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Beppe Signori racconta il proprio dramma: "Ho rischiato la vita"

L'ex attaccante di Lazio, Bologna e Nazionale si sfoga dopo la grazia concessa dalla Federcalcio: "Sono stato il mostro da sbattere in prima pagina, senza prove. Ho subito danni enormi, sono finito in ospedale e ho pensato a gesti estremi".

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Un incubo durato dieci anni esatti. Dal 1° giugno 2011, quando il nome di Giuseppe Signori era il più illustre tra quelli dei tanti arrestati per un’inchiesta, denominata ‘Last Bet’, legata ad un presunto giro di scommesse nel calcio, fino al 1° giugno 2021, il giorno della sospirata grazia firmata dal presidente della Figc Gabriele Gravina.

In mezzo due settimane di arresti domiciliari, in quella tarda primavera del 2011, la radiazione dal calcio e una serie di processi, gli ultimi nel febbraio e nel marzo scorsi, terminati con altrettante assoluzioni.

Giuseppe Signori è rinato a 53 anni e il giorno dopo il provvedimento della Figc non ha saputo trattenere l’emozione in una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’ nella quale il tre volte capocannoniere della Serie A ha anche ammesso di aver pensato anche a gesti estremi.

“Sono passati dieci anni, precisi precisi. Il primo giugno 2011 mi accompagnavano in questura a Bologna, il primo giugno 2021 è finito tutto. La grazia dopo due assoluzioni piene. Né manette né gabbia, grazie a Dio. Ho fatto quattordici giorni ai domiciliari e basta. La galera me l’hanno risparmiata. Ma risparmiare il carcere al boss dei boss non è forse una colpevole incongruenza? Una vicenda nata male, la mia”.

Signori denuncia poi la mediaticità dell’inchiesta: “Io ero soprattutto il volto dell’inchiesta. Nel 2011 non c’era niente. Non c’erano Mondiali, né Europei. Un nome abbastanza noto in Italia e nel mondo che non fosse tesserato. C’erano tutte le condizioni per trasformarmi da mente, finanziatore e scommettitore nella faccia da mostrare al pubblico. Carne da macello. Io ho acquisito le intercettazioni, in 70mila registrazioni il mio nome non esce mai… Non ci sono”.

L’ex attaccante della Nazionale ha poi svelato di avere avuto seri problemi di salute: “Sono tanti i danni che mi ha procurato questa storia. Cicatrici enormi. Due anni fa mi è partito un trombo dal polpaccio che ha bucato il polmone. Mi sono ritrovato al Sant’Orsola sdraiato, intubato, perché stavo per schiattare. Ovviamente al trombo hanno concorso diversi fattori, però l’inchiesta ha contribuito a debilitarmi, insomma l’ho somatizzata. Le troppe sigarette hanno fatto il resto. Ho avuto dei grossissimi momenti di sconforto, in particolare all’inizio. Non dico che ho pensato a gesti estremi… O meglio, ci ho pensato, ma non ho mai preso in considerazione l’idea di farla finita. C’erano i figli, mia moglie, gli amici più stretti che mi sono stati accanto, alcuni dei quali sono venuti a mancare, i miei familiari, mia sorella”.

Ora si riparte. Magari da quel tesserino da allenatore ottenuto poco prima della bufera… “È già una vittoria rivedere il numero del tesserino da allenatore ottenuto nel 2010, pochi mesi prima dell’arresto. Volevo fare l’allenatore. Dietro una scrivania non mi ci vedevo. Oggi mi piacerebbe rimettermi in gioco, faccio la battuta: vorrei scommettere su me stesso”.
 

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