Da ormai qualche anno Christian Obodo è un ex giocatore e l’Italia non può che essere tra i suoi pensieri nonostante i tanti impegni post-carriera: oltre al lavoro di procuratore, l’ex centrocampista nigeriano è consulente tecnico per una piccola squadra del Maryland negli Stati Uniti, mentre a Warri in patria gestisce una Academy.
Intervistato da ‘La Gazzetta dello Sport’, il classe 1984 ha rivelato la sua fede interista e i rimpianti per non aver realizzato il sogno di indossare quella maglia. “Se seguo la Serie A? Assolutamente, guardo tutte le partite. Tifo Inter e non l’ho mai nascosto. Quest’anno anche il Napoli sta facendo bene, il Milan può dire la sua. L’Inter? Uno dei più grandi rimpianti della mia carriera. Nel 2007 con l’Udinese segno in rovesciata a Toldo. Stavo facendo la mia miglior stagione. Oltre all’Inter, mi aveva cercato anche il Liverpool. Dovevo solo scegliere. Poi in allenamento il ginocchio destro fa crack”.
L’Inter contattò Obodo già nel 2003, con la benedizione di Oriali. “Vero. Oriali disse che ero meglio di Rooney e Milner. Non so se avesse ragione, ma mi sentivo davvero forte”.
La parentesi al Perugia è ricordata con estremo piacere per l’entusiasmo che si respirava all’interno del gruppo umbro. “Oggi dovrebbero esserci più Gaucci nel calcio. Mi ha aiutato tanto, ero come un figlio per lui. Ha puntato su di me, nonostante avessi appena 18 anni. I compagni del Perugia? Ottime persone, prima che grandi calciatori. Ero molto legato a Zé Maria, cattolico come me. Il sabato andavamo a messa insieme. Ci sentiamo ancora, è uno dei miei migliori amici. Ahn? Nessuno l’ha più visto dopo il Mondiale del 2002. Aveva paura di tornare in Italia, il suo goal agli ottavi fece infuriare tutti. Gaucci disse che a Perugia non doveva mettere piede”.
Obodo ‘vanta’ anche un record di cui non va fiero, essendo già stato rapito in due occasioni. “Sono stato un giorno e mezzo con i banditi, mi hanno rapito mentre andavo in chiesa. Poi legato e picchiato. Volevano soldi, la mia famiglia è stata costretta a pagare. È difficile parlarne, un’esperienza che non augurerei a nessuno. Mi hanno messo nel bagagliaio di un’auto. Non ne posso più, spero non ricapiti”.