Danubio è il nome di un fiume che attraversa gran parte dell’Europa dell’Est, bagnando ben quattro capitali (Vienna, Bratislava, Budapest e Belgrado) prima di gettarsi nel Mar Nero. Danubio è il nome di una squadra di calcio di Montevideo, in Uruguay, fondata nel 1932 da due fratelli bulgari di Plovdiv. Danubio è il nome del protagonista di questa storia: Marcelo Danubio Zalayeta, che negli anni Duemila fu uno dei migliori calciatori uruguayani in circolazione.
La sua unica sfortuna fu quella di aver vissuto gli “anni sbagliati”, quelli in cui la Celeste stava vivendo una fase di crisi e ricambio generazionale. Così Zalayeta finì per trascorrere il periodo migliore della sua carriera in Serie A, soprattutto con la maglia della Juventus, dove si impose come una preziosa alternativa ai titolari. Giocatore che non rubava certo l’occhio per eleganza o spettacolarità, seppe guadagnarsi spesso la stima e la fiducia degli allenatori per il suo costante impegno e la sua efficacia in campo.
Marcelo Zalayeta: gli inizi di carriera
Nato a Montevideo il 5 dicembre 1978, Zalayeta ha iniziato a giocare (ovviamente) nel Danubio, con cui ha esordito in prima divisione in Uruguay nel 1996, vivendo una stagione straordinaria e segnando 12 gol. Agli ordini di Miguel Angel Piazza, la Franja raggiunse un buon quinto posto in classifica, e grazie alle reti della sua giovane punta si impose come il terzo miglior attacco del campionato.
Prestazioni che gli valsero l’interesse del Peñarol, che da quattro anni vinceva il titolo nazionale. Nella squadra allenata da Gregorio Perez, Zalayeta si ritagliò fin da subito un ruolo da titolare in mezzo a due leggende come Luis Alberto Romero e Carlos ‘Pato’ Aguilera, migliorando ulteriormente il suo primato realizzativo, portato a 13 reti in 32 partite. Immancabilmente, arrivò la conquista dello scudetto, subito seguita dall’interesse del ct della nazionale maggiore Roque Maspoli, che proprio in quell’anno decise di farlo esordire nella Celeste.
Ma il 1997 di Zalayeta va ricordato ancora di più per le sue prestazioni al Mondiale U20 in Malesia, al quale prese parte con la formazioni uruguayana allenata da Victor Pua. In campo, assieme a lui, c’era Gustavo Munua, Fabian Carini, Martin Rivas, Pablo Garcia, Cesar Pellegrin e Nicolas Olivera. Quella dell’Uruguay sembrava a tutti gli effetti la nuova generazione d’oro del calcio charrua, capace di arrivare fino alla finale del Mondiale in cui si rivelarono giocatori come Riquelme, AImar, Owen, Trezeguet e Anelka. Zalayeta si impose come uno dei giocatori migliori del torneo, e la Juventus non se lo volle far scappare: versò 5 miliardi di lire al Peñarol per il suo cartellino, più altri 3 al Danubio per il compagno di nazionale Pellegrin.
Marcelo Zalayeta: il lungo ambientamento in Italia
In quegli anni, la Serie A era uno dei campionati più competitivi e difficili al mondo, soprattutto per un attaccante, che doveva scontrarsi con difese arcigne e che concedevano pochi spazi. La Juventus, in quel momento, era una delle squadre più forti del mondo: l’anno prima era arrivata alla finale di Champions e vinto campionato, Supercoppa europea e Coppa Intercontinentale. Sul mercato, però, Marcello Lippi e la dirigenza avevano deciso di operare una grande rivoluzione in attacco: di fatto, era rimasto il solo Del Piero (con Amoruso come alternativa), mentre erano stati ceduti Vieri, Boksic e poi anche Padovano. I primi due erano stati rimpiazzati con giocatori di alto profilo come Fonseca e Filippo Inzaghi, mentre Zalayeta era più che altro un colpo in prospettiva futura.
Zalayeta arrivò a gennaio e partì benissimo, segnando un gol all’esordio contro il Napoli, ma in generale in quella stagione – che per la Juventus fu molto positiva: scudetto, Supercoppa italiana, finale di Champions League – l’uruguayano giocò appena 7 partite, senza più segnare. Così, nella stagione seguente venne ceduto in prestito all’Empoli, che dopo una convincente salvezza aveva perso Spalletti in panchina e lo aveva sostituito con Mauro Sandreani. La stagione in Toscana non fu facile, ma permise all’attaccante di Montevideo di giocare accanto a un giocatore come Arturo Di Napoli, mettendo a segno 2 gol in 17 partite, senza riuscire a evitare la retrocessione in B.
Nel tentativo di fargli fare maggiore esperienza – e anche considerando l’arrivo di Darko Kovacevic – la Juventus pensò di concedere Zalayeta in prestito biennale al Siviglia, nella prima divisione spagnola. In Andalusia, sarebbe tornato a fare coppia in attacco con Nicolas Olivera, assieme al quale era esploso al Mondiale U20, oltre che con l’argentino ex Vicenza Marcelo Otero. Ma la formazione sivigliana non riuscì mai a trovare la quadra, e a fine stagione arrivò la retrocessione in seconda divisione. Nell’annata seguente, Zalayeta replicò le 5 reti che aveva fatto in Liga, e contribuì in maniera importante all’immediato ritorno nella massima serie, sotto la guida di Joaquin Caparros.
Le sue prestazioni, comunque, non erano state così convincenti a livello realizzativo come la Juventus si aspettava. Fu infatti con un po’ di sorpresa che l’uruguayano venne confermato in bianconero per la stagione 2001/2002. Uno dei motivi era sicuramente il fatto che in panchina, dopo la poco fortunata parentesi di Ancelotti, era tornato Marcello Lippi, suo grande estimatore. Ma Zalayeta sarebbe comunque partito come addirittura quinta scelta in attacco: titolari fissi Del Piero e Trezeguet, pronti a subentrare Salas e Amoruso, e solo a quel punto veniva il 23enne di Montevideo.
Marcelo Zalayeta alla Juventus: l’affermazione della riserva di lusso
Fin da questa prima stagione divenne chiaro a tutti, e a Lippi in particolare, quale poteva essere l’apporto di Marcelo Zalayeta alla Juventus. Centravanti dal fisico imponente e massiccio, dotato di un buon scatto e tanto spirito di sacrificio, l’uruguayano poteva integrarsi con chiunque in attacco, sia da terminale offensivo che da punta di appoggio. E soprattutto dimostrò che poteva farsi sempre trovare pronto.
Se in campionato non riuscì mai a trovare il gol nei pochi scampoli di partita che gli furono offerti, in Champions League segnò una rete, ma soprattutto fu il trascinatore della Juve in Coppa Italia, con 5 reti in 8 partite, che portarono la squadra fino alla finale. Supplendo in maniera superba ai titolari, permise a Del Piero e Trezeguet di tirare il fiato nella lunga stagione, così da potersi concentrare in campionato e portare a casa l’ennesimo scudetto.
Convinse Lippi a tal punto che in estate, con la cessione di Amoruso, Zalayeta scalò posizioni in attacco, superando anche il deludente Salas, e diventando la quarta punta, dietro ai due titolari e al nuovo arrivato Marco Di Vaio. Con 8 gol stagionali, ripartiti tra le tre competizioni, fu uno dei grandi protagonisti dell’annata dei bianconeri, che vinsero ancora lo scudetto e raggiunsero un’altra finale di Champions League.
Nell’estate del 2003, con l’arrivo del talentuoso Fabrizio Miccoli dal Perugia, l’ex Danubio venne nuovamente retrocesso a quinta scelta, trovando spazio soprattutto nelle coppe (2 gol in Coppa Italia e 1 nei gironi di Champions League), prima di venire ceduto a gennaio al Perugia, di nuovo in prestito. Ma nella complicata stagione degli umbri, chiusa con la retrocessione, non riuscì mai a trovare la condizione ideale, limitandosi ad appena 5 partite.
Tornò a Torino trovando Fabio Capello come nuovo allenatore. Il tecnico scudettato con la Roma del 2001 capì che le qualità tattiche di Zalayeta potevano essere molto utili in una squadra che puntava su tre attaccanti da serata di gala come Del Piero, Trezeguet e il nuovo arrivato Zlatan Ibrahimovic. E quella fu in assoluto la sua miglior stagione con i bianconeri: 9 gol complessivi, di cui 6 in Serie A, che furono molto preziosi per arrivare a vincere lo scudetto. Nell’annata seguente, il suo minutaggio e anche i gol (uno solo) si ridussero, principalmente a causa dell’arrivo di Adrian Mutu. Ma fu anche l’anno che si concluse con Calciopoli, lo scandalo che portò alla revoca degli ultimi due scudetti e alla retrocessione d’ufficio in Serie B.
Mentre molte stelle bianconere scelsero di lasciare la squadra, Zalayeta fu uno di quelli che decise di restare, dando il suo apporto al ritorno nella massima serie con 4 reti segnate in 16 partite. Gli anni alla Juventus sono stati densi di successi per l’attaccante classe 1978, che pur non essendo mai divenuto un titolare ha saputo ritagliarsi uno spazio di rilievo nella formazione bianconera.
Soprattutto, sono stati anni che hanno permesso di mettere un po’ in secondo piano le grandi delusioni con l’Uruguay: dopo aver mancato del tutto la qualificazione ai Mondiali del 1998, la Celeste era riuscita ad andare a Corea e Giappone 2002, ma era uscita malamente al primo turno senza vincere nemmeno una partita e Zalayeta non era stato comunque convocato. Nell’estate del 2006, quand’era all’apice della forma, l’Uruguay aveva nuovamente fallito la qualificazione ai Mondiali, perdendo clamorosamente lo spareggio con l’Australia. E quella partita finì anche per essere la sua ultima in nazionale.
Un nuovo Zalayeta: idolo di Napoli
Nella nuova Juventus di Claudio Ranieri, di nuovo in Serie A, il posto di Zalayeta non era più garantito dopo l’arrivo di Vincenzo Iaquinta dall’Udinese e così la punta uruguayana sentì che era giunto il momento di lottare per un posto da titolare altrove. Si trasferì allora in comproprietà per 1,4 milioni all’altra illustre neopromossa, il Napoli di Edi Reja, che sul mercato stava spendendo non poco per rinforzare la sua rosa: erano arrivati Manuele Blasi, Marek Hamsik, Walter Gargano ed Ezequiel Lavezzi. Sebbene partisse di nuovo come quarta scelta (dietro Lavezzi, Calaiò e il ‘Pampa’ Sosa), ancora una volta l’attaccante di Montevideo seppe rivelarsi l’uomo a cui affidarsi in caso di necessità, segnando 8 reti in 24 incontri, secondo miglior realizzatore in attacco dietro il ‘Pocho’.
Il Napoli chiuse con un ottimo ottavo posto in classifica, che significava la qualificazione alla Coppa Intertoto, che venne vinta in estate, valendo l’accesso alla Coppa UEFA 2008/2009. Sosa e Calaiò erano partiti, e dall’Argentina era arrivato ‘El Tanque’ German Denis per fare coppia con Lavezzi, il che faceva di Zalayeta la prima alternativa in avanti. Ma quest’annata si dimostrerà più complicata del previsto, con l’eliminazione del Napoli al primo turno di Coppa UEFA e un curriculum non proprio esaltante in campionato, che portò all’esonero in corsa di Reja e all’arrivo di Donadoni. L’attaccante di Montevideo si limitò a 4 gol in 32 partite, tutti in Serie A, dove i partenopei chiusero in dodicesima posizione. Per l’annata successiva, De Laurentiis volle portare a Castel Volturno un bomber di primo piano, sborsando 18 milioni di euro all’Udinese per Fabio Quagliarella, e rendendo di fatto superfluo Zalayeta.
Gli ultimi anni di carriera di Marcelo Zalayeta
La sua ultima stagione in Italia fu al Bologna, dove si ritrovò a giocare in attacco assieme ad Adailton e a Marco Di Vaio, che aveva già incontrato alla Juventus. 4 gol in 29 partite, in puro stile Zalayeta: pochi ma buoni, per mantenere i rossoblù sopra la linea di galleggiamento ed evitare così la discesa in Serie B. A 32 anni, però, la punta uruguayana decise di cambiare aria, e si trasferì dunque in Turchia, nel Kayserispor, a fare la stella dell’attacco della squadra allenata da Shota Arveladze. Segnò 7 gol in 14 partite di campionato, un’ottima media, aiutando i giallorossi a raggiungere un ottimo sesto posto e mancando di poco la qualificazione alla Coppa UEFA.
A quel punto, come nella migliore tradizione, venne il momento di tornare a casa. Nell’estate del 2011 firmò per il Peñarol, tornando a vestire il giallonero della squadra più amata d’Uruguay per la prima volta dopo 14 anni. Zalayeta giocò qui altre cinque stagioni, segnando in tutto altri 53 gol, e ritrovandosi accanto a giocatori come Fabian Carini, Carlos Amodio, Fabian Estoyanoff, Santiago Silva, Diego Forlan e un giovanissimo Federico Valverde. Prima del ritiro, nel 2015 a 37 anni, era riuscito a vincere altri due titoli nazionali.
Marcelo Zalayeta oggi: che fine ha fatto?
Oggi Marcelo Danubio Zalayeta ha 44 anni, e ha completamente lasciato il mondo del calcio. Le ultime informazioni su di lui raccontano che, incredibilmente, la sua nuova vita consiste in un negozio di frutta e verdura a Montevideo, che gestisce assieme alla sua famiglia e, che secondo varie fonti, sarebbe stato il suo sogno fin da bambino.