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Messi, 25 milioni per tacere sui diritti umani

Il New York Times ha visto il contratto con l’Arabia Saudita nel quale è specificato quello di cui il calciatore può parlare. Regola n. 1: non dire nulla che possa offuscare il Paese

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Se Messi ha scelto di volare negli Stati Uniti per proseguire la sua carriera agonistica con l’Inter Miami, per gli affari il suo sguardo è invece rivolto verso Oriente. In particolare, verso l’Arabia Saudita. Proprio per il Paese Mediorientale l’ex giocatore del Barcellona e del Paris St.-Germain è diventato testimonial del turismo per tre anni. Per 25 milioni di dollari.

Gli accordi del contratto Messi – Arabia Saudita

Il contratto, che il New York Times ha potuto visionare seppure molto probabilmente non nella versione definitiva, elenca nello specifico tutte le adempienze che Messi deve rispettare per la promozione del Paese e relative ricompense.

Durante l’anno Messi deve fare una vacanza familiare di cinque giorni o due di tre giorni ciascuna. Le spese per la sua vacanza e quella della sua famiglia (fino a 20 persone) in un alloggio a 5 stelle sono pagate dal governo saudita, così come le spese di viaggio. Per questo Messi riceverà circa 2 milioni di dollari (1,8 milioni di euro).

Al di là delle vacanze, il calciatore deve promuovere l’Arabia Saudita 10 volte l’anno sui propri account social. Il solo account Instagram del calciatore conta 437 milioni di follower. Per questo Messi guadagnerà altri 2 milioni di dollari.

Ancora due milioni di dollari per partecipare alla campagna turistica annuale. Infine, altri due milioni di dollari qualora Messi dovesse partecipare a opere di beneficienza o apparizioni. Il primo post di sponsorizzazione dell’Arabia Saudita su Instagram risale al 9 maggio 2022.

La clausola del contratto: silenzio sui diritti umani (violati)

Nel contratto tra l’Arabia Saudita e Lionel Messi c’è, però, una clausola ben precisa: non è permessa nessuna affermazione che possa sollevare ombre sul Paese. Nei post di Messi, quindi, non si troverà nulla dell’uso della pena di morte in modo indiscriminato come forma di repressione del dissenso nei confronti del regime. Così come sull’assenza di protezioni per i lavoratori migranti. O sulle discriminazioni legali e sociali a cui sono soggette le donne, in particolare sul sistema di tutela che vuole per le donne l’approvazione di un parente maschio stretto per la loro attività. O, ancora, sull’uccisione di Jamal Khashoggi, giornalista saudita ed editorialista del Washington Post, particolarmente critico sull’operato del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Una clausola che non ha mancato di suscitare polemiche in chi di tale tematica (il rispetto dei diritti umani) si occupa.

La consuetudine saudita di ripulirsi l’immagine con lo sport

L’accordo con Messi rientra in una pratica più ampia messa in atto dal governo saudita per ripulire la propria immagine all’estero sul tema dei diritti umani utilizzando gli eventi sportivi e i più importanti sportivi al mondo. In quest’ottica, limitatamente al mondo del calcio, va considerato l’acquisto di una squadra di Premier Leaugue o le ricchissime offerte fatte a Cristiano Ronaldo, Karim Benzema e ad altre stelle mondiali del calcio per giocare nel campionato nazionale saudita.

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