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Boxe, Terrence Crawford nuovo Re dei welter: benvenuti nell'era del pugile che ha sette vite

15 anni da professionista, immacolati dopo 40 incontri, tutti vinti, 31 prima del limite. L’ultimo, sabato sera, ha rappresentato il capolavoro di una carriera: Errol Spence jr. era imbattuto come lui

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Terence Crawford è indiscutibilmente il miglior pugile in circolazione. Lo dicono i numeri, anzi le cinture che s’è messo sulle spalle, avendo unificato tutte e quattro le principali sigle dei pesi welter (WBA, WBO, WBC e IBF).

Lo dice soprattutto la storia dei suoi 15 anni da professionista, ancora immacolati dopo 40 incontri, tutti vinti, di cui 31 prima del limite. L’ultimo, sabato sera, ha rappresentato probabilmente il capolavoro di una carriera: Errol Spence jr. era imbattuto come lui, con 28 incontri disputati (e 22 vinti per ko.).

Al nono round Errol Spence jr è andato giù

Al nono round però non ha saputo resistere alla scarica di colpi portata dal fuoriclasse di Omaha, Nebraska, uno di quelli che per le statistiche (tanto per restare in tema di numeri) sarebbe già dovuto finire sotto terra da un pezzo, ma che come araba fenice è sempre risorto da suoi innumerevoli guai.

Un talento consegnato a un mondo che aveva tremendamente bisogno di un personaggio così, anzi di una storia come la sua. Perché parlare di personaggio è forse azzardato: Crawford è l’anti divo per eccellenza, il pugile che nessuna pay tv voleva far combattere, semplicemente perché nessuno sembrava disposto a spendere soldi per vederlo salire sul ring.

Se non sai venderti nell’era dei social e della globalizzazione mediatica, puoi essere bravo quanto vuoi, ma non diventerai mai una star. Anche se forse qualcuno adesso comincerà a pensarla in maniera differente.

“Sapevo di essere il migliore”

Terence Crawford ha fatto qualcosa che nel mondo del pugilato è riuscito davvero a pochi: riunire tutte e quattro le cinture dei welter era qualcosa difficile da programmare. L’ha fatto con una naturalezza innaturale, nel senso che Spence jr. mai si sarebbe aspettato di finire così facilmente al tappeto.

Ha invocato subito la rivincita, ma rischia di schiantarsi nuovamente contro un muro, anche perché la rivincita se mai ci sarà potrebbe avvenire in una categoria di peso differente, cioè nei medi leggeri, e la cosa in qualche modo potrebbe finire per avvantaggiare una volta di più Crawford.

Che di “aiuti”, va detto, non è che ne avrebbe bisogno.

Ho sempre sostenuto sin dal principio di avere talento e forza per diventare il migliore al mondo, adesso penso che non debba dimostrare ulteriormente di cosa sono capace

ha sentenziato a fine match.

Bud, altro che figura di contorno!

Il primo, forse, vero evento mediatico della sua carriera: il sold out alla T-Mobile Arena di Las Vegas e i profumatissimi soldi degli spettatori collegati in pay per view probabilmente è figlio anche della presenza del rivale, ma adesso sarà dura pensare a “Bud” (come viene soprannominato Crawford) come una semplice figura di contorno. Perché con tutte quelle cinture addosso, sarà piuttosto complicato trovare qualcuno in grado di andarlo a sfidare, consapevole dell’alto grado di difficoltà che un’eventuale sfida potrebbe comportare.

Crawford e l’infanzia rubata

Terence odia i riflettori, così come in vita sua ha odiato un’infinità di cose e persone. Nascere a Omaha di per sé non è una buona notizia se lo fai nel quartiere sbagliato: con il padre che andava e usciva da casa con la frequenza di un bus (ma a lui piaceva perché quando era presente lo faceva divertire) e con tantissime donne attorno (la mamma Debra, le due sorelle, la nonna Welma e la zia Jackie, morta di cancro nel 2003) il piccolo “Bud” doveva piuttosto sopravvivere per riuscire a condurre una vita “normale”.

Risse, espulsioni e tensioni

Ma di normale nella vita del piccolo Crawford c’è stato ben poco: le scuole facevano a gara a chi lo espelleva più rapidamente, di solito per le risse che provocava, eredità di tensioni che in famiglia si avvertivano forti.

E la mamma che ricorreva a metodi “antichi” per provare a correggerlo (fibbie, sandali o qualunque altro oggetto contundente andava benone) ha finito per accrescere in Terence una voglia di riscatto e una rabbia interiore che da qualche parte doveva pur sfogare.

Inevitabile per uno come lui non finire nella CW Boxing Club, diretta da un ex pugile chiamato Midge Minor, perfetto esempio di padre padrone di una palestra come la si vede nei film americani (dopotutto la realtà non è tanto dissimile dalla fantasia). Midge lo prende sotto la sua ala, gli fa fare diverse volte lo sparring partner, provando inutilmente a convincerlo ad abbandonare la guardia mancina.

Lui però è testardo e non cambia idea, ma i combattimenti “veri” non arrivano: da dilettante combatte una settantina di volte, poi nel 2008 passa professionista, ma per 5 anni di chance per un titolo non se ne vedono.

Si accettano miracoli: 12 proiettili addosso

Ha già vinto i primi 4 match disputati quando la sera del 30 agosto il destino decide di concedergli un’altra chance: durante una partita a dadi sul cofano di un’auto, seguita a un immancabile alterco con un buttafuori (e una mezza rissa con un poliziotto), gli vengono sparati 12 colpi di proiettile.

Uno, deviato dal parabrezza, gli procura una grossa ferita al cranio: ancora due centimetri e sarebbe stata la fine, ma la vita, come detto, gli riserva una seconda (o magari è la cinquantesima) opportunità.

Lo sparring partner meglio dei pugili veri

L’altra sliding door arriva nel 2011, quando si ritrova a fare i guanti con Tim Bradley, che ne intuisce subito le qualità, arrivando ad affermare che “questo ragazzo sarà un campione”. Si vocifera negli ambienti americani di un pugile che fa da sparring partner e che di solito manda in crisi i pugili più titolati.

Il titolo NABO dei pesi leggeri conquistato nel 2013 è poca roba: il 1° marzo 2014 si sposta a Glasgow e con decisione unanime toglie la corona WBO dei pesi leggeri a Ricky Burns. Seguiranno altri cinque anni di difese e vittorie, poi nel 2018 comincia la scalata ai titoli dei pesi welter: il primo è quello WBO, portato via all’australiano Jeff Horn.

Il sicario: altra scarica di proiettili

Due anni prima Crawford rischiò nuovamente di finire all’obitorio: a un incrocio vicino casa venne raggiunto da una scarica di 8 proiettili, che per puro caso non lo colpirono in nessuna parte del corpo.

Il sicario, forse confuso dalla nuova vettura del pugile (prima andava in giro con una Chevrolet Monte Carlo, ora viaggiava su una Chevy nera) cercava suo cugino, ma la mira non fu delle migliori.

Quella Monte Carlo era in riparazione, ma un alterco con il carrozziere costò a Terence ben 90 giorni di prigione, di cui solo metà scontati. La via della redenzione era però più vicina: dopo un viaggio in Uganda, nel quale poté toccare con mano il significato della parola povertà, Crawford si fece carico di recuperare un vecchio magazzino e costruirci sopra la B&B Boxing Academy, gratuita per qualsiasi ragazzo che avesse una pagella soddisfacente. Sapeva che doveva ricambiare al mondo i doni che aveva ricevuto.

Arriva quel giorno: l’apoteosi

Dal 2018 la boxe è divenuta dominante. Ma le tv non se lo contendono: “Bud” non dice una parola, è introverso, rifugge il ruolo di star. La boxe gli presenta il conto, anzi lo fa il suo storico manager Bob Arum: lo accusa di non voler fare soldi, anzi dice in mondovisione che con tutti i soldi persi per spese non rientrate nei suoi combattimenti avrebbe potuto comprarci una villa a Beverly Hills.

Terence, che a casa ha una compagna e cinque figli a cui badare, tira dritto per la sua strada. A fine 2021 il rapporto col manager si chiude e lui non si volta indietro. La chance della vita arriva quando, a fine 2022, viene annunciata la sfida con Errol Spence jr., il match dell’anno, l’incontro destinato a riscrivere la storia dei pesi welter.

E la storia la scrive Crawford, a caratteri cubitali: lezione di tattica, colpi assestati al momento giusto, vittoria schiacciante e senza fronzoli. Non è stata una passeggiata, ma “Bud” l’ha fatta sembrare tale. Dopo tutto quel che ha passato in vita sua, che volete che siano stati poco più di 28’ trascorsi a danzare e menare su un ring?

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