Nicolò Fagioli sta vivendo il suo purgatorio dopo essere stato travolto dal caso scommesse, diventando la punta dell’icebeg di uno scandalo che ha svelato come determinati calciatori (al netto di chi ha seminato insinuazioni senza alcuna prova riguardo certi nomi finiti, loro malgrado, nel tritacarne mediatico) avessero un problema legato alle scommesse online illegali. Il centrocampista della Juventus aveva ammesso di avere un vero e proprio problema di ludopatia, accettando il percorso riabilitativo inserito nella squalifica di 12 mesi frutto dell’accordo con la Procura Federale.
- Fagioli: "Ho vissuto il momento più difficile della mia vita. Ecco come ho iniziato con le scommesse"
- "Con il gioco online vincere è difficile, il banco ci guadagna sempre"
- "Ero sempre nervoso e in campo non rendevo"
- "Compagni e Juve mi sono stati vicini"
- "Giocare a calcio mi avrebbe aiutato, ma dovrei tornare per l'ultima partita di campionato"
Fagioli: “Ho vissuto il momento più difficile della mia vita. Ecco come ho iniziato con le scommesse”
I fatti risalgono lo scorso ottobre, e da lì Fagioli si è allontanato dal campo per scontare la pena riguardanti le scommesse illegali vietate ai calciatori professionisti e per uscire dal tunnel della sua dipendenza. Oggi il classe 2001 ha assistito all’incontro pubblico all’ex teatro Araldo di Torino, dall’eloquente titolo “Perdere tutto non è un bel gioco”. Durante l’evento per sensibilizzare i giovani sui rischi del gioco d’azzardo, promosso dalla Regione Piemonte, Fagioli ha fatto il punto sulla sua situazione, ma ha anche parlato della genesi della sua dipendenza dal gioco illegale.
“Ora sto molto meglio”, ha spiegato, “ma un anno fa ho vissuto il momento più difficile della mia vita. Ma con l’aiuto di Paolo [Jarre, il terapeuta che lo ha in cura, ndr] sto migliorando. Adesso mi fa stare bene la mia famiglia, i miei amici, fare sport”.
Poi ha rivelato come sia finito nell’abisso del gioco d’azzardo: “Ho cominciato le prime volte quando avevo sedici anni. All’inizio era come un gioco, poi pian piano è diventato una malattia. Ho iniziato subito con le scommesse sportive quando giocavo alla Juve nel vivaio. Prima di perdere il controllo mi piaceva proprio giocare, cercavo la dopamina senza saperlo. Poi mi sono reso conto che era una malattia, ci ho messo troppo tempo a chiedere aiuto. Fortunatamente a maggio ho avuto l’idea di farlo”. Fagioli ha spiegato che la molla per chiedere aiuto è scattata per il fatto che non riusciva più a dormire la notte, spesa a stare col telefono per le chiamate e i messaggi: “Ho chiesto aiuto perché avevo toccato il fondo”.
“Con il gioco online vincere è difficile, il banco ci guadagna sempre”
Ancora, il giocatore ha proseguito nel suo racconto: ” Non so perché ho iniziato, forse la solitudine e la lontananza da casa ha influito. Mi sono iscritto alle piattaforme illegali perché non potevo farlo col mio nome, anche se all’inizio non sapevo quale fosse la differenza tra i domini .it e .com. Non lo so perché ho cominciato su quelle piattaforme, ma ho continuato perché mi trovavo bene”. Ma Fagioli ha poi riconosciuto il fatto che con il gioco online “vincere è difficile, che sia illegale o meno”. Questo perché “le perdite sono istantanee, le vincite hanno bisogno di tempo e quindi ricarichi subito, forse è questo il meccanismo per cui il banco vince sempre. Essere calciatore non è un fattore di rischio, la disponibilità economica non incide troppo perché poi se hai 100 giochi 100, se hai 1 giochi 1”.
“Ero sempre nervoso e in campo non rendevo”
La ludopatia ha ovviamente influenzato negativamente il rendimento in campo. “Ero sempre nervoso, l’unico mio sfogo era la partita perché mi allenavo male e questo faceva di me un calciatore che non dava il 100%“, ha aggiunto il centrocampista. “Al telefono trascorrevo tra le 10 e le 12 ore al giorno. All’inizio ho provato rabbia e vergogna quando erano uscite tutte le cose sui giornali, poi ho vissuto un momento di pace. E ora ho solo voglia di tornare in campo”.
Oggi Fagioli non scommette più, per sua stessa ammissione, e il telefono lo usa “per 3-4 ore”. Ha recuperato inoltre il rapporto con famiglia ed amici, dopo il periodo ludopatico in cui “volevo sempre stare da solo, perché mi sembrava tempo perso quello con loro”. E perciò, “ho capito di essere sulla buona strada quando ho ricominciato ad apprezzare il tempo trascorso con la famiglia e i miei amici”.
“Compagni e Juve mi sono stati vicini”
Per quanto riguarda i compagni e la società, essi sono stati molto vicino al centrocampista: “Mi hanno aiutato molto”, sono le parole di Fagioli. “Lo spogliatoio prima delle partite mi manca, ma per il resto è come se non fosse successo nulla. Dopo che è uscito il casino ero più concentrato a non far uscire altre cose di me sui giornali che non sul resto, poi superate le prime due settimane son tornato a pensare alla squadra ed è stata dura non poter partecipare a partite e trasferte. Gli insulti allo stadio? Non ho ricevuto quelli che temevo, penso a San Siro. Anche per strada. Continuo a fare quello che volevo serenamente. Sembra una banalità, ma anche io a 16 anni pensavo di potermi controllare e non credevo a chi mi parlava di malattia”.
“Giocare a calcio mi avrebbe aiutato, ma dovrei tornare per l’ultima partita di campionato”
Eppure, la squalifica è stata vissuta da lui come un fattore di rischio: “Dal mio punto di vista mi avrebbe aiutato giocare a calcio. Stare lontano dai campi è una punizione che mi han dato ma che mi ha reso tutto anche più difficile. Sono stato obbligato ad accettarlo altrimenti non sarei più tornato“, è l’ammissione di Fagioli, che quindi ha rivelato di avere tanta voglia di tornare in campo. La squalifica terminerà il 19 maggio, e il calciatore prevede di affrontare l’ultimo match di campionato in programma il 25, quando la Juventus riceverà in casa il Monza. E sugli Europei, “sono un sogno”.