Era il 2 maggio 2012, al Franchi la Fiorentina affronta il Novara con l’obiettivo della salvezza, ma subisce due gol. Ljajic viene sostituito dopo mezz’ora e reagisce applaudendo ironicamente il suo tecnico Delio Rossi e sussurrando improperi nella sua lingua. A quel punto si scatena la rabbia del mister che, dopo aver capito gli insulti in serbo, lo colpisce a più riprese con i pugni compiendo uno dei gesti più clamorosi di un allenatore in campo dinanzi alle telecamere. Esonero immediato e tre lunghi mesi di squalifica. Dall’episodio di Baldini che rifila un calcione al collega Di Carlo del Vicenza, agli atteggiamenti di Mourinho in panchina fino a Juric che minaccia di tagliare la gola a Italiano e all’ultimo gesto folle commesso da D’Aversa con la testata ad Henry sono tanti i precedenti di follie in panchina. Ripercorriamo con Delio Rossi, in esclusiva per Virgilio Sport, cosa accadde quel giorno e cosa può scattare nella testa di un allenatore in momenti di grande tensione.
Rossi cosa pensa del gesto di furia commesso da Roberto D’Aversa al termine di Lecce-Verona e del successivo esonero del tecnico?
“Faccio fatica a dare un giudizio. Onestamente, tutti danno giudizi vivendo l’episodio dal di fuori. Tutti si fanno maestrini ma le cose bisogna viverle nel momento esatto in cui succedono per capirne i reali motivi. Stando in poltrona non si può dare un giudizio veritiero. Non conosco le motivazioni e ho visto solo le immagini che parlano chiaro. Prima di dare un giudizio su una persona, devi camminare due giorni con i suoi stessi mocassini. Tutto questo perbenismo non lo comprendo: e se fosse successo negli spogliatoi? Se una cosa è sbagliata in pubblico è sbagliata anche in privato all’interno degli spogliatoi dove le telecamere non arrivano”.
Cosa può scattare nella testa di un allenatore in questi momenti?
“Dipende da situazione a situazione. Se non avessi allenato gli slavi ad esempio, e se non avessi compreso cosa Ljajic mi avesse detto in quel momento, l’episodio sarebbe passato in cavalleria. Bisogna vedere il momento contingente. D’Aversa è stato esonerato. Ma il quesito che ora mi pongo è il seguente: se il Lecce avesse vinto anziché perdere, l’episodio avrebbe avuto lo stesso riflesso sul tecnico? Personalmente non credo proprio: se avessero vinto la partita molto probabilmente D’Aversa non sarebbe stato esonerato. Ma se una cosa è sbagliata lo è sempre, anche in caso di vittoria. Non crede? Non me la sento di essere contro D’Aversa.”
Ogni forma di violenza è sbagliata: sia quella verbale di Ljajic che la sua fisica verso il giocatore. Quale è il suo parere?
“Ecco, in tanti anni nessuno mi aveva chiesto il mio parere. Sono stato attaccato mediaticamente anche se ho chiesto immediatamente scusa al calciatore. In quel momento giocavamo contro una squadra già retrocessa. Al 30′ del primo tempo, perdevamo per 2-0 e noi con un pareggio ci saremmo salvati quasi sicuramente. Avevo la necessità di cambiare qualcosa. Lui mi attacca. Per due volte ho fatto finta di niente dopo che mi dice “Vuoi fare il fenomeno”. Poi lo sentii parlare in slavo e capii tutto, quando mi girai e andai verso di lui per placarlo, scivolai. In quel momento l’errore fu già commesso perché il calciatore si sentì attaccato e in pericolo e io in uno spazio limitato fui costretto a reagire. Quello che non si vede in tv è che l’allenatore in seconda intervenne e generò ancora più confusione. Ecco, ora tutto questo se fosse successo nello spogliatoio non avrebbe avuto la stessa rilevanza e io probabilmente non sarei stato comunque esonerato. Ma questo è sbagliato perché ogni forma di violenza è da condannare a prescindere”
Anche la Roma ha deciso di esonerare Mourinho dopo i suoi atteggiamenti scellerati in panchina, reiterati nel tempo. Lei che giudizio si fatto a riguardo?
“Non so cosa fanno gli altri colleghi nello specifico. Ognuno ha le proprie strategie, che siano giuste o sbagliate. Ogni allenatore ha un atteggiamento diverso. Io so quello che ho fatto io e posso giudicare me stesso e non condannare a prescindere un collega. Ognuno reagisce in modo diverso. Posso preferire un collega o un altro e prendere le distanze da altri che non stimo come stile. Quello che ribadisco è che non si può dare un giudizio se non vissuto in prima persona. Ogni cosa va contestualizzata. Questi giudizi così netti che sento possono essere anche fallaci.”
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