Ogni bambino che inizia a giocare a calcio ha due sogni: arrivare in Serie A, magari nella sua squadra del cuore, e indossare la maglia della Nazionale del suo Paese. Nicola Amoruso ne ha realizzato uno e mezzo, ottenendo un curioso record, anzi tre: è stato l’unico a militare in 13 club diversi nel massimo campionato, segnando 113 gol in 12 di questi (quest’ultimo traguardo condiviso con Marco Borriello), ma questo non è bastato per scendere in campo con la Nazionale maggiore.
Infatti, Nicola Amoruso è il calciatore italiano con più reti senza nemmeno una presenza tra gli Azzurri e ciò rappresenta un primato difficilmente avvicinabile e un rimpianto importante per l’attaccante pugliese, che comunque è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni e ha arricchito il suo palmarès.
Chi è Nicola Amoruso
Nicola Amoruso è nato a Cerignola, in provincia di Foggia, il 29 agosto 1974 da papà Vincenzo e mamma Maria. Primo di cinque figli e tifoso della Juventus, ha ereditato la passione e il talento per il calcio dallo zio Luciano, detto “il Bettega di San Ciro”, e ha iniziato a giocare nel Trinitapoli come attaccante insieme al fratello Luca.
Tre anni conditi da caterve di gol fino ai Giovanissimi e una segnalazione a Giuseppe Santamato, allora osservatore in Puglia per la Sampdoria. Amoruso ha convinto da subito con la sua rapidità e tecnica, ha fatto gol nelle partitelle dei provini e così a 14 anni si è trasferito a Genova per giocare nel settore giovanile blucerchiato, sostenuto dai genitori che facevano di tutto per non fargli sentire la lontananza e che lui ogni sera chiamava con il telefono a gettoni.
La carriera di Nicola Amoruso: le prime esperienze e il ritorno a casa
Nonostante le difficoltà nell’affrontare la divisione dalla famiglia in età adolescenziale, Amoruso si è distinto nelle giovanili della Samp continuando a fare quello in cui era più bravo, il gol. Motivo per cui nel 1991 è entrato a far parte della formazione Primavera dei blucerchiati scudettati e ha iniziato a sognare l’esordio in Serie A.
La grande occasione è arrivata il 12 dicembre 1993 a San Siro per Inter-Sampdoria: per la cronaca, partita vinta 3-0 dai nerazzurri sugli uomini di Eriksson che ha fatto entrare Amoruso al 67’ al posto di Bertarelli. Un’emozione che non può che rimanere per tutta la vita, nonostante la sconfitta, e che ha segnato l’inizio dell’avventura tra i grandi del pugliese. Amoruso si è guadagnato l’appellativo di vice Gullit e ha realizzato 3 reti in 8 partite: proprio contro l’Inter, al ritorno, ha realizzato il 3-1 finale per la Samp. Ma la partita più importante, pur senza gol, è stata quella contro la Reggiana a Marassi sotto gli occhi di papà Enzo.
E allora la voglia di ritornare vicino a casa dopo 6 anni si è fatta sentire, nonostante la Coppa Italia vinta con due presenze all’attivo, e nell’estate del 1994 ha preferito la Fidelis Andria all’Hellas Verona in Serie B per permettere a tutta la famiglia di vederlo giocare al Degli Ulivi: grazie ai 15 gol in 34 partite i tifosi biancoazzurri lo hanno soprannominato Dinamite e le sue prestazioni non sono sfuggite al Padova. Il ritorno in Serie A di Amoruso è stato dolceamaro perché i suoi 14 gol in 34 partite non sono bastati a evitare agli scudati l’ultimo posto in classifica e la retrocessione.
La svolta e il sogno e mezzo realizzato
Di positivo nella stagione 1995/1996 per Amoruso c’è stata sicuramente la chiamata di Cesare Maldini in una Nazionale Under 21 formata da futuri campioni come Totti, Nesta e Cannavaro e altri talenti come Morfeo e Galante. In pochi minuti a disposizione, Amoruso ha convinto il CT a schierarlo titolare in coppia proprio con Totti nelle partite più importanti degli Europei di categoria: nella semifinale contro la Francia ha procurato il gol della vittoria degli Azzurrini, mentre nella finale contro i padroni di casa del 31 maggio è stato espulso per doppia ammonizione.
L’Italia è riuscita a vincere ai rigori e a conquistare per la terza volta consecutiva il trofeo, il primo internazionale nella carriera di Amoruso, che sperava in una convocazione per le Olimpiadi di Atlanta in programma a luglio.
La convocazione non è arrivata, ma proprio in quei giorni ecco la gioia più grande per l’attaccante di Cerignola: la Juve di Marcello Lippi fresca vincitrice della Champions League aveva deciso di puntare su di lui, Vieri, Zidane e Boksic per rinforzare il reparto offensivo dopo gli addii di Vialli e Ravanelli.
La concorrenza nell’attacco bianconero era chiaramente fortissima, ma Amoruso ha saputo ritagliarsi il suo spazio in una stagione memorabile conclusa con la vittoria dello scudetto, la Coppa Intercontinentale, la Supercoppa Italiana e la Supercoppa Europea. Dieci gol totali tra tutte le competizioni per lui, di cui quattro davvero prestigiosi: al Paris Saint Germain nell’andata della finale di Supercoppa Europea e al Milan a San Siro, in partite finite 1-6 per i bianconeri, e due in semifinale di Champions League (uno all’andata e uno al ritorno) contro l’Ajax.
L’infortunio di Amoruso e l’arrivederci al calcio
Più dolori che gioie nella seconda stagione juventina: partito come riserva di Inzaghi, Nicola ha avuto la sua possibilità da titolare contro il Milan ancora a San Siro, ma un duro contrasto con Costacurta gli ha causato la frattura del perone. È rimasto lontano dai campi per 6 mesi ed è tornato per giocare le ultime partite di campionato e la semifinale di ritorno di Champions League contro il Monaco, in cui ha siglato la rete nel 2-3.
Alla fine, il bottino di Amoruso è stato di uno scudetto e 5 gol in 18 presenze, la maggior parte delle quali da subentrato, ma gli è rimasto un senso di riconoscenza verso la Vecchia Signora: “La società mi è stata sempre accanto e mi diede una grande spinta morale per guarire dal grave infortunio che ho subito. Mi sentivo tutelato in tutto e per tutto. Chi fa parte della Juventus sa che alle spalle c’è una società stratosferica”, dirà in un’intervista una volta ritirato.
Il peggio è arrivato nel 1998/1999, soprattutto dopo le dimissioni di Lippi e l’arrivo di Ancelotti che non lo considerava abbastanza e lo mandava in campo solo per pochi spezzoni di gara: una sofferenza sfociata in una lite con l’allenatore emiliano e un’esultanza polemica dopo un gol dei suoi alla Sampdoria. Amoruso non era soddisfatto e allora c’era una sola alternativa: cambiare aria.
Perugia, Napoli e ritorno alla Juve
La dirigenza juventina ha così lasciato andare Amoruso in prestito al Perugia guidato da Mazzone, preferito all’Udinese. Con il tecnico romano c’è stato un buon feeling e Dinamite ha ritrovato una certa continuità di rendimento, realizzando 11 gol in Serie A e conquistando la salvezza in anticipo. Poi è arrivato il 14 maggio 2000, Perugia-Juventus, match decisivo per lo scudetto: lui è partito titolare e il resto è storia con il gol di Calori a dare il tricolore alla Lazio.
Ed ecco il passaggio a titolo definitivo al Napoli, ma i 10 gol in 33 partite del bomber pugliese, capocannoniere della squadra, non hanno evitato la retrocessione in Serie B degli azzurri, la seconda vissuta da Amoruso.
Curiosamente, anche dopo quell’annata sfortunata è arrivata la chiamata della Juve alla cui guida tecnica era tornato Lippi, da subito molto franco con Nicola: in campionato poco spazio (solo 9 partite, tra cui il 2-2 contro l’Inter a San Siro), ma una maglia fissa da titolare in Coppa Italia. Sufficiente per godere della vittoria dello scudetto e del titolo di capocannoniere in coppa con 6 gol in 7 match, oltre alla firma decisiva del 3-2 al Celtic in Champions, competizione in cui Amoruso tenuto ha l’ottima media realizzativa di 9 gol in 22 partite totali.
L’apparente declino
La seconda avventura bianconera per Amoruso è durata un solo anno e, sotto la procura della Gea di Alessandro Moggi, è ritornato nell’estate 2002 al Perugia di Cosmi, senza però trovare spazio nell’undici titolare e nemmeno la via del gol. Così ha trascorso la seconda parte di stagione al Como nel tentativo proibitivo di salvare i lariani, vera cenerentola del campionato: un’esperienza positiva sotto il profilo del rendimento individuale con 6 gol in 14 presenze, ma disastrosa per la squadra finita penultima in classifica.
Per Nicola Amoruso il treno delle big era ormai passato e si è dovuto accontentare anche negli anni successivi di club che lottavano per la salvezza: 5 gol al Modena (retrocesso) e una rescissione contrattuale nel 2003/2004; lo stesso bottino l’anno successivo al Messina settimo in A, ma con poche chance da titolare.
Un traghetto per la seconda giovinezza
A 31 anni Amoruso aveva bisogno di fiducia da società e allenatori che ha trovato prendendo un semplice traghetto nell’estate 2005. A rivitalizzare il bomber di provincia ci ha pensato Mazzarri nella Reggina, aspettandolo fino alla dodicesima giornata, quando è arrivato il primo gol stagionale in amaranto. Da allora la musica è cambiata perché Amoruso ha trascinato la squadra fino al tredicesimo posto, tornando in doppia cifra di reti in campionato dopo 5 anni.
L’anno più prolifico in tutta la carriera di Amoruso, tornato ufficialmente Dinamite, è stato il 2006/2007: nonostante la partenza con penalizzazione post Calciopoli di 11 punti, Amoruso si è esaltato nella difficoltà in coppia con Bianchi e ha segnato 17 gol contribuendo enormemente a una salvezza che era vista come un miraggio e ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Reggio Calabria.
Quell’impresa incredibile era “il nostro scudetto” e la maglia della Reggina “la mia seconda pelle” per Amoruso, a testimoniare il legame proseguito anche nella stagione successiva in cui sono arrivati la terza salvezza e la terza doppia cifra consecutiva da capocannoniere della squadra con 12 centri. I più importanti di tutti sono arrivati alla fine dell’avventura a Reggio, il 4 maggio 2008: una doppietta contro il Catania al Massimino lo ha fatto arrivare a quota 100 gol in Serie A.
Gli ultimi anni nel calcio di Nicola Amoruso
Per il 2008/2009 ha scelto la Torino granata per un altro tentativo di permanenza in A che è naufragato nella seconda parte di stagione in cui, dopo 4 gol in 20 partite, Amoruso è stato ceduto in prestito al Siena che non lo ha riscattato dopo un finale deludente senza reti. Eppure, su di lui era piombato lo Shakhtar Donetsk che gli aveva offerto un ricco contratto e la possibilità di giocare ancora la Champions, ma Amoruso ha rifiutato.
È tutt’ora uno dei rimpianti dell’attaccante classe ’74, insieme alla mancata convocazione della Nazionale maggiore che lo ha ignorato negli anni migliori, e lui stesso ha definito il suo no agli ucraini “una delle scelte più sbagliate della mia carriera”. Le tappe conclusive allora sono state due nella stagione successiva: prima al Parma e poi da gennaio all’Atalanta, condite da 5 firme con gli emiliani e una sola con gli orobici, la numero 113 con il dodicesimo club diverso in A per l’ultimo dei tre record, conquistato in un autentico giro d’Italia lungo 9400 km e durato 17 anni.
E a chi avrebbe potuto segnare Amoruso se non alla sua Juve, il 28 marzo 2010, in una vittoria che comunque non ha evitato la retrocessione dei nerazzurri. Nell’estate 2011, dopo una stagione in B con la Dea senza mai giocare, sembrava pronto alla terza avventura con il Perugia in Seconda Divisione, ma il 29 agosto si è fatto un insolito regalo di compleanno ritirandosi dal calcio giocato.
Posizione, numero di maglia e skills di Amoruso
Nicola Amoruso si è sempre distinto come un attaccante rapido, abile nei movimenti e con una buona tecnica, in grado di giocare sia da prima che da seconda punta. Destro naturale, calciava senza problemi anche di sinistro e aveva i giusti tempi di inserimento per sorprendere i difensori e colpire di testa. Negli ultimi anni, in particolare quelli alla Reggina, ha saputo sfruttare il lavoro di attaccanti più strutturati fisicamente per attaccare lo spazio in area di rigore e ha migliorato le sue statistiche dagli 11 metri, arrivando a un totale di 29 penalty segnati su 36.
Amoruso ha vestito diversi numeri di maglia dal 1995/1996, anno in cui sono stati introdotti quelli fissi per ogni giocatore: dall’11 al Padova e il 9 a Napoli e Perugia ai più “romantici”, cioè il 16 dei primi tre anni alla Juve e il 17 della seconda giovinezza alla Reggina.
Dopo il ritiro: la nuova vita di Amoruso
Proprio l’amore per la Reggina lo ha fatto tornare a Reggio Calabria per occuparsi del settore giovanile dopo il suo addio al calcio giocato e ha lavorato con gli allenatori amaranto degli Allievi Nazionali e della Primavera. Poi ha svolto il corso da direttore sportivo al centro federale di Coverciano, conseguendo la qualifica nel 2012, e ha ricevuto la chiamata del Palermo di Maurizio Zamparini per fare il ds per il 2013/2014, ma proprio a pochi giorni dall’avvio della stagione ha lasciato l’incarico per motivi personali.
Il corso da dirigente è comunque servito per avviare una carriera imprenditoriale e Amoruso ha avuto il fiuto di investire nel padel, lo sport che da 5 anni è in crescita vertiginosa per numero di amatori. Come tutti gli ex calciatori, ha iniziato a giocare per curiosità tra Roma e Milano, poi ha intuito la portata del movimento e ha deciso di aprire e gestire un centro sportivo incastonato nel castello di Tolcinasco, a pochi chilometri dal capoluogo lombardo, chiamato Golf Club. Non solo, per rendere più social lo sport ha avviato a marzo 2022 il progetto Padel Tv su Twitch insieme all’ex collega Alessandro Budel, compagno di squadra al Parma, con live streaming di tornei, interviste, videolezioni per le tecniche di gioco e talk show.