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Calcio, Nicolò Fagioli e le scommesse disattese: quanti calciatori dal talento compromesso o sprecato

Fagioli ma non solo: sono molti i calciatori che da giovanissimi hanno mostrato grande talento e che, per motivi tra loro differenti, non sono riusciti a confermare le aspettative

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Il caso è bello complesso, perché di vicende simili in Italia (e più in generale all’estero) non è che se ne contano poi tante. Nicolò Fagioli è il nome sulla bocca di tutti, ma c’è stato un tempo in cui quello stesso nome sui titoli dei giornali o nei servizi della tv c’è finito lo stesso, semplicemente per la grande impressione destata a livello di qualità espressa sul campo.

Stavolta il quadro è differente: Fagioli s’è assunto le propri responsabilità, ammettendo di essere dipendente dalle scommesse illegali, e pertanto autodenunciandosi davanti alla Procura Federale. E rischia tre anni di squalifica, sebbene i suoi legali sperano che proprio l’aver ammesso le proprie responsabilità davanti alla PM Manuela Pedrotta potrebbe concorrere ad ottenere uno sconto.

Cosa rischia Fagioli: civile, penale, sportivo

Di sicuro a livello civile e penale l’unico rischio al quale va incontro il centrocampista è il pagamento di una multa (con relativo patteggiamento). A livello sportivo il quadro è più complesso: in attesa della chiusura delle indagini, andrà accertato se Fagioli abbia puntato o meno sulle gare della propria squadra (cosa che lui ha smentito) o se abbia partecipato a puntate su altre squadre o comunque altre discipline.

Resta però la sensazione di una vicenda destinata a segnarne profondamente il prosieguo della carriera, trattandosi peraltro di un ragazzo di soli 22 anni, che meno di un anno fa ha debuttato in nazionale (nel successo per 3-1 in Albania, in amichevole) e che a giugno ha ricevuto il premio come migliore Under 23 dell’ultimo campionato di Serie A.

Vorrei ma non posso

Di giovani che si sono persi presto, finendo per non tenere fede alle “promesse” fatte da giovanissimi, il calcio italiano ne ha visti tanti, specialmente nelle ultime stagioni. A memoria, però, non si ricordano casi simili a quelli di Fagioli, cioè di calciatori che hanno ammesso di soffrire di una forma di ludopatia (di questo si tratta) tale da finire per condizionarne anche il regolare svolgimento dell’attività.

Di talenti “sprecati”, però, se ne contano fin troppi. E auspicando che Fagioli non finisca in questa lista (ha tutto il tempo per fare i conti col passato e mostrare il talento indiscusso di cui dispone), qualche buon nome illustre è comunque possibile farlo.

Giocatori, va detto, che da giovanissimi hanno mostrato di avere un talento tale da prefigurarne una carriera ad altissimo livello, quasi alla stregua dei grandi campioni che li hanno preceduti (Baggio, Del Piero, Pirlo, Nesta, Totti e via dicendo). Gente che a 22 anni, l’età attuale di Fagioli, qualcosa di importante era riuscita già a realizzare.

Balo e Cassano, inarrivabili

Quando nel 2021 France Football ha stilato la lista dei “talenti sprecati” del calcio, al primo posto ha messo Antonio Cassano. Scelta opinabile: Cassano la sua onesta carriera l’ha fatta, seppur vincendo molto meno di quanto avrebbe potuto e alternando periodi di grande vivacità ad altri nei quali ha sprecato occasioni enormi (si pensi al periodo passato al Real Madrid, in evidente sovrappeso).

A 22 anni Fantantonio s’era preso la leadership della nazionale a Euro 2004 (ma l’avventura finì male, seppur lui non ebbe molte colpe), giocava titolare nella Roma ed era assiduo frequentatore delle coppe europee.

Poi, un anno dopo, sarebbe cominciato il declino tra “cassanate” (cioè scenate e comportamenti sopra le righe), involuzioni tattiche e (soprattutto) fisiche e contrasti con ogni genere di allenatore. Una sorte toccata in buona misura anche a Mario Balotelli, che a 22 anni visse la sua annata migliore, trascinando la nazionale di Prandelli a un tiro di schioppo dal trionfo a Euro 2012 (quello fu anche l’ultimo e sporadico picco di Cassano, che aveva però 30 anni).

Balotelli all’epoca giocava nel City, che aveva condotto allo storico e rocambolesco trionfo in Premier del 2012, ma era già un assiduo frequentatore dei tabloid britannici più per questione extra campo (l’iconica maglia “Why always me?” è dell’ottobre 2011).

Quattro anni prima, quando s’era imposto sulla scena interista, sembrava il fenomeno destinato a cambiare per sempre la storia del calcio italiano. Tra alti (pochi) e bassi (tanti) la sua stella è durata una manciata d’anni appena, senza lasciare troppa traccia. E facendo parlare spesso più per gossip, risse e assenze. Insomma, una promessa non mantenuta. Recentemente è tornato in Turchia all’Adana Demirspor.

Chicco Macheda e Mimmo Morfeo

Quando Federico Macheda a 16 anni lasciò la Capitale, con il Manchester United che lo soffiò alla Lazio, in tanti si strapparono le vesti. Aveva talento, quel ragazzo, e due anni dopo lo mostrò in mondovisione segnando il gol della vittoria per 3-2 all’esordio in Premier contro l’Aston Villa (e che gol: tiro a giro all’incrocio).

In quegli anni il calcio italiano sfornava ancora talenti “solidi”, non promesse pronte a sfiorire in fretta, e “Chicco” sembrava destinato a diventare un protagonista assoluto della scena futura. Giocava con Cristiano Ronaldo e Rooney, ma due anni dopo l’incantesimo si era già rotto: Manchester è una piazza esigente e Macheda non riesce a convincere tanto a lungo.

Comincia così un lungo peregrinare che lo porta a toccare tantissimi paesi (oggi è in Turchia, ad Ankara), ma senza mai lasciare traccia e soprattutto senza mai arrivare in nazionale. Qualche anno prima di lui aveva illuso tanti Domenico Morfeo: all’Atalanta fece faville, sia nelle giovanili (scudetto Allievi, Primavera e un Torneo di Viareggio), sia in prima squadra.

Con l’Under 21 si laurea campione d’Europa nel 1996, ma nel suo ruolo giocano Totti e (inizialmente) Del Piero, e la concorrenza risulta essere spietata. Va alla Fiorentina, dove convince a sprazzi e subisce la presenza di Rui Costa, poi al Milan, col quale vince da comprimario lo scudetto 1999. Comincerà a girovagare tra prestiti e categorie, ma i bei tempi ormai erano andati.

I talenti mai sbocciati

Simone Scuffet a metà del decennio passato sembrava destinato a diventare l’erede designato di Gigi Buffon. Perché a 18 anni aveva impressionato difendendo i pali dell’Udinese, e portando via il posto al più esperto Brkic.

Tanto che in estate, dopo una manciata di gettoni appena in A, l’Atletico Madrid bussa alla porta: Scuffet vacilla, poi decide di voler restare ancora a Udine, per maturare con calma e per finire gli studi. È un treno che non passerà più: a Udine arriva Stramaccioni che lo relega in panchina, preferendogli Karnezis, e Scuffet l’anno dopo scende al Como, in B, a fare esperienza, ma di fatto vivendo la sua unica stagione da titolare (ce ne sarà un’altra a La Spezia, 4 anni dopo).

Va anche all’estero, poi nell’estete 2023 torna a Cagliari, dove però non parte titolare. Insomma, è una promessa rimasta incompiuta. Come quella che ha riguardato Hachim Mastour, classe 1998, che nel 2015 il Guardian inserisce tra i 50 prospetti migliori al mondo della sua età. Da Reggio Emilia (dove nasce) al Milan, che nelle giovanili se lo coccola e poi lo presta all’estero (Malaga e Zwolle), pensando di farlo maturare più in fretta.

Invece la stella di Mastour smette di brillare all’istante: nel 2018 resta senza contratto e prima va a giocare in Grecia, poi alla Reggina e al Carpi, quindi direttamente in Marocco, nemmeno nella massima serie. Evaporato.

Quelli che… troppe aspettative

Breve passo indietro: a cavallo del nuovo millennio, Francesco Coco è colui che in molti pensano possa diventare il nuovo Maldini. Perché gioca a sinistra, e seppur abbia cominciato come esterno di centrocampo, nel tempo si specializza nel ruolo di terzino.

Fa la trafila nelle giovanili rossonere, si fa un anno in prestito a Vicenza (proficuo), poi torna e comincia a giocare in un Milan, va detto, che sta attraversando una fase intermedia tra “gli invincibili” di Capello e l’inizio dell’era Ancelotti.

Francesco Coco lascia a 30 anni

Gli infortuni cominciano a perseguitarlo, ma non gli impediscono di vincere un Europeo Under 21 (nel 2000) e raccogliere 17 presenze in nazionale. Nell’estate 2002, di ritorno da una stagione in prestito al Barcellona e dal mondiale nippocoreano, resta a Milano, ma cambiando sponda: va all’Inter in cambio di Seedorf, e a fare l’affare è il Milan.

La sua carriera è già in fase calante: Coco fa più notizia fuori dal campo (è bello, famoso e ammirato nello showbiz, per un po’ fidanzato anche della Arcuri) e a soli 30 anni appende le scarpe al chiodo.

Matteo Brighi: in Fifa 2003 aveva il valore più alto

Infine, Matteo Brighi: nel 2001 Don Balòn, rivista spagnola specializzata, lo include nella lista dei migliori prospetti europei. Addirittura in Fifa 2003 è il giocatore con il valore più alto di tutto il gioco (non si capirà mai se per sbaglio o per convinzione).

Lui, partito da Rimini, si ritrova nella Juve di Ancelotti, poi a Bologna, Parma, Brescia, Chievo, Roma e altre, collezionando 4 presenze in nazionale a 28 anni. Ma qualche anno prima le premesse erano ben altre.

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