Sembra un film, ma è realtà . “Non era calcio, era Gomorra. È stato devastante”. Violenze, intimidazioni, minacce. Ermanno Fumagalli, 39enne portiere bergamasco di Treviglio, ha raccontato ai microfoni de’ ‘La Gazzetta dello Sport’ i retroscena del clima di terrore all’interno del Seregno , club che milita nel Girone A della Lega Pro .
La Procura della Repubblica di Monza sta indagando dopo le denunce sui possibili reati di minaccia e violenza privata. Nel mirino dei magistrati ci sono il presidente Davide Erba e l’orami ex direttore generale Ninni Corda , che pochi giorni fa ha presentato le dimissioni dall’incarico all’interno del club brianzolo.
Fumagalli, che nel corso della carriera lunga oltre vent’anni ha girato l’Italia da Nord a Sud, stabilendosi in piazze molto calde come Messina, Avellino, Caserta e Foggia, racconta di non aver mai vissuto una situazione come quella che si è trovato a vivere durante l’esperienza al Seregno. “Ci si allenava giocando a pallamano, una specie di calcio fiorentino dove valeva tutto, per vincere. E quando dico tutto, dico: tutto”.
Dopo le sconfitte, arrivava la punzione da parte del club: “Una volta siamo stati convocati alle 6 del mattino e abbiamo corso per un’ora. Dopo la sconfitta contro la Juventus U23 siamo arrivati alle 7 e abbiamo dovuto rivedere la gara del giorno prima. Non era una squadra, era una caserma. Sempre in trincea”.
Una situazione che è arrivata a un punto di non ritorno, come racconta lo stesso Fumagalli: “Quando mi hanno minacciato ho capito che non potevo più accettare tutto questo. Stava per incominciare l’allenamento e mi si sono avvicinate alcune persone che conoscevo perché bazzicavano attorno alla squadra. “Ti veniamo a prendere a casa, forse non hai capito’. “Non rivedrai più la tua famiglia, stasera saluta Jacopo’. Quando hanno fatto il nome di mio figlio, non ho più capito niente. Paura? Non soltanto io. Mia moglie, con due figli in casa, non era più serena “.
Fumagalli non aveva mai vissuto una situazione del genere: “In vent’anni che faccio questo lavoro. Anzi, questo sport, perché il calcio per me non è mai stato un lavoro. Ho giocato in piazze caldissime, ma mai e poi mai ho visto queste cose”.
Il portiere racconta anche di botte a compagni di squadra: “Tra il primo e il secondo tempo di una partita una persona, di cui non faccio il nome, ha messo le mani addosso a due ragazzi. Non so perché l’ha fatto”.
Il 39enne bergamasco aggiunge ulteriori dettagli: “Con un clima sereno arrivano anche i risultati. Prima, anche a livello di testa, non c’eravamo. E se non ci sei fai entratacce, rispondi male all’arbitro, che poi ti punisce… Non potevamo neppure salutare gli avversari prima delle partite. Se lo facevi eri visto male, non eri considerato pronto alla guerra. La guerra: ma che roba è? Una cosa è la cattiveria agonistica, un’altra la violenza. Dobbiamo sbranarli, ucciderli, bisogna vincere per forza perché altrimenti mi inc…come una iena”. Il presidente Erba aveva inviato questo messaggio vocale alla squadra prima della sfida contro il Padova del 3 ottobre scorso: “Si sta travisando un messaggio privato, usato per interessi personali. Era goliardico, motivazionale. Il presidente è l’opposto di quello che appare in quell’audio, una persona dal cuore devastante. Non merita certi attacchi”.
Fumagalli non molla. Il portiere non vuole lasciare il Seregno: “Ho pensato di lasciare la squadra, ma per fortuna il presidente ci ha liberato da questo incubo. La sera tornavo a casa e stavo male. Per me il calcio è passione, divertimento, amore. La fiammella si stava spegnendo, adesso è stata riaccesa. Ci sono più serenità, più armonia, più compattezza. Se vogliamo possiamo anche fare la battuta, nello spogliatoio, si può ridere. Ho riconquistato il mio calcio. Prima c’era Gomorra”.