Damian Lillard va da Giannis Antetokounmpo. Che già suona più o meno in questi termini: a Milwaukee tra un mese scarso sarà Dame Time, con l’orologio da polso più famoso della pallacanestro a stelle e strisce pronto a ticchettare per lanciare un nuovo assalto all’anello.
Che per Lillard sarà anche verosimilmente il primo, dal momento che nelle 11 stagioni trascorse a Portland non ha mai avuto l’opportunità di giocarselo per davvero (s’è fermato alle finali di conference 2019, perse contro i Warriors).
I Bucks fanno un super colpo, ma un po’ tutta l’NBA esce “sconquassata” dalla trade che a sorpresa ha spedito il figlio prediletto dei Blazers in Wisconsin. Dove assieme al greco formerà una coppia destinata a giocarsi la vetta a Est, degnissima candidata per accaparrarsi un posto nelle Finals.
Era quello che voleva Lillard: a 33 anni, dopo un’onestissima carriera trascorsa a Portland, di cui è stato anima e bandiera, anche per lui arriva la tanta sospirata chance della vita. Anche se forse non è quella che avrebbe davvero desiderato.
- Lillard si era esposto da mesi
- Il pezzo pregiato di un'operazione articolata
- Per i Bucks è all-in
- Le scelte di Portland e Phoenix
- Tutti felici e contenti
Lillard si era esposto da mesi
Perché Lillard si era esposto da mesi, affermando a più riprese di voler salutare l’Oregon per trasferirsi dalla parte opposta degli Stati Uniti. Voleva andare però al sole della Florida, specificatamente quello di Miami, che l’ha corteggiato a lungo, senza avere però le necessarie credenziali tecniche per poter imbastire una trade degna di tal nome per strapparlo alla concorrenza.
Così, dopo mesi di stallo, quando i Bucks si sono presentati alla porta dei Blazers, la fumata bianca è arrivata a stretto giro di posta.
Il pezzo pregiato di un’operazione articolata
Lillard è il pezzo pregiato dell’operazione che coinvolge in tutto tre squadre, sette giocatori e tre scelte: a Portland finiscono Jrue Holiday, DeAndre Ayton e Toumano Camara, più una scelta di primo giro non protetta dei Bucks nel 2029 e due scelte “scambiate” sempre con la franchigia del Wisconsin nel 2028 e 2030.
I Bucks prendono “solo” Lillard, mentre a Phoenix, l’altra squadra coinvolta nella trade, finiscono Jusuf Nurkic, Grayson Allen, Nassir Little e Keon Johnson.
E Miami? Senza carte da giocare, gli Heat sono rimasti giocoforza a guardare. Con Jimmy Butler che dovrà vedersela ancora da solo per tentare un altro assalto al titolo.
Per i Bucks è all-in
L’accoppiata tra Jimmy e Damian sembrava perfetta e tutti nell’ambiente NBA erano convinti che presto o tardi che fosse la fumata bianca sarebbe arrivata. Invece la nuova combo dei sogni è quella che vedrà Lillard assieme ad Antetokounmpo: totalmente diversi nei ruoli e nell’interpretazione della gara, con Dame molto più offensivo rispetto a Giannis, che in attacco fa favile, ma che in difesa ma spesso e volentieri la differenza.
I Bucks, vincitori dell’anello nel 2021 (rimontarono da 0-2 a 4-2 sui Suns), oggettivamente hanno alzato l’asticella: non si cede a cuor leggero uno come Holiday, se non per prendere qualcuno più forte e (sulla carta) più decisivo.
Jrue è un grande difensore e la sua assenza si farà sentire, ma la bilancia tra costi e benefici sembrerebbe pendere una volta tanto sulla seconda opzione. Insomma, Lillard è voluto andare in una franchigia pronta per consentirgli di lottare da subito per il titolo.
E benché Miami fosse la sua prima scelta, di sicuro Milwaukee non può essere considerato un ripiego. Anzi, forse è un upgrade ancora ulteriore, soprattutto se Giannis si manterrà integro.
Le scelte di Portland e Phoenix
Portland ha scelto la strada della ricostruzione: DeAndre Ayton ha un contrattone pesante, ma è un giocatore che forse ha già mostrato il massimo talento di cui dispone. Jrue Holiday è un talento assoluto, ma probabilmente verrà scambiato a breve per proseguire nel percorso di restyling, consapevoli che l’uomo nuovo del destino avrà il volto di Scoot Henderson, scelto alla numero 3 all’ultimo draft.
Phoenix s’è liberata di quell’Ayton che nello spogliatoio aveva litigato anche con gli armadietti, seppure non parlino: l’arrivo di Nurkic va visto come un rimpiazzo di tutto rispetto, anche se forse una squadra come i Suns avrebbe necessitato di un giocatore più mobile in difesa.
Allen e Little portano minuti di qualità in uscita dalla panchina, ma tanto le fortune della franchigia dell’Arizona dipenderà quasi esclusivamente da come gireranno Durant, Booker e Beal.
Tutti felici e contenti
Sulla carta, insomma, tutti felici e contenti:
- Lillard, perché è andato in una contender.
- Portland, perché ha ricevuto tanto anche in vista di reinvestire le nuove risorse per il rebuilding.
- Phoneix, che ha scaricato (finalmente) Ayton e allungato le rotazioni.
- Milwaukee, che al prezzo di un Holiday e un Allen s’è portata a casa un terzo quintetto 2023, assetato di voler dimostrare quanto vale in una squadra da titolo.
Toccherà al neo coach Adrian Griffin, esordiente assoluto nelle vesti di capo allenatore su una panchina NBA (ma con 15 anni alle spalle come assistente), trovare l’alchimia giusta. Magari ride meno Miami, che pure ha evitato un sanguinosissimo bagno di sangue pur di arrivare a quel sogno proibito chiamato Dame Time.
Che adesso rischia però di diventare spauracchio: era da qualche buona stagione che la corsa a Est non si presentava tanto elettrizzante.