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Amir Nasr-Azadani, il calciatore condannato a morte in Iran: la FIFPRO rompe il silenzio

A rivelare quanto sta accadendo la BBC e i giornali inglesi: l'ex giocatore sarebbe stato arrestato a novembre e potrebbe essere giustiziato dopo una tragica condanna a morte

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Quanto sta avvenendo in Iran, compresa la minaccia che incombe sul calciatore Amir Nasr-Azadani il quale sta per essere giustiziato, ha scosso l’opinione pubblica internazionale che attraverso le istituzioni preposte sta esercitando una pressione mediatica e politica che non ha eguali perché questa repressione, senza alcun filtro, cessi.

Amir Nasr-Azadani, interviene la FIFPRO

In segno di solidarietà e di protesta verso la decisione di condannare a morte l’ex giocatore, si è espresso pubblicamente anche il sindacato internazionale FIFPRO che si dice “scioccato e disgustato” per la pronuncia del tribunale.

Un messaggio pubblicato lunedì dall’account Twitter ufficiale del sindacato dei giocatori FIFPRO recitava:

“La FIFPRO è scioccata e disgustata dalle notizie secondo cui il calciatore professionista Amir Nasr-Azadani rischia l’esecuzione in Iran dopo aver partecipato a una campagna per i diritti delle donne e le libertà fondamentali nel suo paese.

Esprimiamo solidarietà nei confronti di Amir e chiediamo l’immediata revoca della punizione”.

La sollevazione civile che si sta consumando in Iran, a seguito della tragica morte della 22enne Mahsa Amini, scomparsa per asfissia mentre si trovava in custodia per una presunta violazione del codice di abbigliamento islamico del paese, non ha eguali dall’avvento della Repubblica islamica nel lontano 1979.

Le proteste di piazza, la sollevazione delle generazioni, i gesti simbolici tra i quali quello di tagliarsi i capelli in segno di sostegno e libertà per le donne alle quali è negato il basilare diritto all’istruzione o, come accaduto a Mahsa, di permettere ad altri soggetti di giudicare come e se si debba indossare il velo.

La protesta contro l’Iran ai Mondiali in Qatar

Durante i recenti Mondiali in Qatar, questa onda continua e persistente di protesta nonostante la dura repressione e le testimonianza terribili raccolte e rese pubbliche dal Guardian sull’accanimento delle forze islamiche contro i manifestanti, è stata percepita con evidente e drammatica evidenza quando la nazionale iraniana è rimasta in silenzio al debutto durante l’inno.

Un gesto di resistenza umana che, evidentemente su pressione delle istituzioni, non è stato replicato tra le lacrime degli stessi calciatori e del pubblico sugli spalti.

Pubblico che ha manifestato in sostegno e rispetto per Mahsa Amini con una maglia della nazionale iraniana con il suo nome sulle spalle e il numero 22, l’età della donna assassinata per aver indossato in modo improprio – secondo la polizia morale – il velo.

Le esecuzioni in Iran: i timori per Amir Nasr-Azadani

Solo lunedì scorso, la Repubblica Islamica ha impiccato in pubblico un uomo che secondo i media statali era stato condannato per l’uccisione di due membri delle forze di sicurezza, la seconda esecuzione in meno di una settimana di persone coinvolte nelle proteste contro la teocrazia al potere in Iran.

“Majid Reza Rahnavard è stato impiccato in pubblico a (la santa città sciita di) Mashhad questa mattina… È stato condannato a morte per ‘aver fatto guerra a Dio’ dopo aver accoltellato a morte due membri delle forze di sicurezza”, ha riferito la magistratura, riporta l’agenzia di stampa Mizan citata dal Daily Mail.

La stesa Mizan che ha pubblicato le immagini dell’esecuzione all’alba, che mostrano Rahnavard appeso a una gru edile, con mani e piedi legati e la testa coperta da un sacco nero.

Il Dipartimento di Stato americano ha condannato l’Iran, per l’esecuzione brutale di Rahnavard:

“Denunciamo questo trattamento con la massima fermezza. Queste dure condanne e ora la prima esecuzione pubblica… hanno lo scopo di intimidire il popolo iraniano. Hanno lo scopo di sopprimere il dissenso”, ha detto ai giornalisti il ​​portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price durante un briefing.

Giovedì l’Iran ha impiccato Mohsen Shekari, condannato per aver ferito una guardia di sicurezza con un coltello e aver bloccato una strada a Teheran stando a quanto ha riferito la BBC in farsi, destando clamore e preoccupazione per la gravità di queste esecuzioni.

Amir Nasr-Azadani potrebbe essere uno dei prossimi, se la decisione di eseguire la condanna verrà attuata.

La denuncia all’opinione pubblica internazionale

Amnesty International ha affermato che le autorità iraniane chiedono la pena di morte per almeno 21 persone in quelli che ha definito “processi fittizi progettati per intimidire coloro che partecipano alla rivolta popolare che ha scosso l’Iran”.

Altrettanto allarmanti sono le evidenze poste all’attenzione delle istituzioni internazionali avanzate dall’Iran Human Rights con sede a Oslo e dalla stessa Ong, che sta continuando a combattere perché si intervenga davanti a questa violenza che non risparmia donne e bambini. E che, come ha riportato il Guardian che ha citato medici e infermieri, include colpi di rama da fuoco che puntano a occhi, organi genitali e seni delle donne che chiedono il rispetto basilare dei loro diritti fondamentali.

Fonte: Getty Images

L’omaggio a Mahsa Amini e la denuncia sulla condizione femminile contro l’Iran in Qatar

Il destino incerto di Amir Nasr-Azadani

Tra costoro potrebbe esserci anche il giovane calciatore iraniano. Il giudice Asadollah Jafari ha detto che l’ex calciatore è “uno dei nove imputati nel caso in cui tre agenti di sicurezza sono stati martirizzati durante i disordini del 25 novembre”, secondo quanto riporta RaiNews.

Tra le altre accuse, la corte contesta al giovane atleta l’appartenenza a bande illegali che operano con l’intento di colpire la sicurezza del paese e della società e crimini contro la sicurezza”, ossia “assistenza in guerra”. Alcuni ex atleti e calciatori iraniani, tra cui Ali Karimi e Mehdi Mahdavikia, hanno chiesto il suo rilascio.

Parrebbe aprirsi invece uno spiraglio per Mahan Sedarat Madani, 23 anni, condannato “per aver mosso guerra a Dio”, la cui esecuzione sembrava in questi giorni imminente. L’agente Mohammad Reza Qonbartalib, che aveva sporto denuncia, ne ha annunciato su Twitter “la sospensione e il rinvio” dell’esecuzione della condanna a morte per il giovane che ieri sembrava essere imminente. Ha affermato di aver perdonato l’accusato e si è detto intenzionato a fermare la sua condanna. La magistratura per ora non conferma

Intanto altri due condannati a morte, Mohammad Broghani e l’attore di teatro Hossein Mohammadi, rischiano di essere uccisi molto presto, secondo quanto denunciano diversi gruppi a difesa dei diritti umani. In tutto, dovrebbero essere una decina le persone condannate alla pena capitale ancora in vita, altre 15-20 rischiano a breve la medesima sentenza: il condizionale è d’obbligo, viste le difficoltà nel verificare l’effettivo numero.

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