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Muore a 82 anni Castagner, riportò il Milan in A e sfiorò lo scudetto col Perugia

L'annuncio del figlio Federico sui social, l'ex tecnico era ricoverato da settimane all'Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Ha allenato campionissimi come Rummenigge e fenomeni di provincia come Vannini, ha sognato di vincere lo scudetto con l’Inter ma l’ha sfiorato col Perugia. Nuovo lutto nel mondo del calcio. All’età di 82 anni è morto Ilario Castagner, il tecnico gentiluomo. L’annuncio è stato dato dal figlio Federico sui social network: “Oggi se ne è andato il sorriso più bello del Calcio italiano. Grazie a tutti i medici e al personale sanitario dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia che in queste ultime settimane si sono presi cura di lui. Ciao papà”.

Castagner sfiorò lo scudetto col Perugia

Con il ‘Perugia dei miracoli’ Castagner è stato il primo allenatore nella storia del calcio italiano a terminare imbattuto un campionato di serie A a girone unico ma la sua carriera è stata ricca di importanti successi.Centravanti di discreto livello negli anni ’60, Castagner divenne un allenatore importante a cavallo fra gli anni ’70 e ’80: un tecnico genitiluomo che successivamente si sarebbe distinto anche nelle vesti di commentatore e opinionista. Ha allenato grandi club come Lazio, Milan (che riportò in serie A) e Inter, dove finì secondo in campionato ma il suo nome resta legato per sempre a quello del Perugia dei miracoli, che dalla B portò a sfiorare lo scudetto quando nel ’79 finì il campionato senza sconfitte – a tre punti dal Milan.

Castagner assistette alla morte di Renato Curi

Scampato alle bombe da piccolo, quando fuggì appena in tempo assieme alla madre, Castagner ha vissuto gioie e dolori nel mondo del pallone. Il ricordo più brutto quando sulla panchina del Perugia vide accasciarsi in campo, e poi morire, Renato Curi, il 30 ottobre 1977 durante un Perugia-Juventus: stroncato da un arresto cardiaco, a ventiquattro anni.

La prima avventura in panchina con l’Atalanta: “Ho saputo solo trenta anni dopo che a salvare la mia carriera fu Nereo Rocco – rivelò lui – Fu il Paron a dire ai dirigenti dell’Atalanta di tenermi d’occhio dopo un pareggio della mia Primavera con il Milan grazie ad un calcio di punizione provato e riprovato in allenamento. Quel calcio di punizione che praticamente mi salvò dall’esonero. L’Atalanta fu il mio trampolino di lancio per salpare verso Perugia, dove approdai grazie all’incontro con il giornalista Lanfranfo Ponziani: rimase colpito dalle mie idee e mi segnalò a Franco D’Attoma e Spartaco Ghini”.

Castagner riportò il Milan in A ma poi litigò con Farina

Era studiato a tavolino il Perugia dei miracoli; ogni stagione arrivavano giovani talenti da valorizzare e l capolavoro arrivò nel ’79 con una squadra armoniosa e brillante ma senza grandi campioni. Dopo il secondo posto il Perugia volle sognare più in grande, prese Paolo Rossi dal Vicenza ma arrivò il calcioscommesse e con esso la fine del sogno. Castagner era però entrato nel grande giro, andò prima alla Lazio e poi al Milan. Qui lanciò tanti giovani, da Evani a Battistini, confermò Jordan che lo ripagò a suon di gol e diede la fascia di capitano a Baresi: “Lasciai il Milan per la mancanza di sintonia con il presidente Farina. Non volle riscattare Serena come chiedevo e preferì prendere al suo posto l’inglese Luther Blisset, che non riuscì ad ambientarsi”.

Castagner esonerato dall’Inter per colpa…di Bagni

Non dovette però cambiare casa, lo volle l’Inter dove il presidente Pellegrini, che gli regalò dal Bayern Monaco l’ex pallone d’oro, Karl-Heinz Rummenigge, “Uno dei più grandi giocatori che ho allenato. Grande tecnica ed affidabilità sotto ogni punto di vista. All’Inter ero quasi in cima, ma non ho scollinato – le sue parole alla Gazzetta dello Sport – in Uefa siamo usciti col Real dopo aver vinto in casa 2-0: se, dopo essersi preso una biglia in testa, Bergomi fosse uscito in barella e non sulle sue gambe forse avremmo vinto il ricorso. Ma io sono arrabbiato con Bagni: lo avevo lanciato io a Perugia e andò via quando arrivai all’Inter per un disguido con Pellegrini. Colpa mia non averlo preso di peso per far pace: con lui avremmo vinto.

“Salvatore era il miglior centrocampista del calcio italiano e con lui avremmo potuto essere ancora più competitivi, salvo che litigò per l’ingaggio con il presidente Pellegrini e fu ceduto al Napoli, sono convinto che quella fu la svolta della mia carriera, che poteva svilupparsi in maniera migliore. A Salvatore gliel’ho detto più volte: sei stato la fortuna del Perugia, ma con te potevo vincere scudetto e Coppe”.

Castagner allenò ad Ascoli il fratello di Maradona

Perse il grande giro Castagner che passò all’Ascoli dove in squadra si ritrovò Hugo, il fratello di Maradona recentemente scomparso: “Ho un aneddoto molto bello che mi lega a lui e a suo fratello. Quando era all’Ascoli lo facevo partire titolare ma dopo nemmeno un’ora ero costretto a toglierlo. Era molto dotato dal punto di vista tecnico, ma aveva dei grossi limiti dal punto di vista atletico. Non reggeva i 90 minuti. Una volta, dopo l’ennesima sostituzione, al temine della gara sento bussare alla mia porta. Era il fratello Diego: anche con lui avevo un buon rapporto, ci conoscevamo già. Mi chiese perché togliessi sempre Hugo nel secondo tempo, ma fu molto comprensivo“.

“Una volta si scordò di fare colazione prima di venire all’allenamento, evidentemente si era svegliato tardi e aveva paura di non arrivare in tempo. Durante la seduta però, a causa dello sforzo, si sentì male in campo. Quasi svenne per la fatica. Da quel momento in poi non si dimenticò più di mangiare prima di una allenamento con me”.

Nella sua vita al primo posto però c’era la famiglia. Sempre. La moglie Liliana, i figli Francesco, Federico e Laura hanno rappresentato un ruolo straordinario nella vita professionale di Ilario. Un giornalista umbro raccontò di averlo intervistato dopo l’esonero dall’Inter: “Ilario acconsenti e ricordo bene quel dopo pranzo: i figli in camera, con la porta aperta ad ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto”.

Uno, due collegamenti da San Siro con il risultato fermo sullo 0-0. Ad un tratto la voce di Enrico Ameri che spezza il silenzio: «Inter in vantaggio, azione travolgente sulla destra, cross al centro per Altobelli che realizza con una girata di destro. Possiamo dire – sottolineò Ameri – che già si vede la mano di Corso…». Un urlo disumano si alzò potentissimo, un “no” urlato a squarciagola da Federico, ferito da quel giudizio e quella disapprovazione finì nel titolo dell’articolo”. Chiuse la carriera di allenatore nel ’99 nella sua Perugia, dove era nata la sua favola di tecnico dei miracoli.

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