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Gigi Riva, il Rombo di Tuono che scuote ancora Cagliari

Il legame con la Sardegna è tutto: "Sono di poche parole e mi preoccupero per questa terra meravigliosa, Scopigno mi ha insegnato a vivere, ma non seguo più il calcio, solo Cagliari e Nazionale".

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Gigi Riva, il Rombo di Tuono che scuote ancora Cagliari Fonte: Getty Images

Gigi Riva è l’attaccante più iconico del calcio di casa nostra e le sue parole a ‘La Gazzetta dello Sport’, che incarnano l’amore per Cagliari e la Sardegna, risuonano come un rombo di tuono all’orizzonte calcistico.

“Ho telefonato a Ranieri prima della gara contro il Bari, era un po’ commosso e un po’ teso, gli ho detto che tutta l’Isola era con lui; io sono sardo, perché sono di poche parole, spesso e volentieri ho il muso e mi preoccupo per i problemi di questa terra bellissima e reagisco a modo mio. Il mio angolo del cuore? Forse il tratto tra Pula e Villasimius, di notte ci andavo in macchina, magari per fare la passeggiata, e ascoltavo la musica. De André? Ho visto un suo concerto, ma non l’ho aspettato perché dovevo prendere l’aereo; ero già stato a casa sua, vincemmo la timidezza con il whisky…”.

Il calcio di oggi è lontano da quello dei suoi tempi, un calcio di cui era una sorte di ‘re’ e che gli ha regalato profondi rapporti a livello personale: “Non seguo più il calcio, a parte la Nazionale, che si è rimessa in pista, e il Cagliari, né vado allo stadio per l’agitazione; ai miei tempi battere Inter, Juventus e Milan era una bella soddisfazione.. Quando il presidente Arrica scoprì che non sarei andato a Torino, non fu contento: ma io non ero un testone, solo una persona chiusa che aveva avuto una infanzia tragica e che a Cagliari aveva costruito con i suoi compagni una bella cosa. Scopigno è stato un maestro, mi ha insegnato a vivere, lo sogno ancora. Mi diceva ‘Non ti incavolare, vieni: risolvi il problema’. Spiace che i miei genitori non abbiano visto quegli anni meravigliosi: ancora adesso ricevo gli amici, i compagni di una volta e cucino per loro bistecche. I miei figli mi consigliano di andare a camminare sul terrazzo, per fortuna è grande e ripenso ai ricordi, le fratture, le distorsioni..”.

Nel 1970 il Cagliari ha concretizzato un sogno e quella maglia è ancora la più amata dal campione varesino: “Non mi è andato giù il Pallone d’Oro vinto da Rivera, mi era stato promesso che l’anno successivo sarebbe stato mio, ma mi sono fatto male; è ancora presto per raccontare le follie che facevano le ammiratrici. La maglia più bella è quella dello Scudetto: bianca, pulita, senza sponsor”.

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