A leggere i giornali è stato un successo: l’esperimento fortemente voluto dal designatore Rocchi, che ha aperto la sala centralizzata del Var a Lissone alla stampa, ha funzionato in pieno. In occasione della sfida di Coppa Italia tra Verona ed Empoli, i giornalisti hanno potuto assistere a tutto quanto accade in campo e in moviola senza alcun filtro, commentando immagini e sonori delle comunicazioni via radio: Dionisi arbitro centrale, Valeriani-Bresmes assistenti, Colombo quarto uomo e la coppia Irrati (Var) e Ranghetti (Avar) in regia. Una prima volta storica.
Quante scoperte fatte dai giornalisti in sala Var
I giornalisti ammessi hanno scoperto come gli arbitri parlino tantissimo tra di loro, si raccontano le azioni mentre si svolgono, le leggono dal punto di vista tattico, anticipano le situazioni potenzialmente pericolose e, come computer, si scambiano in continuazione informazioni fondamentali.
Il Var controlla anche le azioni che sembrano regolari
Il Var parla pochissimo con l’arbitro ma lo fa molto con i suoi collaboratori nella sala regia e controlla tutto, sempre. Anche quando non sembra essercene bisogno. E così scova anche cose sfuggite all’occhio umano, non solo quello dell’arbitro di campo. Ad esempio il rigore del 2-1 dell’Empoli a Verona, Viene guardato ogni singolo frame di una partita, i check silenziosi sono decine.
I tifosi non credono alla trasparenza sul Var
Fioccano i commenti sul web ma i tifosi non credono alla buona fede in assoluto: “Con voi giornalisti/tifosi in mezzo , si trasparente non ci sarà mai niente, perché condizionate già tutti e puntate a condizionare ancora di più gli arbitri, basterebbe semplicemente accettare gli errori come si fa in Champions o come si accetta un errore del proprio attaccante” o anche: “Ormai il var neanche si usa più, facile mettere i dialoghi pubblici. La vera domanda è perché finora non lo sono stati?”
C’è chi scrive: “Prima che arrivasse il VAR si diceva che sarebbero sparite polemiche e discussioni…tutti felici. Ed invece…” e infine: “Ora si punta a far parlare gli arbitri e rendere i loro dialoghi pubblici, se non in diretta a posteriori. Veleni a non finire…”.