Possiamo dire, con buona approssimazione, che se sei un europeo difficilmente alle Maldive ci vai per lavorare. Da diversi anni, questo arcipelago nell’Oceano Indiano, è una delle mete vacanziere più lussuose e paradisiache sulla faccia della Terra. Eppure, se sei Francesco Moriero, lì ci lavoro eccome: “Ho trovato un ottimo materiale tecnico. Hanno una carenza dal punto di vista fisico, però sono ragazzi che riescono a fare quel che gli chiedo” racconta.
A chi volesse ironizzare sul fatto che l’ex centrocampista dell’Inter si è scelto il lavoro più comodo e piacevole possibile per un allenatore, non sfugga che Moriero è viaggiatore. La sua prima panchina è stata su un club in Costa d’Avorio, per poi attraversare tutte le serie minori italiane. La sua ultima avventura è strana quanto affascinante, per uno che da giocatore ha forse impiegato troppo per uscire dalla provincia.
Francesco Moriero: gli inizi da calciatore
Nato a Lecce il 31 marzo 1969, cresce nelle giovanili della squadra della città pugliese nei primi anni Ottanta, formando un tandem molto promettente assieme al coetaneo Antonio Conte. Nel 1985, il mister Eugenio Fascetti li include entrambi nella rosa della prima squadra, appena promossa in Serie A, anche se solo Conte riuscirà a esordire in quella stagione. Poi però sarà Moriero a bruciare le tappe, e nel 1987, con i giallorossi in B, è già un titolare fisso della squadra ora allenata da Carlo Mazzone.
Il Lecce di ‘Sor Carletto’ è una vera e propria rivelazione, trascinato dalle reti della coppia argentina composta da Juan Barbas e Pedro Pasculli, ma alle loro spalle Moriero emerge come un giovane di belle speranze. Gioca all’ala destra, ed è un esterno dal piglio offensivo, rapido, e con un ottimo dribbling. È cresciuto col mito di Franco Causio, idolo del calcio leccese con cui ha avuto modo di allenarsi nella stagione 1985/1986, verso la fine della carriera dell’ex juventino. E in campo una certa somiglianza tecnica si vede, al punto che c’è chi si aspetta da Moriero prospettive simili a quelle del suo illustre concittadino.
Ma nel 1991, con il polacco Boniek in panchina, il Lecce retrocede nuovamente in B. La società punta a tenere i suoi giovani, ma l’annata si rivela fallimentare, col cambio di tre allenatori e solo un ottavo posto finale. In estate, le cose cambiano, e mentre Conte va alla Juventus, Moriero, nonostante una stagione da 6 reti in Serie B, si ferma al Cagliari. Volontà di Mazzone, che l’anno prima è subentrato sulla panchina sarda in Serie A e ora sogna di mettere gli assist di Francesco Moriero a disposizione di Enzo Francescoli e Lulù Oliveira.
I due fanno 9 reti a testa, e il Cagliari chiude con un sorprendente sesto posto (miglior risultato dal 1981) e si qualifica per la Coppa UEFA. In estate se ne vanno sia Mazzone che Francescoli, mentre arriva in attacco Julio Cesar Dely Valdes. La panchina viene invece affidata a Luigi Radice, che però dura giusto una partita di campionato prima di venire cacciato da Cellino e rimpiazzato con Bruno Giorgi. Il Cagliari non ha la rosa per competere al massimo su due fronti, ma in campionato raggiunge una tranquilla salvezza col 12° posto, mentre in Europa si spinge fino a una clamorosa semifinale, arrendendosi all’Inter dopo aver vinto l’andata 3-2.
Per Moriero, nonostante un solo gol segnato in tutta la stagione, l’esperienza è positiva, dimostrando che a quasi 25 anni è un giocatore in grado di lasciare il segno anche a livello internazionale. Il suo rendimento non è ancora continuo come ci si aspetterebbe, ma ora è venuto il momento di un salto di qualità per rilanciare le sue ambizioni.
Francesco Moriero alla Roma: nel segno di Mazzone
È indiscutibile che proprio Mazzone sia stato il grande artefice dell’ascesa di Francesco Moriero. Il tecnico romano è stato il primo a valorizzarlo a Lecce, poi lo ha fatto affermare come giocatore di Serie A col Cagliari e, alla Roma, ha dimostrato che poteva essere un giocatore da big italiana. Il talento pugliese, spesso sottovalutato al di là di indubbie doti tecniche, arriva nella Capitale nel 1994 in una squadra molto ambiziosa.
Il presidente Franco Sensi, infatti, spende 8,5 miliardi di lire per il suo cartellino, ma contemporaneamente prende anche dal Napoli la punta uruguayana Daniel Fonseca, mettendo a disposizione di Mazzone una squadra dal grande talento offensivo. I giallorossi sono però anche una squadra che faticava a trovare gli equilibri adeguati: l’attacco ha un gran potenziale, ma la difesa necessita di maggiore copertura. Ed è così che il ruolo di Moriero diventa importante: Mazzone lavora molto sull’ala leccese, per trasformarla in un cursore in grado anche di aiutare in copertura.
Nelle due annate che seguono, la Roma conclude sempre al quinto posto, qualificandosi due volte per la Coppa UEFA. Moriero fa vedere le cose migliori soprattutto nella stagione 1995/1996, in cui realizza il suo nuovo record di gol: 7. Ma quando, nel 1996, Carlo Bianchi prende il posto del suo maestro in panchina, la Roma vive un’annata deludente, che il subentro di Nils Liedholm riesce a correggere solo in parte.
Per la nuova stagione, Sensi sceglie come nuovo allenatore Zdenek Zeman, il cui 4-3-3 potrebbe esaltare stupendamente le qualità di Moriero nella Roma. Ma su di lui c’è l’interesse del Milan, che alla fine lo convince a trasferirsi al Nord. Il suo posto in giallorosso verrà preso da Paulo Sergio, e Moriero finirà la sua avventura alla Roma con 12 gol in 88 presenze.
Francesco Moriero all’Inter: la consacrazione del Lustrascarpe
La sua destinazione è sì Milano, ma alla fine sulla sponda nerazzurra: Moriero si accorda col Milan, che però lo gira subito all’Inter in cambio del difensore André Cruz, e sarà Moratti a fare l’affare vero. Nella nuova Inter di Gigi Simoni si sogna in grande: la rosa viene completamente rinnovata, con molte cessioni e altrettante novità (Cauet, West, Sartor, Simeone, Ze Elias, Recoba), ma su tutte ovviamente il ‘Fenomeno’ Ronaldo, strappato al Barcellona per la cifra record di 48 miliardi.
È all’Inter che Francesco Moriero raggiunge la piena maturazione. E in cui soprattutto conia il gesto destinato a incarnarne lo spirito, una strana esultanza che diventa celebre per venire fatta bon quando segna lui, ma quando lo fa un compagno. Parte tutto alla prima di campionato col Brescia, quando Simoni getta nella mischia il giovane Recoba, che trascina i nerazzurri con due reti clamorose. Così Moriero gli va incontro, si inginocchia e finge di lustrargli la scarpa come uno sciuscià: “Ho detto al ‘Chino’ che aveva dei piedi d’oro e così è ho creato quell’esultanza. – ha raccontato in seguito – Da lì in poi l’abbiamo ripetuta con Ronaldo, a cui piaceva molto”.
L’esultanza del Lustrascarpe racconta, incidentalmente, anche molto bene chi è Francesco Moriero come calciatore: nella squadra del ‘Fenomeno’ che ambisce a essere una delle più forti del mondo, il leccese è un centrocampista generoso che si segnala più per gli assist che per i gol.
Quell’anno è il più importante della sua carriera: con l’Inter, Moriero sfiora lo scudetto e conquista la Coppa UEFA, esordisce in nazionale e viene convocato dal ct Cesare Maldini per i Mondiali in Francia, durante i quali giocherà quattro partite. L’anno dopo, però, la strada per lui diventa improvvisamente in salita: la squadra va male, Simoni viene licenziato e cambiano quattro allenatori in totale. A centrocampo arrivano Andrea Pirlo e Roberto Baggio, e il gioco inizia a passare di più dalla parte centrale del campo invece che sulle fasce. In più subisce diversi infortuni, e mette assieme solamente 18 presenze e 2 gol.
Anche nell’annata seguente, con Marcello Lippi in panchina, le cose per Moriero non vanno granché bene, anche perché con i nerazzurri fuori dalle coppe europee le possibilità di giocare sono anche più ridotte. Gli infortuni non lo abbandonano, e ormai l’Inter predilige il trequartista centrale (arriva anche Clarence Seedorf per questo ruolo). La sua esperienza a Milano è purtroppo già conclusa.
Francesco Moriero: il finale di carriera
Nel 2000, a 31 anni, passa così al Napoli, che ha assunto come allenatore quello Zeman che aveva mancato di poco a Roma. La situazione nel club partenopeo, appena tornato in Serie A, è però veramente confusa. La proprietà è divisa incredibilmente a metà tra Corrado Ferlaino e il suo nuovo socio Giorgio Corbelli, creando un conflitto decisionale perenne. Corbelli l’ha spuntata sul mercato, smembrando la squadra che aveva ottenuto la promozione e rinnovando la rosa con un sacco di nomi di grido, tra cui appunto Zeman e lo stesso Moriero.
Ne esce una squadra molto più forte sulla carta che nella pratica, e che alla prova dei fatti si sfalda. Zeman viene licenziato dopo sette giornate e sostituito da Mondonico, che però non può evitare il penultimo posto e il ritorno nel campionato cadetto. A Francesco Moriero non rimane che restare un altro anno al Napoli, che dopo un’altra rivoluzione e la panchina affidata a Luigi De Canio, chiude quinto in Serie B. Dopodiché, il centrocampista pugliese decide, a 33 anni e con ancora troppi problemi fisici, di annunciare il ritiro.
Francesco Moriero allenatore: una nuova avventura
Ci mette però quattro anni prima di assumere l’incarico di allenatore, e la sua scelta è delle più sorprendenti: contro ogni pronostico possibile, Francesco Moriero inizia la sua carriera in panchina in Costa d’Avorio, come tecnico dell’Africa Sports. L’avventura dura una sola stagione, ma è destinata a entrare nella storia, perché con il club di Abidjan Moriero conquista il campionato, peraltro l’unico vinto della sua carriera nel calcio.
Torna poi in Italia, accasandosi al Lanciano in Serie C1, e inizia una lunga trafila nelle serie minori italiane. Il risultato migliore lo ottiene col Crotone nel 2009, ottenendo un terzo posto in Lega Pro e la promozione in Serie B. Poi ha allenato, senza successo, Frosinone e Grosseto, sempre in B; è passato allo Zurigo, nella seconda divisione svizzera, ed è tornato nella nostra B nel 2012, di nuovo al Grossetto, finendo però retrocesso.
Poi, ridisceso in terza serie, Lecce, Catanzaro, Catania e Sambenedettese (con cui nel 2018 ha centrato un terzo posto) e Cavese. Tutte esperienze poco soddisfacenti, quasi sempre concluse con l’esonero a campionato in corso. Poi, a fine 2020 Francesco Moriero è tornato all’estero per allenare la Dinamo Tirana, nella seconda divisione albanese, ma nel marzo successivo già lasciava. Così, alla fine, è arrivata l’incredibile opportunità delle Maldive.
Francesco Moriero alle Maldive: come sta andando
Tra tutte le avventure manageriali della sua carriera, quella alle Maldive è senza dubbio la più curiosa, e ha permesso a Francesco Moriero di tornare a fare circolare il suo nome, venendo anche intervistato da ‘Sportweek’. L’accordo è stato siglato il 19 ottobre 2021, e lo stesso ex giocatore dell’Inter ha spiegato che il merito è di Nuno Gomes, ex attaccante della Fiorentina e oggi dirigente del Benfica. “Aveva avuto una chiamata dal presidente della Federcalcio delle Maldive che cercava un allenatore italiano. Lui mi aveva seguito negli anni, mi ha proposto e io ho accettato. Ho detto di sì perché mi piace sempre raccogliere sfide molto particolari” ha raccontato Moriero.
Le Maldive sono una piccola nazionale, espressione di un paese di poco più di 400mila abitanti, che si sviluppa su un territorio di appena 300 chilometri quadrati. Ma occhio a sottovalutarle: la squadra era 158a nel ranking FIFA all’arrivo di Moriero, e veniva da risultati crescenti, per quanto limitati. Dal 2003 è sempre arrivata in semifinale della Coppa dell’Asia meridionale, un torneo che non comprende squadre di primo piano, ma in cui le Maldive sono di gran lunga il paese più piccolo e meno popolato. Nel 2018, la selezione isolana ha anche conquistato il trofeo.
L’obiettivo ideale è, nel corso dei prossimi anni, riuscire a ottenere la prima storica qualificazione alla Coppa d’Asia. Non facile, ma Moriero con le Maldive qualche buon risultato l’ha ottenuto, ad esempio portando la squadra, al momento, fino al 156° posto nel ranking mondiale. Tra amichevoli e gare ufficiali, ha disputato 7 partite, vincendone 2, pareggiandone altrettante, e perdendone 3. La strada è lunga, ma lui pare proprio avere fiducia: “Stiamo facendo un percorso – dice – e questo lavoro mi sta appassionando tantissimo”.