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Emiliano Mondonico e quel retroscena sui Rolling Stones

Aneddoto curioso sul tecnico di Rivolta d'Adda, scomparso a 71 anni.

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Emiliano Mondonico e quel retroscena sui Rolling Stones Fonte: ANSA

Un aneddoto particolare descrive efficacemente la personalità e il carattere di Emiliano Mondonico, il tecnico di Rivolta d’Adda, ex Cremonese, Torino e Atalanta, scomparso giovedì a 71 anni a causa di un tumore. In un’intervista a lisolachenoncera.it di qualche tempo fa, era stato lo stesso allenatore a raccontarlo.

Sabato 8 aprile 1967: i Rolling Stones sono a Milano per due concerti al Palalido, uno pomeridiano e uno serale. Sugli spalti c’è anche Mondonico, allora promettente ala della Cremonese che si fece squalificare apposta in una partita del campionato di serie D per assistere all’evento.

“Mi sono fatto squalificare la domenica precedente. Gli Stones avrebbero suonato al sabato sera ed è chiaro che la trasferta sarebbe partita il sabato pomeriggio. Dovevamo giocare a Mestre. Mi sono fatto espellere. Fisicamente non ero in grado di fare dei falli e allora ho cominciato a lanciare improperi all’arbitro. Quando lui si girava per vedere chi era, mi giravo anch’io. E non riusciva a capire chi fosse l’autore delle provocazioni. Alla fine, ha compreso. “È lei che mi ha insultato per tutta la partita” L’importante era che mi buttasse fuori, così da potere andare a vedere gli Stones”.

“Cosa mi ricordo del concerto? Oltre a Brian Jones, Mick Jagger, un animale da palcoscenico. Da Tony Dallara che faceva il falsetto, mi trovavo di fronte a Jagger. Eravamo abituati a Sanremo… In quel periodo erano i capelli che facevano la differenza. Noi obbligati da sempre alla sfumatura alta… La grande rivoluzione era avere i capelli lunghi. Era un grande contraltare con i genitori. Siamo entrati nel pomeriggio e poi ci siamo nascosti per sentire anche il concerto della sera”.

Beatles contro i Rolling Stones: “I Beatles li ascoltavi quando avevi bisogno di essere tranquillo, in pace. In macchina con la ragazza. Con gli amici sentivi gli Stones. Era quel ritmo che ti entrava dentro. Ringo Starr seguiva la musica degli altri, gli altri invece seguivano la batteria di Charlie Watts. Quello era importante. Il ritmo battuto sul serbatoio dell’ Ital Jet, il motorino di allora. Non lo potevi fare con “Let it be”. Sul serbatoio vuoto, dettavi il ritmo delle canzoni. L’amarezza la respingevi con gli Stones, la dolcezza la sposavi con i Beatles. Una canzone non mi colpiva per quello che diceva, ma solo per la musica. Una delle colpe della mia professoressa di inglese è stata di non aver insegnato la lingua traducendo le canzoni dei Beatles”.

“Le canzoni che ti entrano nella pelle? In questo momento al di là dei miei amici Nomadi (fece anche il chitarrista per loro ndr), ci sono gli Stones di allora. L’inizio di “Paradise city” dei Guns & Roses, fa venire la pelle d’oca. “Come stai” di Vasco Rossi. Poi Lucio Battisti. Il Celentano di “Sei rimasta sola””.

“I concerti? L’ultimo è stato quello dei Rolling Stones, a San Siro. Ho visto 40 anni della mia vita. Quando è uscito Mick Jagger ho pianto. Vado a vedere i Nomadi, perché sono amici. Stones e Beatles li vedevo in TV, prima che il nipotino la facesse da padrone con i cartoni”.

 

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