Anche Sarah Fahr è tornata a casa con l’oro al collo. Parigi resta un ricordo indelebile che si va a incastonare nella miriade di orme lasciate per strada durante il cammino. Quante vite ci sono in una vita di nemmeno 23 anni? Nel caso di Fahr le virate sono tantissime: non sempre rose e fiori, spesso secchiate di dolore e sofferenza. A un certo punto considera anche l’opzione di mollare tutto, poi qualche incontro decisivo riesce a restituirle voglia e desiderio. Incide nella testa della giovanissima centrale dell’Imoco e dell’Italvolley: una botta di energia che contribuisce a rivedere azioni e prospettive.
- Ogni istante di sofferenza si è trasformato
- Dopo la finale è esploso tutto
- Velasco aveva le idee chiare
- Sofferenze atroci che aiutano a crescere
- Il problema con l'alimentazione
- Un paio di incontri decisivi
- L'uomo del treno
Ogni istante di sofferenza si è trasformato
Quando Sarah ha capito come e perché rialzarsi, ogni istante di sofferenza si è trasformato in un momento di crescita necessario. Finisce che ogni valutazione si riduca a due settimane di gara, a sei partite che rasentano la perfezione. Invece no: finire sul primo gradino del podio è solo la finalizzazione di un percorso lunghissimo in cui l’alternanza di momenti drammatici e momenti felici è una simbiosi.
Nella lunga intervista rilasciata da Fahr a Pierfrancesco Catucci e apparsa sul Corriere della Sera, la pallavolista fa sintesi e narrativa: gli infortuni, i disturbi alimentari, ma anche la forza di un paio di incontri – il fidanzato Nicolò e un uomo semi paralizzato conosciuto sul treno – e l’approdo sicuro tra gli affetti eterni, i nonni.
Dopo la finale è esploso tutto
Ancora: il desiderio di fare la ginnasta, un rapporto ossessivo col cibo e un punto di non ritorno da cui è venuta fuori alla grande. Oggi è una delle giocatrici più quotate, il futuro sta con lei, la bacheca parla già chiaro: di fianco agli scudetti e alle coppe vinte con l’Imoco finisce, in bellavista, la medaglia più preziosa: la presenza di uno staff capace di normalizzare gli eccessi emotivi dei Giochi è stato l’aiuto più importante per arrivare a godersi la finale olimpica.
Appena dopo è esploso tutto: gioia immensa, indescrivibile. Non ricordo benissimo l’ultimo punto contro gli Usa ma le lacrime sì. Non è stato semplice gestire l’euforia successiva alla vittoria in semifinale: più di una di noi non ha dormito ma occorreva restare concentrate. Quando siamo tornate in Italia ho realizzato di più: in tantissimi hanno cominciato a fermarmi per farmi i complimenti o chiedere una foto.
Velasco aveva le idee chiare
Il punto di svolta? Ormai lo sanno tutti: è stato il momento in cui Julio Velasco ha accettato di traghettare l’Italvolley verso la Francia.
Aveva le idee chiarissime: sapeva cosa voleva da ognuna di noi. Ha dato regole ed equilibrio, ci ha fatto stare tranquille.
Sofferenze atroci che aiutano a crescere
Gli ultimi anni di Fahr, tuttavia, sono stati un cammino in salita:
Sofferenze anche atroci che mi hanno aiutato a crescere. Il conflitto col mio corpo, gli infortuni gravi e la lotta col cibo: senza questi passaggi, che mi hanno fatto maturare, non sarei la donna e l’atleta che sono.
Il problema con l’alimentazione
Il conflitto alimentare ha un ruolo preminente nel passato recente di Sarah:
L’adolescenza è stata la prima grande rivoluzione, quando il tuo corpo comincia a cambiare e ti sembra di vedere il giudizio negli occhi degli altri. Poi la pandemia, l’approdo a Conegliano. Volevo sentirmi all’altezza, essere più magra, più atletica, più tutto. Ho iniziato una dieta sempre più ferrea: mi logorava nell’anima. Ci è voluto un po’ per capire che ero nel pieno di un disturbo dell’alimentazione. E sono sicura sia stata una delle cause del primo infortunio.
Un paio di incontri decisivi
Dagli imbuti, spesso, non si esce da soli: serve la forza di volontà che – in molti casi – riaffiora solo in seguito agli incontri giusti.
Nel caso di Fahr, oltre al calore della famiglia (il nonno in particolare ma anche Conegliano: un club che è una seconda famiglia), c’è stato anche Nicolò:
Il mio fidanzato, l’ho conosciuto e mi ha presa per mano, mi ha riportata sulla terra e mi ha accompagnato fuori dal tunnel. Da un paio d’anni ne sono fuori e ne parlo perché spero che la mia storia possa aiutare tante altre persone: se ne può uscire.
L’uomo del treno
L’altra tegola, un paio di tegole, sono stati gli infortuni: gravi entrambi con la rottura del crociato. La prima volta si affronta, la seconda si rischia di crollare:
Volevo smettere, ero disperata, svuotata”. Poi lo zampino della casualità: un incontro dal nulla, su un treno per Roma: “Stavo andando a farmi operare, finisco a parlare con un libraio di Conegliano. Mi ha detto che era un tifoso dell’Imoco e ho cominciato a vomitargli addosso il mio dolore. Mi aspettavo la sua compassione, invece era impassibile: poi mi ha detto che era semiparalizzato e che aveva ripreso a camminare dopo 18 anni di fisioterapia. Da allora tutto ha trovato un senso nuovo.
Adesso Sarah si sente una donna fortunata.