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NBA, Klay Thompson torna a fare meraviglie, ma il rinnovo con i Warriors rimane un rebus

Il fuoriclasse dei Warriors decisivo nel successo sulla sirena contro i Kings. Ma sul rinnovo per ora tutto tace e sono tante le incognite relative al possibile rinnovo.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

I riflettori se l’è presi tutti LeBron, al solito decisivo nel successo dei Lakers contro i Clippers e intento a riscrivere ogni sorta di record per un giocatore entrato nella 21esima stagione nella lega. Ma la notte ha raccontato l’ennesimo exploit di un giocatore come Klay Thompson che forse in tanti, un po’ troppo frettolosamente, hanno bollato come uno di quelli sulla via del tramonto.

Un sunset boulevard che se proprio deve essere percorso non vuol trovare il numero 11 impreparato, come se davvero le critiche (anche feroci) arrivate negli ultimi mesi gli avessero tolto molta di quella verve e di quella capacità di incidere tra le pieghe della partita che un po’ l’età che avanza (a febbraio saranno 34), un po’ soprattutto gli infortuni (e qui la memoria è sempre corta) hanno finito per affievolire.

Game winner, come ai vecchi tempi

I Kings ricorderanno a lungo l’ennesima beffa subita ad opera dei Warriors, che ripensando alla serie degli scorsi play-off somigliano sempre più alla loro nemesi. Sembrava però che stavolta le cose avessero preso una piega diversa, con il canestro dal mid range segnato da Domantas Sabonis a 14 secondi dalla fine a consegnare loro la vittoria su un piatto d’argento.

Anche perché GSW non aveva più timeout da spendere, e dunque poteva solo tornare dalla parte opposta del campo e provare a trovare un canestro per il controsorpasso. Un clutch, insomma, e Klay Thompson s’è fatto trovare pronto nel momento in cui lui e compagni erano spalle al muro. Il tutto in coda a una partita tutt’altro che esaltante, con 5/14 al tiro e appena una tripla mandata a referto sulle 4 tentate.

Non c’ha pensato su un istante di più, Klay, quando Green gli ha offerto il pallone della vittoria: ha cercato di avvicinarsi a canestro, provando anche a liberarsi di Davion Mitchell con una finta, poi ha guardato il canestro e ha lasciato andare la palla, lasciandosi sopraffare dall’abbraccio dei compagni che l’hanno omaggiato alla stregua del salvatore della patria. E chissà che questo canestro non possa servire anche per indirizzare le scelte future della franchigia californiana.

Contratto in scadenza: da luglio sarà free agent

Quella tra Thompson e i Warriors è una delle storie d’amore più belle e durature che l’NBA moderna abbia saputo raccontare. Scelto nel draft 2011 alla posizione numero 11 (da qui la scelta di prendere quel numero durante tutta la carriera), lo Splash Brothers sin qui ha sempre e solo vestito la maglia gialloblù. E intende farlo fino al termine della carriera, cosa che però dipenderà giocoforza dall’offerta che il front office riterrà più opportuno presentargli entro la fine dell’annata corrente.

Perché Thompson è in scadenza e, in assenza di un’estensione o di un nuovo accordo, dal 1° luglio sarà libero di firmare con qualsiasi altra franchigia NBA. E di acquirenti ce ne sarebbero tanti pronti a bussare alla sua porta, per nulla intimoriti all’idea che il fisico possa intaccare in maniera tanto marcata le potenzialità della guardia originaria di Los Angeles.

La volontà di Klay: restare a vita un Warriors

Klay, entrato nell’ultimo anno di contratto con Golden State, guadagna 43 milioni di dollari, ma difficilmente potrà replicare una simile cifra nelle stagioni a venire, almeno se deciderà di restare nella baia. Perché i Warriors sono già oltre i 200 milioni di monte salari e dovranno cercare in tutti i modi di restare sotto la soglia del “second apron”, ovvero l’ulteriore soglia oltre la luxury tax che, se oltrepassata, comporta numerose limitazioni sul mercato (niente mini-mid level per operare sui free agent, niente aggiunte da buyout, scelte congelate al draft).

La “second apron” non è stata ancora definita, ma dovrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni (190 nella più ottimistica delle previsioni), obbligando dunque Golden State a ponderare bene le scelte da operare, tenuto conto che 142 milioni di dollari sono già previsti dai contratti in scadenza oltre il 30 giugno 2024.

Sarebbe insomma impossibile tenere assieme Thompson e Chris Paul, dovendo dunque fare determinate scelte anche a livello tecnico. Da parte sua, Klay ha fatto capire di avere un’idea chiara su cosa vorrebbe in futuro: lui si vede eternamente legato ai Warriors, e l’ha fatto sapere ai quattro venti.

“Non mi vedo con nessun altra maglia addosso. Giocare per una sola franchigia è una rarità per qualsiasi sport, e per quanto mi riguarda è bello sapere di avere la fortuna di poter giocare per una sola squadra, è una cosa che ha un sapore leggendario. Quello che ha fatto Udonis Haslem, ammirato e rispettato a Miami, è quello a cui ambisco”.

Riconoscenza a vita: Klay è nella storia di Golden State

Thompson, oltre ad essere in tutto e per tutto il perfetto Robin di Batman Curry, con Golden State ha vinto 4 anelli NBA, pagando un prezzo salatissimo nelle Finals 2019 quando s’infortunò in gara 3 (rimase in campo con un crociato rotto per tirare e segnare due liberi).

E quando alla fine del 2020, dopo aver saltato l’intera stagione precedente, stava preparando il ritorno in campo, si ruppe il tendine d’Achille in allenamento, saltando tutta la stagione successiva (la prima post Covid). Anche per questo la riconoscenza del pubblico della baia nei suoi confronti non è mai venuta meno, ma quando di mezzo ballano tanti soldi, anche il cuore si vede costretto a restare un passo indietro.

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