composto da Ruben Paz, José Perdomo e Carlo Alberto ‘Pato’ Aguilera.

Ma in realtà fu il Cagliari che cambiò decisamente la tendenza. Nel 1988, con i sardi in Serie C1, era arrivato il giovane allenatore Claudio Ranieri, che aveva inanellato due promozioni consecutive. Al ritorno in Serie A, il presidente Antonio Orrù aveva deciso di imitare quanto fatto dal Genoa l’anno prima e acquistare ben tre uruguayani in un colpo solo.

L’obiettivo principale era in realtà il genio Enzo Francescoli del Marsiglia, il miglior calciatore charrua dell’epoca, ma per facilitarne l’ambientamento gli vennero affiancati due connazionali: il mediano José Oscar Herrera dal Figueres, e la punta Daniel Fonseca dal Nacional.

Nato a Montevideo il 13 settembre 1969, Daniel Fonseca Garis era entrato giovanissimo nel Nacional, arrivando a esordire in prima squadra all’età di 19 anni, grazie all’allenatore Roberto Fleitas. In breve si segnalò come una buona seconda punta, venendo soprannominato dai tifosi ‘El Castor’, per i suoi dentoni. Aveva così fatto parte, anche se in un ruolo da comprimario, del mitico Nacional che nel 1988 aveva conquistato prima la Copa Libertadores e poi addirittura la Coppa Intercontinentale contro il PSV Eindhoven. L’anno seguente, con un ruolo un po’ più rilevante, Daniel Fonseca aveva vinto con il club della sua città una Recopa Sudamericana.

Quando arrivò al Cagliari, non era certo una di quelle promesse che fan girare la testa agli osservatori, ma aveva 21 anni e in una neopromossa poteva dire la sua. La squadra aveva un’ossatura solida, con un buon portiere come Mario Ielpo e un giovane difensore di talento come Gianluca Festa. Ranieri in panchina sa il fatto suo, e riesce a tenere unita la squadra anche dopo un girone d’andata terribile, conducendola fino a un’incredibile salvezza. E se Francescoli scalda i cuori con le sue giocate, gli 8 gol di Daniel Fonseca ne fanno il miglior realizzatore dei sardi.

La stagione successiva, Ranieri se ne va al Napoli e al suo posto viene chiamato un po’ a sorpresa Massimo Giacomini. L’inizio è ancora una volta sottotono, ma il nuovo allenatore non gode della fiducia della dirigenza, e così viene presto cambiato con Carlo Mazzone, che salva la stagione e ottiene un buon 13° posto. Fonseca è, ancora una volta, l’uomo in più del Cagliari in attacco, concludendo con 9 reti in Serie A, che confermano le sue interessanti doti realizzative.

Daniel Fonseca, Demetrio Albertini, Christian Panucci Fonte: Imago Images

Daniel Fonseca al Napoli: gli anni dell’affermazione

Per l’attaccante uruguayano si aprirono le porte di un top club: a scommettere sul suo salto di qualità, ora, era addirittura il Napoli, che stanziò 15 milioni di lire per il suo cartellino. Claudio Ranieri ci mise lo zampino, ovviamente, ma i partenopei, quarti nell’ultimo campionato, stavano operando un importante rinnovamento in attacco. Careca aveva 32 anni, Silenzi e Padovano avevano fallito, e il presidente Ferlaino voleva un partner d’attacco di valore per Gianfranco Zola.

L’annata, in realtà, non rispetterà i sogni della società campana, con Ranieri esonerato dopo dieci giornate e rimpiazzato da Ottavio Bianchi: il Napoli finì 11° e abbandonò la Coppa UEFA addirittura ai sedicesimi di finale. Nonostante questo, Daniel Fonseca segnò 24 gol in stagione (di cui 16 in Serie A) e a 24 anni visse un’annata magica, destinata a restare quella più convincente della sua intera carriera in termini realizzativi. Ma in Campania stava iniziando una lenta smobilitazione: quella della fine dell’era Ferlaino.

Il patron lasciò la presidenza a Ellenio Gallo, così come Ottavio Bianchi lasciò la panchina per diventare general manager del club, e come prima mossa scelse come suo erede il 45enne tecnico dell’Atalanta Marcello Lippi. Poi se ne andarono anche Galli, Careca, Crippa, Mauro e Zola: il tecnico toscano si ritrovò con il solo Daniel Fonseca come stella della squadra, e tanti giovani da valorizzare al meglio. Pareva un’impresa impossibile, e invece divenne realtà.

Lippi diede fiducia a Giuseppe Taglialatela in porta, affiancò a Ferrara il 20enne Fabio Cannavaro, e affidò il centrocampo a un altro ragazzo classe 1973, Fabio Pecchia. In attacco, Paolo Di Canio – attaccante energico ma poco prolifico, andò a fare da spalla a Daniel Fonseca. Il Napoli sorprese tutti, chiudendo al sesto posto, e l’uruguayano confermò – con le sue 15 reti stagionali – di essere tra i migliori realizzatori della Serie A. A quel punto il Napoli, che già aveva qualche problema economico, decise di capitalizzare il suo rendimento, e di accettare una ricca offerta per lui: dalla Roma di Franco Sensi arrivarono 17,5 milioni più il cartellino di Benito Carbone, e Ferlaino non poté che dire di sì.

Daniel Fonseca alla Roma: alla ricerca del gol perduto

Una vecchia conoscenza in panchina: Carlo Mazzone, allenatore giallorosso, era già stato protagonista della ripresa del Cagliari nell’annata 1991/1992, e apprezzava sicuramente Daniel Fonseca. Una volta terminato l’acquisto dell’attaccante uruguayano, Sensi sentenziò: “Ho dato a Mazzone una Ferrari”. In realtà, se Fonseca era una Ferrari, il resto della Roma assomigliava di più a un’utilitaria.

I giocatori di valore c’erano (Aldair, Amedeo Carboni, l’esperienza di Giannini, Francesco Moriero), e soprattutto in attacco la coppia composta da Fonseca e Abel Balbo prometteva grandi cose, soprattutto con il baby fenomeno Francesco Totti in appoggio. Ma il livello medio non era così alto da puntare alle primissime posizioni della classifica. Mazzone praticava anche un calcio più parsimonioso, in cui l’uruguayano era meno centrale rispetto a Napoli. Daniel Fonseca, alla Roma, nonostante i 10 gol stagionali era più una punta d’appoggio per Balbo, che infatti chiuse a quota 22 centri.

I giallorossi chiusero al quinto posto, e lo stesso fecero, con una rosa poco differente, anche nella stagione successiva, in cui Fonseca concluse ancora 10 volte alle spalle dei portieri avversari. Nell’estate del 1996, Sensi tentò di dare una svolta, e assunse in panchina il maestro argentino Carlos Bianchi, vincitore della Coppa Intercontinentale del 1994 con il Velez Sarsfield. La stagione si rivela però fallimentare, soprattutto per i risultati in coppa, e a febbraio la panchina passa al veterano Niels Liedholm, che conduce la Roma fino a un modesto 12° posto. Daniel Fonseca, complice anche qualche problema fisico, si ferma a 8 gol.

Daniel Fonseca alla Juventus: il richiamo di Lippi

L’arrivo sulla panchina giallorossa di Zdenek Zeman andò di pari passo con la necessità di valorizzare al meglio il talento offensivo di Totti, e subito diventò chiaro che tra Fonseca e Balbo sarebbe stato l’uruguayano a essere sacrificato. In suo soccorso arrivaò un vecchio estimatore, Marcello Lippi, ora allenatore della Juventus, con cui nell’ultima stagione aveva vinto tutto. I bianconeri volevano cambiare un po’ di cose in attacco, così cedettero sia Vieri che Boksic, e in cambio presero sia Fonseca che il promettente centravanti Filippo Inzaghi.

L’attaccante di Montevideo, chiaramente, non poteva ambire alla titolarità, dato il gioiellino Del Piero, ma a 28 anni poteva essere la prima riserva della coppia offensiva, capace di giostrare sia come prima che come seconda punta. Il suo apporto, da subentrante, fu molto convincente, come dimostrano le 8 reti messe a segno, e nella stagione successiva Daniel Fonseca ebbe addirittura più spazio, portandosi a 10 gol stagionali. Ma fu anche un’annata complicata, in cui il rapporto tra Lippi e la Juventus si spezzò, e in panchina subentrò Carlo Ancelotti.

Ma nell’annata 1999/2000 iniziarono i problemi. Non tanto con Ancelotti, ma con il proprio fisico: a 30 anni, Fonseca passò attraverso una serie infinita d’infortuni, e non vedette mai il campo. Nel frattempo, al suo posto, il serbo Darko Kovacevic totalizzò 20 reti, rivelandosi il perfetto completamento del tridente che già vedeva Del Piero e Inzaghi. L’anno seguente la storia si ripeté immutata, aggravata dall’arrivo di un altro attaccante di talento, David Trezeguet: Daniel Fonseca giocò appena due partite, quindi decise di rescindere il suo contratto. Lasciò la Juventus consapevole di aver dato, a causa degli infortuni, meno di quanto avrebbe potuto: se non altro, aveva finalmente vinto qualche trofeo, cioè un campionato, una Supercoppa italiana e una Coppa Intertoto.

Fonte: Imago Images

Daniel Fonseca con la maglia della Juventus

Gli ultimi anni di Daniel Fonseca da calciatore

A quel punto lui non lo sapeva ancora, ma la sua carriera da calciatore era praticamente conclusa. Arrivato alla Juventus per 9 miliardi di lire, arrivò al River Plate a titolo gratuito, ma con Manuel Pellegrini non scattò la scintilla, e dopo soli due mesi l’attaccante uruguayano tornò a casa sua, al Nacional Montevideo.

Di nuovo in Uruguay, seppur da comprimario, nel 2002 fu parte della squadra che, allenata da Daniel Carreño vinse lo scudetto, il primo in patria di Fonseca. Nella stagione successiva decise, inaspettatamente a 33 anni, di tornare in Serie A per aiutare a salvarsi il Como di Enrico Preziosi, in cui già giocavano sue vecchie conoscenze come Nicola Amoruso e Fabio Pecchia. La stagione dei lacustri, però, fu disastrosa, e Fonseca scese in campo in appena due occasioni. Dopo la retrocessione, decise che era meglio ritirarsi.

Il futuro Daniel Fonseca procuratore

Ma la sua storia con il calcio non era finita, anzi una delle parti più interessanti stava appena per iniziare. Infatti, Daniel Fonseca oggi, a 51 anni, è uno stimato procuratore di giocatori, e negli ultimi tempi ha portato avanti quella che magari inconsciamente, era stata un po’ anche la sua missione da giocatore: il riscatto dei calciatori uruguayani in Serie A.

La sua carriera da calciatore purtroppo è stata troncata dagli infortuni proprio appena prima di quello che poteva essere il suo apice, ma in giacca e cravatta ha dimostrato di saperci fare ugualmente. È stato lui a portare in Italia Fernando Muslera, portiere della Lazio tra il 2007 e il 2011, e Martin Caceres, che ha giocato con Juventus, Lazio, Verona, Fiorentina e Cagliari. Non solo, nei primi anni di carriera ha anche assistito Luis Suarez, che si è poi affermato come uno dei più grandi calciatori della storia dell’Uruguay.

Non pochi talenti della Celeste più recente – quella che, agli ordini di Oscar Washington Tabarez, nel 2010 è arrivata quarta ai Mondiali e nel 2011 è tornata a vincere la Copa America – sono passati dalle sue mani. Come procuratore, Daniel Fonseca si destreggia bene tanto quanto in campo, anche se il suo parco giocatori non è molto ampio. Oggi, il suo assistito più interessante è senza dubbio il talentuosissimo Giorgian De Arrascaeta, 28enne trequartista del Flamengo che finora ha sempre resistito alla chiamata dell’Europa. Ha passaporto italiano, però: chissà che Daniel Fonseca non riesca a portare anche lui in Serie A.

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