Nel pieno della sua prima estate da disoccupato della panchina dopo 18 stagioni consecutive vissute fin dal ritiro, José Mourinho ha concesso un’interessante intervista ai microfoni di Dazn, nella quale è tornato anche sul suo passato interista.
Uno degli argomenti più caldi della chiacchierata che ha aperto la nuova serie di “The Making of” ha infatti riguardato la notte del 22 maggio 2010, indimenticabile per i tifosi dell’Inter sia perché fu quella del trionfo nella finale di Champions League giocata al “Bernabeu” di Madrid e vinta contro il Bayern Monaco, successo che suggellò lo storico Triplete conquistato da Zanetti e compagni, sia perché già nei minuti successivi al fischio finale della partita lo stesso Mourinho “flirtò” con il presidente del Real Madrid Florentino Perez, per poi salire sull’auto del massimo dirigente dei Blancos suggellando di fatto quel “tradimento” all’Inter che si sarebbe consumato pochi giorni dopo con l’annuncio del trasferimento al Real.
Proprio su questo dettaglio, ammettendo di avere già scelto di lasciare l’Inter per Madrid prima della disputa della finale: “Posso dire una cosa che non ho mai detto. La ragione per cui, dopo la fine della partita, non sono tornato a Milano è che se l’avessi fatto non sarei più andato al Real Madrid. La decisione era presa. Il contratto non era stato firmato, ma la decisione era presa. L’avevo rifiutato per due volte, era la mia terza occasione. Dire di no al Real Madrid una volta è difficile, due volte è difficilissimo, ma tre è impossibile. Fu per questo che non tornai. Cercai di non salutare nessuno in modo più affettuoso”.
La nostalgia per Milano e l’ambiente nerazzurro però resta palpabile: “Mi mancano – ha ammesso Mourinho – Il tempo non torna indietro. Non possiamo tornare nel passato e rivivere tutti quei momenti, ma gli amici sono per sempre, loro sono miei amici e io sono amico loro, ed è così che li vedo”.
“Ogni singolo giorno ci sentiamo tra di noi – ha aggiunto lo Special One – Ogni singolo giorno rievochiamo ricordi, chiacchieriamo, ci preoccupiamo di come stiamo, ci supportiamo sempre. Sono cose che ti restano per sempre e quel gruppo era davvero speciale. Quasi non volevo stare con loro. Mi ricordo che non andai nemmeno negli spogliatoi perché avevo la sensazione… che avrei perso il controllo dal punto di vista emozionale. Così sono fuggito da quelle emozioni. In campo poche parole, tanti abbracci, tanta emozione. Ma io volevo fuggire da quelle emozioni. Mi conosco bene e so perché ho fatto quella scelta”.
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