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Loot box: l'Eurispes chiede la regolamentazione

Gli eSports sono belli fino a quando restano nella sfera del puro intrattenimento, ma c'è un confine che gli esperti settore stanno valutando con particolare cura.

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Loot box: l'Eurispes chiede la regolamentazione

Gli eSports sono belli fino a quando restano nella sfera del puro intrattenimento, ma c’è un confine che gli esperti settore stanno valutando con particolare cura, per fare in modo di non rovinare tutto. Il confine è quello dell’azzardo, che potrebbe essere toccato con le loot box. Le “casse del bottino” sono degli acquisti che possono essere fatte all’interno dei videogiochi (in inglese in-app o in-game). Di fatto permettono di acquistare beni virtuali (virtual goods) che sono funzionali al gioco, ad esempio per rinforzare le capacità dei propri personaggi (avatar).

Il rischio per un minorenne di lasciarsi andare e di spendere troppo denaro per queste loot box deve essere considerato e lo ha fatto in particolare l’Eurispes. Secondo l’ente la loot box ad oggi non è regolamentata, resta in una zona grigia priva di disciplina. Come per i giochi d’azzardo tradizionali (quali, per esempio, le slot machines), anche per le loot box gli individui spendono denaro reale nell’incerta aspettativa di ottenere un premio di valore. E dunque perché tale fattispecie non dovrebbe essere sottoposta alla medesima disciplina? Come peraltro già è stato fatto anche in sede internazionale.

Sul fronte fiscale, dunque, la soluzione più immediata sembra essere quella di sottoporle all’imposta sugli intrattenimenti, specificando che anche le loot box rientrano in tale imposta, magari rifacendosi a un meccanismo analogo alla web tax. Insomma, come sempre quando si parla di evoluzioni tecnologiche e sociali, lo Stato deve cercare di seguire la velocità delle stesse evoluzioni; pena, il rischio di “falle” giuridiche sempre più difficili da colmare.

Quello che è certo è che nel caso delle loot box la strategia di monetizzazione riguarda proprio l’elemento dell’incertezza. Peraltro, si tratta di micro-transazioni, spesso dell’ordine di un euro o anche meno, ma proprio questo facilita la perdita di percezione di quanto si stia effettivamente spendendo.

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