Adriano Malori in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha parlato della sua depressione, raccontata nel suo libro in uscita “Rialzati. Un campione in lotta contro il destino”. Una carriera spezzata da due gravi cadute: “Dopo il 2016 ho riprovato a rientrare ancora, ma non ne avevo più. Bisognava essere onesti: ritirarsi e ripartire. Una nuova vita, scelta il giorno dopo il mio addio. Mai mollare è un slogan abusato e banale. Però nei momenti nerissimi è l’unica cosa da fare. La depressione è accucciata in un angolo, cani neri (come li chiamava Winston Churchill, ndr) pronti a divorarti. Devi trovare la forza per risalire la corrente, si può fare. Ai miei amici dico che ora mi faccio una bella risata quando non trovo un tavolo libero al ristorante, prima ne facevo un dramma. Oppure ero capace di urlare come un matto perché un meccanico sbagliava. Durante la mia riabilitazione ho visto bambini lottare per alzare un braccio, e lo facevano da quando erano nati. Ecco, cose così ti aprono gli occhi”.
Nel suo libro Malori parla anche di Pantani e Scarponi, entrambi vittime di un destino crudele: “E non lo meritavano. Il Panta mi ha illuminato, se chiudo gli occhi mi rivedo bimbo: io a saltare sul divano mentre lui vola sul Galibier al Tour 1998. Di Michele…Ho tanti ricordi bellissimi, spesso penso a lui: rido e piango nello stesso istante. Rido perché lui ti metteva sempre di buonumore; piango perché…”.
Ora Malori è diventato preparatore atletico: “Sì, ed è bello condividere emozioni e successi. Tra l’altro faccio un lavoro che mi piace e non disperdo la mia esperienza di ex ciclista professionista”.
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