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Vincenzo Vivarini: l'allenatore in cerca di una promozione

Il percorso e le traversie di uno degli allenatori di provincia più interessanti in Italia, l’unico ancora imbattuto in Europa con il suo Catanzaro.

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Emanuele Mongiardo

Emanuele Mongiardo

Giornalista

Emanuele Mongiardo, nato a Catanzaro, fan dell'hip hop, di Joe Pesci e dei film di Martin Scorsese in generale. Scrivo di calcio in giro.

Vincenzo Vivarini: l'allenatore in cerca di una promozione Fonte: Imago Images

Da qualche anno, ormai, l’Abruzzo non è solo la terra di Gabriele D’Annunzio, ma è anche una delle principali fucine di allenatori in Italia: Roberto D’Aversa, Marco Giampaolo, Eusebio Di Francesco, Luca D’Angelo e Fabio Grosso sono solo alcuni dei nomi più celebri, tutti tecnici con un ottimo curriculum tra Serie A e Serie B. Ognuno di loro ha avuto successo in carriera – D’Angelo e Grosso per ciò che stanno dimostrando in Serie B presto potremmo ammirarli in A – e ognuno di loro ha legato parte del proprio successo all’Abruzzo, magari alla squadra del proprio comune d’origine.

Gli abruzzesi hanno fama di uomini miti e silenziosi, e i tecnici sopra elencati rispettano in pieno il cliché. Non fa eccezione nemmeno Vincenzo Vivarini, altro allenatore abruzzese di poche parole. Rispetto ai colleghi, Vivarini negli ultimi anni ha dovuto fare un passo indietro in Serie C. Probabilmente, avrete sentito parlare del suo Catanzaro come unica squadra imbattuta in Europa. Nonostante la categoria, Vivarini è un allenatore dai principi chiari e riconoscibili e grazie a lui i giallorossi, quest’anno, offrono una delle migliori proposte di gioco del panorama italiano.

L’insolita rabbia di Vivarini

Vivarini è nato nel 1966 ad Ari, piccolo comune di poco più di mille anime dell’entroterra teatino. È un uomo pacato, dal tono di voce tranquillo, sempre disponibile e composto nei confronti dell’interlocutore. Sarà forse per il carattere mite che la sua grande passione, lontano dai campi, è la caccia, dove pazienza e silenzio sono prerogative fondamentali. Quest’estate ha deciso di lasciar crescere la barba e chissà che non sia un tributo ad un altro cacciatore, quello interpretato da De Niro nell’omonimo film di Michael Cimino. Vivarini è talmente appassionato di caccia da trascorrere le proprie vacanze in Bosnia, terra di grandi risorse venatorie.

Il tempo passato col fucile deve aver forgiato il suo temperamento anche in panchina. Vivarini sa che per centrare l’obiettivo grosso – quest’anno la vittoria del campionato a Catanzaro – c’è bisogno di rimanere concentrati, senza farsi distrarre dal contesto circostante. Per una volta, però, Vivarini la scorsa settimana ha perso la calma. Il Catanzaro stava vincendo per 1-0 contro il Taranto, ma l’arbitro aveva iniziato ad estrarre cartellini con troppa solerzia.

Dopo un’ammonizione al capitano Martinelli, il tecnico giallorosso aveva perso le staffe e il signor Giaccaglia di Jesi lo aveva spedito negli spogliatoi. In una partita in cui gli allenatori sono Vivarini ed Eziolino Capuano, a beccarsi il rosso è il primo: chi l’avrebbe mai detto. Vivarini si presenta in conferenza stampa più piccato del solito. Chiede rispetto per il Catanzaro, per la prima volta si lamenta degli arbitri. Possibile sia bastata l’ammonizione di Martinelli a infastidirlo in questo modo?

Vincenzo Vivarini in Serie B Fonte: Imago Images

L’imponderabile nella carriera di Vivarini

Vivarini è un allenatore pignolo, con un’idea ben riconoscibile di calcio. Le sue squadre provano a controllare la partita attraverso il pallone e nulla viene lasciato al caso. Non c’è niente di schematico nelle sue squadre, ma piuttosto principi entro i quali rendere più comoda la vita ai giocatori: occupazione del campo in ampiezza, rotazioni sulle fasce per dare sempre un’opzione di passaggio a chi ha la palla, l’organizzazione puntuale delle marcature preventive e del pressing in fase difensiva, in modo da non farsi trovare impreparati se si perde il possesso.

Vivarini, attraverso il suo lavoro, cerca di ridurre la componente casuale del calcio, che viene delegata alla sola inventiva dei giocatori. Lasciare troppo spazio al fato renderebbe aleatorie le possibilità di successo. Per questo essere penalizzato da ciò che non può controllare, come il metro arbitrale della partita col Taranto, deve averlo infastidito così tanto.

Il problema della carriera di Vivarini, purtroppo per lui, è che troppe volte l’imponderabile lo ha sfavorito. L’allenatore del Catanzaro ha quasi sessant’anni. È un tecnico stimato da tutti, che ha vinto campionati di Serie D e C1, ma che forse sente di aver raccolto meno di quanto meritasse, almeno fino ad ora. La fortuna di certo non lo ha accompagnato.

Vivarini sale alla ribalta durante la stagione 2014/15. È alla sua seconda stagione da allenatore del Teramo, in Serie C. Il campionato parte male per i biancorossi, che dopo undici giornate hanno raccolto appena quindici punti, lontani dalle vette di un torneo a cui partecipano squadre nobili come Ascoli, Spal, Reggiana e Pisa. A novembre, però, arriva la svolta. Dopo le prime partite disputate con la difesa a quattro, Vivarini ha l’intuizione di passare al 3-5-2. La squadra si riscopre più sicura senza palla, ma anche più ispirata in fase di possesso, dove può contare sul talento della coppia d’attacco Lapadula-Donnarumma.

Avremmo presto imparato a conoscerli come due degli attaccanti più forti dell’epoca recente della Serie B, Lapadula si sarebbe affermato perfino in Serie A. Fino a quel momento, però, nessuno dei due aveva mai brillato. Lapadula proveniva dal campionato sloveno, dove aveva segnato undici gol: un bottino rispettabile, ma nulla di più. Donnarumma, invece, aveva segnato al massimo tredici gol in una stagione di Lega Pro. Quell’anno, il futuro attaccante del Milan ne segna ventuno, mentre il napoletano ventitré. Vivarini aveva impresso una svolta alla loro carriera.

Si trattava di due punte atipiche, dotate di tecnica sopra la media per la categoria, che non pensavano soltanto al gol. A entrambi piaceva svariare e scambiare il pallone con i compagni, allora Vivarini cuce su di loro un impianto di gioco che ne valorizzi i piedi buoni, un po’ come sta succedendo col Catanzaro di Iemmello e Biasci. Da novembre a maggio il Teramo viaggia spedito verso la parte alta della classifica, completando un’incredibile rimonta sull’Ascoli. La promozione matematica arriva alla penultima giornata, in casa del Savona.

I biancorossi vincono per 2-0, la città è in delirio e per la partita finale, guarda caso proprio contro l’Ascoli, il “Bonolis” di Teramo per la prima volta nella sua storia fa registrare il tutto esaurito con novemila spettatori: «Riempire lo stadio di gente è una soddisfazione che non ha prezzo per chi fa questo mestiere con passione», ricorderà l’allenatore qualche anno dopo. Teramo e Vivarini si ritrovano in un sogno: il tecnico aveva assaporato la B solo per qualche mese nel 2006/07, da traghettatore del Pescara, dopo aver fatto da vice a Sarri e Ballardini; la città abruzzese, invece, non aveva mai vissuto la cadetteria nella sua storia.

Vincenzo Vivarini al Catanzaro Fonte: Imago Images

Poi, però, ci pensa la giustizia sportiva a svegliarli bruscamente. Secondo l’inchiesta, il DS del Teramo Di Giuseppe, tramite il DS del Savona Barghigiani, avrebbe aggiustato la partita per ottenere vittoria e promozione. La sentenza finale condanna il Teramo, retrocesso in Serie C con una penalizzazione. La terra crolla sotto i piedi di Vivarini. Sarebbe rimasto al “Bonolis” per un’altra stagione, poi finalmente avrebbe guadagnato la B, prima a Latina e poi ad Empoli e ad Ascoli.

Empoli forse è il rimpianto più grande per Vivarini. La dirigenza, probabilmente, lo aveva scelto per il suo passato da collaboratore di Sarri, una vera istituzione per la cittadina toscana. L’Empoli aveva una rosa di livello altissimo, in cui, oltre al “suo” Donnarumma, spiccavano giocatori del calibro di Di Lorenzo, Caputo, Krunic e Bennacer. A dicembre, però, con la squadra in lotta per il primo posto, riceve un esonero inaspettato – anche se, a posteriori, con Andreazzoli i toscani avrebbero vinto in scioltezza il campionato. Per Vivarini non è un momento facile. In estate Sarri gli propone di seguirlo a Londra nel suo staff, ma lui rifiuta. Si accasa all’Ascoli, che conduce a una salvezza tranquilla e dove lancia Davide Frattesi. A fine stagione, però, rimane ancora senza panchina.

L’avrebbe ritrovata solo a settembre 2019, a campionato in corso, in Serie C. Il Bari, tornato tra i professionisti dopo il fallimento, lo ingaggia per raddrizzare una stagione deludente. Il nuovo tecnico, stavolta, si affida al 4-3-1-2, dimostrando una certa duttilità, nonostante i principi rimangano gli stessi. Il suo Bari raccoglie venticinque risultati utili consecutivi, record nella storia dei galletti. La Reggina, però, aveva accumulato un vantaggio consistente. Quando a marzo irrompe il Covid e la Lega Pro decide di sospendere i campionati, il Bari è secondo.

La Reggina viene promossa di diritto in Serie B, mentre ai pugliesi toccano i playoff. Gli spareggi in terza divisione sono un inferno. Nel migliore dei casi – arrivando secondi cioè – bisogna partire dai quarti di finale. Nonostante le insidie, il Bari raggiunge la finale, da disputare in gara secca contro la Reggiana proprio al “Mapei Stadium”. I granata passano in vantaggio con Augustus Kargbo all’inizio del secondo tempo. Cinque minuti più tardi, però, Antenucci vince un rimpallo in area e di sinistro spedisce la palla sotto l’incrocio.

Il Bari ha pareggiato, l’inerzia della partita avrebbe potuto cambiare. L’arbitro, però, annulla per un fallo di mano inesistente del capitano biancorosso: a toccare la palla col braccio, semmai, è proprio il difensore della Reggiana. Le speranze del Bari, così, si infrangono sugli abbagli di un fischietto poco ispirato. Vivarini a fine partita grida al furto. Sarebbe stata la sua ultima panchina col Bari. Da lì, una brutta annata in B con la Virtus Entella, culminata in una retrocessione, poi l’arrivo a Catanzaro, ancora a stagione in corso.

Il credito di Vivarini con la sorte

Dopo l’espulsione con il Taranto Vivarini è stato molto chiaro: «Siamo in credito di molto, ma non mi sono mai lamentato». Anche il suo Catanzaro, infatti, ha perso i playoff per un errore arbitrale: un fuorigioco attivo sul gol del pareggio del Padova in semifinale non ravvisato dal VAR, in un’epoca in cui basta veramente nulla per annullare un gol.

Il Padova avrebbe vinto quella partita all’ultimo minuto grazie a una punizione di Cosimo Chiricò, oggi trascinatore proprio del Crotone, la contender del Catanzaro per la promozione diretta. I calabresi di certo non sono stati fortunati, ma è possibile anche che Vivarini, quando parla di credito, ripensi alle ingiustizie della propria carriera: una combine di cui lui non sapeva nulla, che gli ha negato una promozione storica, l’esonero di Empoli, il fallo di mani di Antenucci, il crudele epilogo di Padova.

Viviamo un periodo del calcio italiano in cui stanno emergendo sempre più allenatori con proposte di gioco fresche ed offensive. Vivarini, pur in Serie C, appartiene alla categoria. Il Catanzaro è un piacere per gli occhi, una squadra dalle mille risorse. I giallorossi alternano costruzione palleggiata e sviluppo diretto. I giocatori si avvicinano tra di loro per triangolare e la palla corre veloce da una fascia all’altra del campo, con gli avversari costretti a ballare dietro al possesso delle aquile: sono già cinquantotto i gol segnati, a fronte di soli otto subiti, a dimostrazione di una fase difensiva oliata tanto quanto quella offensiva.

Vivarini ha cinquantasette anni, non è più un allenatore di primo pelo. Catanzaro, per lui, è l’occasione più succosa di ritornare in Serie B con un progetto solido, che ha già plasmato, e magari di affermarsi definitivamente in cadetteria. Sul campo sta facendo tutto il possibile per incanalare la squadra verso la vittoria. Ci sono dettagli, però, che sfuggono al suo controllo, tra questi le decisioni degli arbitri. Visto il passato, è normale che per un attimo il tecnico giallorosso abbia perso le staffe.

Catanzaro è una piazza molto umorale, come nella miglior tradizione del calcio del mezzogiorno. Vivarini, fino ad oggi, ha ottenuto ottimi risultati proprio perché, prima ancora dell’organizzazione di gioco, ha impresso serenità nei suoi giocatori, che col pallone non perdono la pazienza e non si lasciano prendere dallo sconforto se il gol non arriva subito.

L’allenatore abruzzese e il Catanzaro, dopo tante sofferenze, sono in cerca di redenzione. Per entrambi sembra esserci un’unica strada, la promozione diretta: un colpo solo, come De Niro nel Cacciatore. Se riuscirà a mantenere freddezza e lucidità, allora Vivarini potrà pareggiare i suoi conti con la sorte.

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