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Pjanic: Ecco come scappammo dalla guerra in Jugoslavia

Il “pianista” bianconero ha imparato tanto da Juninho e ora si gode Ronaldo

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Pjanic: Ecco come scappammo dalla guerra in Jugoslavia Fonte: Ansa

Un pianto può salvarti la vita. Specialmente se sei un bambino sensibile. Miralem Pjanic ha raccontato la sua storia difficile al Guardian, ricordando i tempi della guerra in Jugoslavia e delle lotte fratricide tra serbi e bosniaci. Il padre, Fahrudin Pjanic sapeva che la guerra stava arrivando. Come calciatore dell’FK Drina Zvornik nella terza divisione jugoslava, aveva girato il paese abbastanza per vedere le tensioni sociali e politiche che si stavano creando nei primi anni ’90. Come padre di un figlio appena nato, Miralem, il suo istinto era quello di far uscire la sua famiglia prima che accadesse il peggio. Gli amici in Lussemburgo lo misero in contatto con un club semi-professionista, lo Schifflange, che gli offrì un contratto part-time e lo aiutò a trovare un lavoro per pagare le bollette. Per cogliere questa opportunità, però, Fahrudin avrebbe avuto bisogno dell’ok della sua societ, lo Zvornik per rilasciarlo e fornire i documenti necessari per viaggiare. Per due volte andò a parlare con il segretario del club e per due volte tornò a mani vuote. Anche la moglie Fatima andò a provare di ottenere il visto, portando con sé il piccolo Miralem tra le braccia. Il futuro centrocampista della nazionale era troppo piccolo per sapere cosa stava succedendo, ma ricorda: “Mia madre voleva che andassimo via, assolutamente, ma il club disse ancora di no. Poi ho iniziato a piangere. Ho sconvolto così tanto la segretaria che alla fine hanno detto: “OK, lo faccio solo per questo bambino”.

UN’INFANZIA DIFFICILE – Si commuove Pjanic nel ripensare a quello che ha passato la sua famiglia: “I miei genitori erano ancora molto giovani, 20, 22 anni, e andarono in questo nuovo paese dove non parlavano neanche la lingua con niente al seguito: due o tre valigie. Sono partiti da zero e sono riusciti a formare una bella famiglia, ancora tutti insieme dopo 27 anni. È una cosa bellissima Oggi vivono davvero bene in Lussemburgo, ho una sorella e un fratello che stanno crescendo molto bene. I miei genitori sono un esempio per me, per quello che sono riusciti a ottenere”. Papà Fahrudin lavorava di giorno, mentre di notte toccava a mamma Fatima, e si alternavano a prendersi cura del bambino. Per Miralem, questo significava andare alle sessioni di allenamento di Schifflange ogni sera. “Mio padre era un centrocampista, come me, ed era anche bravo. Quando l’ho visto giocare mentre crescevo, ho potuto vedere che era forte. Non ha avuto tutte le possibilità di crescere e avere una grande carriera come me, ma ha fatto quello che poteva. Il suo obiettivo era soprattutto quello di lasciare un paese in cui la sua famiglia era in pericolo. Il calcio non era più la cosa più importante”. Per Pjanic si aprirono presto le porte del grande calcio: dalla squadra giovanile di Schifflange a Metz, Lione, Roma e ora alla Juventus.

SEMPLICE E’ BELLO – In Italia, è soprannominato Il Pianista anche se la sua presenza in campo è più simile a quella di un direttore d’orchestra: “Non sono uno che può fare 10 doppi passi o colpi di tacco, non mi interessa. Sono molto più affascinato dalla semplicità del gioco, perché è la cosa che rende questo sport così bello. Le cose più semplici spesso sono le più difficili. Non tutti riescono a farle. Ho avuto la fortuna di vedere da vicino giocatori come Zidane, Xavi, Iniesta, Pirlo. Tutti rendono le cose semplici per la propria squadra. Fanno in modo che tutta la squadra giochi bene con piccole cose che spesso non vengono notate. Riflettono su ciò che sta succedendo in campo e agiscono per facilitare la vita ai ragazzi che li circondano”. Pjanic ha avuto alcuni compagni di squadra straordinari da studiare per crescere. Forse il più influente è stato Juninho Pernambucano, considerato da molti il migliore nel calciare le punizioni di tutti i tempi. Pjanic ha giocato con lui per un anno a Lione, da adolescente, ha ereditato la sua maglia numero 8 e anche ora i due sono in contatto regolare: “Quando calciava lui era quasi sempre gol”. Oggi guarda Ronaldo: “Se guardi com’era a Manchester e poi adesso che è diventato il migliore del mondo, puoi notare come il suo gioco sia cambiato, è diventato più concreto. Ho letto un sacco di cose che Cristiano ha detto a proposito di Paul Scholes e di come si è allenato. Tutti parlavano di Scholes come di un giocatore straordinario, ma perché è diventato speciale mantenendo le cose semplici. Penso che Ronaldo abbia imparato da giocatori così”

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