Giovanni Malagò non ha condiviso la protesta – plateale e simbolica – del Settebello nei minuti immediatamente precedenti la sfida valevole per il quinto/ottavo posto del torneo olimpico contro la Spagna e persa dagli azzurri per 11-9. Quando Sandro Campagna e i suoi ragazzi hanno voltato le spalle alla giuria in occasione dell’esecuzione degli inni nazionali, il Coni non l’ha presa benissimo.
- Italia-Ungheria: l'errore degli arbitri
- La reazione del Coni e il ricorso della Federnuoto
- Le parole di Malagò al Settebello
- Tutti con Campagna e gli azzurri
- Le altre volte: judo, boxe, scherma
Italia-Ungheria: l’errore degli arbitri
L’esigenza di manifestare la contrarietà rispetto alle decisioni arbitrali che hanno penalizzato e compromesso la sfida dell’Italia contro l’Ungheria e condizionato l’epilogo di un match che abbiamo perso ai calci di rigore ha soppiantato lo spirito olimpico.
È un dato di fatto e non fa bene: questo, in estrema sintesi, il concetto espresso dal presidente del Comitato olimpico nazionale, il cui pensiero è stato affidato a una nota e rilanciato dalle principali agenzie di stampa.
La reazione del Coni e il ricorso della Federnuoto
La reazione di Fondelli, Condemi e compagni non è passata inosservata: se il traino di consensi arrivato in fretta e furia dal mondo social e, a dirla tutta, anche dalla Federazione e dalle Istituzioni sportive (incluso il Coni) ha in un primo momento compattato il Paese in una posizione univoca, quando la protesta è deragliata per finire fuori dai binari dei principi dei Giochi, Malagò non è rimasto a guardare.
Glielo impone il ruolo ma lo suggerisce anche un principio sacrosanto, quello di anteporre la civiltà sportiva e il rispetto del contesto a qualsivoglia motivazione soggettiva. Fatti tutti i passi per rendere i torti arbitrali manifesti al punto da tentare la carta del rematch – ma né il Tas ne il Jury d’appello della federazione internazionale hanno accolto in tal senso il ricorso della Federnuoto – per il Coni la platealità è stato l’eccesso cui non si doveva arrivare.
Le parole di Malagò al Settebello
Sono dispiaciuto perché è una reazione contraria allo spirito olimpico: la protesta non è condivisibile nella maniera in cui non lo sono state alcune decisioni arbitrali contro l’Ungheria.
Quando parla Malagò non parla solo il Coni: parla in qualche modo anche il Cio, di cui è membro. Eppure il presidente non ne fa solo una questione di Istituzioni, semmai di metodo:
Da presidente del Coni ricordo che, insieme alla Federnuoto, abbiamo difeso il Settebello in tutti i gradi di giudizio fino al Tas, massimo organo di giustizia sportiva internazionale.
Tutti con Campagna e gli azzurri
Quanto ci sia di impattante nella protesta del Settebello è presto detto: tantissimo, se è vero che le immagini con le spalle rivolte ai giudici hanno tenuto banco per ore. Atto pacifico, dimostrativo, ha fatto effetto: da una parte ai ragazzi della pallanuoto è arrivato l’abbraccio virtuale di tantissimi che hanno solidarizzato e contestato apertamente quelle decisioni, dall’altra al Coni sono arrivate critiche trasversali di una utenza – gli spettatori dei Giochi e i professionisti da tastiera – che aspettava di vedere un piglio diverso, una reazione tanto manifesta quanto quella dei ragazzi della pallanuoto.
Le altre volte: judo, boxe, scherma
L’esposizione del Coni, stavolta, non è arrivata: forse s’è scelto di abbandonare l’ascia di guerra dopo le vicende che nei giorni addietro hanno portato più di una federazione nazionale – judo, scherma, boxe – a reazioni veementi per lamentare altrettanti errori arbitrali gravi e decisivi.
Se allora il Coni era parso più allineato anche nei modi, stavolta si è puntato a una dicotomia netta, a creare un limite oltre il quale non si va. Nel nome dello spirito olimpico e di una condotta Istituzionale che non si vuole più spingere al di là del confine del buon senso e della ragionevolezza.