Dodici podi, più di cinquanta piazzamenti nei primi 10 al mondo, Paolo De Chiesa ha fatto la sua parte nella storia della valanga azzurra, negli anni magici dello sci italiano, insieme a Gustav Thöni e Piero Gros: un’epopea rivissuta nel documentario prodotto dalla Rai “La valanga azzurra”. Di origini genovesi (lo stadio Luigi Ferraris, a Marassi, è intitolato allo zio della mamma, centrocampista del Genoa, ingegnere e militare caduto nella prima guerra mondiale), amante del golf, quando ha smesso De Chiesa è passato a commentare lo sci in tv, prima a Telemontecarlo e dal ’93 alla Rai.
Intervistato in esclusiva da Virgilio Sport, De Chiesa ha raccontato la sua emozione nel rivedere i successi dello sci azzurro ed è tornato sulla drammatica vicenda del colpo di pistola che stava per ucciderlo a 22 anni. Per la prima volta nel documentario rivela che quel colpo è partito volontariamente dalla sua ex.
Cosa ha provato nel vedere ‘La Valanga azzurra’? Più emozione o nostalgia?
“Direi che tutti noi abbiamo provato emozioni realmente belle, abbiamo rivissuto quel tempo in cui eravamo insieme. Andavamo in giro per le tante città italiane, il film ci fa rivivere quei ricordi sopiti. Ricordiamo quel che è stato della nostra carriera ma non è che ci pensiamo costantemente. Questo film ci ha fatto rivivere questi ricordi, tornando indietro nel tempo, adesso da ‘vecchi’…”
E’ un ritratto fedele di quel periodo d’oro dello sci azzurro?
“Assolutamente sì. Non solo è una messa in fila di immagini e risultati: è un viaggio introspettivo, molto profondo, entra nell’anima dei componenti de ‘La Valanga Azzurra’. Giovanni Veronesi, regista del docufilm, è stato capace di entrare nella nostra anima”.
Lei nel documentario confessa per la prima volta cosa successe in quell’incidente con il colpo di pistola che a 22 anni le cambiò la vita, ricorda ancora tutta la scena con precisione?
“Non voglio neanche ricordarla quella scena. E’ qualcosa che purtroppo ti resta dentro e rimane stampata nella mia coscienza. I particolari mi sforzo di non ricordarli, anche se molto difficile”.
Nell’intervista al Corriere della Sera dice che era assieme a persone molto famose, oltre alla sua ex neanche queste persone si sono mai esposte sulla vicenda?
“Non si sono mai esposte, sono tutti spariti. Non ho più sentito nessuno. Ed è anche una cosa abbastanza particolare questa… Con Giovanni Veronesi (regista del docufilm ndr.) mi sono aperto perché si parlava anche di tragedie di questa nostra squadra: dai suicidi a chi è andato in coma. Tra queste tragedie c’è stata anche la mia, ho deciso di tirarla fuori dopo tanto tempo”.
Sa che sul suo profilo su Wikipedia non c’è neanche traccia di questa storia?
“Non era mai stata resa pubblica, di conseguenza non potevano esserne al corrente. Avevo deciso di non esternarla perché non sarebbe servita a niente. E’ stata un po’ la chiusura di un cerchio questa storia sulla ‘Valanga Azzurra’ dato che la mia carriera è stata pesantemente condizionata da questo episodio tragico. Ho tirato per tre anni per tornare a sciare come prima.”
In un’intervista a Repubblica dello scorso anno lei raccontò così la vicenda: “Ero a Cortina, a casa di conoscenti, con la mia ragazza. A un certo punto, è arrivato un tipo con una pistola, uno di questi bulletti di provincia. Aveva una P38 e l’ha appoggiata su un tavolo. Io ero finanziere, sapevo quanto quell’arma fosse pericolosa. Quando l’ho presa per allontanarla ed evitare il peggio, si è messa di mezzo la mia ragazza e ha fatto partire un colpo. È stato un attimo, è come impazzita, ma il punto è che mi ha sparato”. Perché diede quella versione?
“E’ una versione sbagliata, non eravamo a Cortina ma nel milanese. So che ha fatto scalpore. La ragazza era di Cortina. Oggi non ridarei quella versione, andrei dalla polizia a raccontare tutto. Mi sono fatto carico di un peso anche troppo grande per me. In passato avevo deciso che questa storia non venisse fuori assolutamente. Pensavo di poter essere in grado di gestire tutto, invece mi sono anche ammalato per questa vicenda. Ho provato a sciare e a sopravvivere”.
Chi le è stato vicino in quel periodo?
“La mia famiglia è stata determinante. I miei genitori e i miei fratelli mi hanno aiutato molto, sono stato protetto da un nucleo familiare fantastico”.
Che emozione provava quando nell’Italia gareggiava Tomba?
“Ho un rapporto molto stretto con Alberto Tomba, ho vissuto con lui tutto il mio ultimo anno di allenamenti. Eravamo in camera insieme nell’estate dell’ ’85. Lui era giovane ma già promettente. Nell’ ’87 ha iniziato a fare delle cose incredibili: medaglia di bronzo al Mondiale, podio in Val Badia e poi ha vinto all’Olimpiade”.
Allo sci attuale manca una figura come Tomba, tornerà a nascere un “Sinner” delle nevi?
“Un Alberto Tomba? Una Compagnoni? Oggi abbiamo delle ‘Sinner’ in gonnella come Sofia Goggia e Federica Brignone in primis, delle fuoriclasse pazzesche in vetta alle classifiche mondiali. Dominik Paris per me è stato un Sinner delle nevi per tanti anni per tutto quello che ha vinto, oggi è a fine carriera ma il Sinner dello sci lo abbiamo avuto, eccome!”.
Sulla Colturi si è detto dispiaciuto per la sua scelta, spera davvero che possa cambiare idea e prendere la nazionalità italiana?
“Nella storia italiana abbiamo avuto tantissime campionesse, nessuno ha corso per una sola nazione. Lara Colturi, neutralizzata albanese, ha assecondato la famiglia. Hanno fatto le loro valutazioni, hanno optato per una scelta che li ha portati a far quello che volevano per far crescere Lara. Mi dispiace ma non termina la speranza di vederla un giorno sotto la bandiera italiana.
Questo è il mio messaggio e l’augurio che le faccio. L’esempio di Marc Girardelli è lampante: lui era di Lussemburgo – a tutti gli effetti – e si è trovato solo perché in Austria nessuno se l’è più filato. Secondo me non è stato felice, auguro a Lara di non fare la stessa fine”.
Ci racconti qualcosa riguardo la sua vita quotidiana di oggi: come impiega il suo tempo e quali attività svolge?
“Gioco tutti i giorni a golf da quando sono bambino, il golf per me è come lo sci. Mi diverto a sciare ancora tanto in pista”.