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La parabola di Giuliani, dimenticato perché l'Aids era un tabù

Ecco l'intervista di Raffaella Del Rosario, vedova dell'ex portiere del Napoli Giuliano Giuliani, morto a 38 anni di Aids

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La parabola di Giuliani, dimenticato perché l'Aids era un tabù Fonte: ANSA

Parlare di escort e coca legati al calcio si può, come no? Fa parte del corredo dei campioni un po’ rockstar e un po’ guasconi ribelli anche se meglio che le droghe ne stiano fuori. Ma collegare l’Aids al mondo del calcio no. Non si può o almeno non si poteva. L’intervista di Raffaella Del Rosario, vedova dell’ex portiere del Napoli Giuliano Giuliani, morto a 38 anni di Aids, ha riportato d’attualità un tema scomparso.

Tutti si sono dimenticati di quel portiere morto da solo nel novembre del 1996 nel reparto malattie infettive dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Emarginato non solo da tutto il mondo del calcio, che aveva lasciato, ma anche dai suoi ex compagni e amici come ha denunciato la moglie. Un destino triste, come quello probabilmente di tante altre persone meno famose che negli anni 90 pagarono sulla loro pelle il dilagarsi di quella malattia sconosciuta. Che fa paura solo a nominarla. Che si associa agli aghi infetti dei tossicodipendenti e all’omosessualità.

La spiegazione sull’oblìo caduto su Giuliani la diede qualche giorno dopo la sua morte Giancarlo Corradini, suo ex compagno nell’epopea maradoniana: “Il calcio lo ha dimenticato perché in quegli anni si scappava da quella malattia. E così si è scappati anche da Giuliano”. Ciro Ferrara disse che lo aveva visto un giorno, quasi per caso, e che non si era avvicinato. Era molto cambiato: la malattia ne aveva mutato completamente la fisionomia. Ferrara affermò anche che l’ultimo ad averlo visto, qualche settimana prima, era stato Alessandro Renica, altro difensore del Napoli degli scudetti, che era rimasto colpito dal peggioramento delle sue condizioni.

Eppure Giuliani a Napoli non fu una comparsa: vinse l’Uefa nell’89 e lo scudetto del ’90. Si fece apprezzare per essere l’esatto opposto del suo predecessore Garella: tanto estroso nel parare con i piedi, con le ginocchia e con tutte le parti del corpo l’uno, quanto essenziale e poco spettacolare Giuliani. Amato dai compagni anche per la sua sobrietà. Avrebbe pagato una sola notte di follia, l’unica in cui, disse, tradì la moglie (che faceva la soubrette anche nei programmi sportivi di Maurizio Mosca). Era il 7 novembre 1989, assieme a tutta la squadra azzurra partecipò al matrimonio di Diego Armando Maradona a Buenos Aires, evento a cui la donna non aveva potuto essere presente, e dove i festeggiamenti furono a dir poco estremi. La moglie lo lasciò quando lui confessò di aver contratto la malattia, salvo riavvicinarsi a lui quando il male divenne sempre più invasivo. Nel1992 un giornale esce con un titolo che sembra un gossip infondato: “Giuliani ha l’AIDS”.

In quel momento è ancora un atleta in attività, sapere che ha una malattia così grave e contagiosa è per tutti una scoperta tremenda. Il diretto interessato non conferma e non smentisce ma di lì a breve rimane coinvolto in una storia per spaccio di drogadalla quale esce pulito nel giro di 24 ore. Giuliani si ritira a Bologna città nella quale gestisce un magazzino di abbigliamento e dove nel frattempo cerca di curarsi. Invano. Morirà a 38 anni per complicazioni polmonari. Nel silenzio e nell’omertà di un mondo del calcio che preferì dimenticarlo e chiudere gli occhi senza neanche abbozzare una pelosa pietà.

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