Il grande tifoso dell’Inter che poteva giocare solo contro alla sua squadra del cuore. Compie 73 anni oggi Luciano Castellini, ex portiere della nazionale che ha diviso a metà la sua carriera tra Torino e Napoli ma che a fine carriera confessò: “Sento la maglia nerazzurra addosso”. Luciano per amici e parenti, il “Giaguaro” per tutti, la maglia della Beneamata non l’ha mai indossata. Almeno da giocatore. In 15 anni di Serie A, con più di 400 presenze, infatti Castellini ha vestito solo il granata del Torino, con cui ha vinto la Coppa Italia 1971 e lo scudetto 1976, e l’azzurro del Napoli, club in cui ha militato dal ’78 al 1985 e venendo votato dai tifosi partenopei come miglior “numero uno” della storia del club. Ma se Luciano non è mai stato un calciatore dell’Inter, ha sempre avuto il cuore nerazzurro. Da quando, ancora ragazzo, lui nato a Milano nel 1945 ma cresciuto a Menaggio, era il vicepresidente dell’Inter Club del paese affacciato sul Lago di Como e partecipava ai tornei locali con la maglia di una squadra che portava lo stesso nome della Beneamata. Un amore duraturo che, dopo anni di sfide da avversario, ha trovato il suo coronamento nel 1988, quando l’allora dirigenza dell’Inter chiese a Castellini, ritiratosi da qualche anno, di occuparsi dei portieri nerazzurri n due occasioni è stato chiamato a sedere sulla panchina della prima squadra.
SOGNO REALIZZATO – La prima volta fu nella primavera del 1997 quando, dopo la bruciante sconfitta nella finale di Coppa UEFA contro lo Schalke 04, l’allora allenatore Roy Hodgson si dimise e il presidente affidò la squadra al “Giaguaro”. L’ex portiere raccolse quattro punti in due partite, esordendo, scherzo del destino, con una vittoria per 3-2 contro il suo Napoli e mantenendo il terzo posto. La seconda fu nel marzo 1999, con Castellini che traghettò la squadra per quattro match dopo l’esonero di Mircea Lucescu, prima di essere sostituito da Hodgson. Due parentesi, sei partite, chiuse in perfetto equilibrio tra vittorie, sconfitte e pareggi.
L’OMAGGIO DI SALA – Di lui ha scritto l’amico Claudio Sala, il poeta del gol ai tempi del Toro, nella biografia di Castellini “Io sono il giaguaro”: “L’ultimo eroe romantico a guardia dei pali. Quello che con le sue uscite coraggiose sui piedi degli avversari rischiava ogni volta testa e gambe. Quello che volava all’incrocio dei pali e ci portava con sé a conoscere mondi per noi inesplorati; perché quando Castello agguantava il pallone ci sembrava di essere andati lassù anche noi…Quello che ci faceva capire che una parata valeva spesso più di un gol e che in un mondo in cui quasi tutti sognavano di diventare attaccanti e di sfondare reti, ci faceva venire voglia di giocare in porta, di essere un po’ tutti Giaguaro”.