Assoldata al dio denaro e alla necessità di avere sempre maggiori vetrine per mostrarsi al mondo intero, anche la federazione internazionale del volley s’è piegata alla “ragion di stato”: nel quadriennio 2025-2028 andrà in scena una vera e propria rivoluzione, che ruoterà tutta attorno alla volontà del board mondiale di voler istituire un campionato del mondo per nazionali non più ogni quattro, ma ogni due anni.
Una decisione che finisce per confinare i campionati continentali negli anni pari, con la scomoda concomitanza dell’ultimo anno, quando ad esempio gli Europei finiranno per accavallarsi con le Olimpiadi di Los Angeles.
Ma la FIVB non ha voluto sentire ragioni: la riforma del calendario è pressoché cosa fatta e attende soltanto che il CIO ratifichi il nuovo regolamento di qualificazione ai giochi, in quanto i tornei preolimpici saranno i grandi esclusi dal nuovo format di gare.
- Le ragioni della Fivb: gli atleti al centro
- I numeri che avvallano la rivoluzione
- La formula del nuovo Mondiale
- Quali sono le reali esigenze degli atleti
- L’Italia di Fefè De Giorgi è già qualificata
Le ragioni della Fivb: gli atleti al centro
Le polemiche infuriano ormai da un paio di settimane, ma la sensazione è che le lamentele avanzate da molti protagonisti del mondo della pallavolo resteranno inascoltate.
Anche perché la FIVB è tornata poche ore fa sull’argomento, lasciando intendere chiaramente come la decisione di rimodulare il calendario internazionale sia stata “concordata” con la Commissione Atleti.
La voce degli atleti rimane una componente fondamentale nello sviluppo e nell’implementazione dei calendari
hanno ribadito in un comunicato gli organismi che governano il volley mondiale. Che a sostegno della loro tesi hanno rilanciato anche alcuni numeri: poiché la durata dei Mondiali sarà ridotta dai 23 giorni dell’edizione 2022 ai 17 di quelle in programma nel 2025 e nel 2027, ogni squadra giocherà un massimo di 7 partite (prima erano 8 se non 9) e una riforma è attesa anche per ciò che riguarda la formula del torneo olimpico (da 8 a massimo 6 partite) e soprattutto della Nations League.
I numeri che avvallano la rivoluzione
A tal proposito, una ricerca condotta negli ultimi due anni ha constatato che più del 65% delle atlete donne e del 77% degli uomini hanno avuto oltre 31 giorni di riposo prima di iniziare la competizione, mentre soltanto l’11% delle donne e il 2% degli uomini ha avuto un tempo di riposo inferiore a 18 giorni (cioè tra la fine delle gare con le squadre di club e gli impegni con le nazionali). Numeri che per qualcuno dicono tutto e niente, ma che la FIVB interpreta alla stregua di valido supporto per suffragare la propria tesi.
La formula del nuovo Mondiale
“Less is more” è lo slogan coniato per provare a convincere l’opinione pubblica della bontà della riforma del calendario internazionale.
Il taglio dei tornei preolimpici (unitamente alla World Cup e alle qualificazioni per i tornei continentali) è la chiave di volta attorno alla quale la FIVB ha provato a vincere le ultime resistenze degli atleti: a Los Angeles 2028 si qualificheranno le prime tre classificate al mondiale 2027, la vincitrice degli Europei (da stabilire se quella del 2026 o se quella del 2028, ma a quel punto bisognerebbe anticipare la competizione a giugno e ad oggi la cosa appare assai complessa) e le migliori tre squadre del world ranking non ancora qualificate al termine.
Quali sono le reali esigenze degli atleti
Preservare la salute e il benessere dei giocatori è ciò che più sta a cuore alla federazione (almeno a parole…), ma in qualche modo la riforma sembra scontrarsi con le reali esigenze degli atleti. Poco importa però alla FIVB, che con un mondiale ogni due anni troverebbe un modo per aumentare visibilità e dare l’opportunità anche a mercati emergenti di entrare a far parte del gotha del volley internazionale.
Perché la formula dei nuovi campionati del mondo prevede la partecipazione di 32 squadre, divise in 8 gironi da 4 ciascuno, con le prime due qualificate agli ottavi (e poi avanti con gare a eliminazione diretta).
Un modo per accontentare anche i continenti meno “nobili” del panorama del volley, ma soprattutto per cercare di monetizzare al meglio, anche per quel che riguarda i diritti televisivi.
L’Italia di Fefè De Giorgi è già qualificata
La riforma del calendario verrà ratificata (a meno di clamorose sorprese) entro la fine del 2023. L’Italia di Fefè De Giorgi è già qualificata per i prossimi mondiali, in programma nel 2025, in quanto nazionale detentrice del trofeo grazie al successo ottenuto nel 2022.
Poi nel 2026 ci sarà da difendere l’oro europeo conquistato nel 2021. Nel 2027 torneranno i mondiali, preludio a un 2028 di forti emozioni con Olimpiadi (dal 14 al 30 luglio) ed Europei, solitamente in programma tra la fine di agosto e l’inizio di settembre (da vedere, come detto, se verranno anticipati a giugno al posto della Nations League per decretare le ultime qualificate ai giochi). E lo stesso programma attenderà la nazionale femminile di Davide Mazzanti.
Il tutto “sacrificato” sull’altare di visibilità e ricavi. È davvero questa la via migliore per far crescere la pallavolo? Più di un addetto ai lavori non sembrerebbero esserne tanto sicuro. Dopotutto i mondiali (il calcio e il basket insegnano) sono il secondo appuntamento per importanza dopo le Olimpiadi. E la sua ciclicità quadriennale in qualche modo ha consegnato loro quell’aurea di grandezza che non potrà e mai dovrà essere svenduta per qualche click in più.